Homo Acciaccatus. Poesie per sorridere dei propri malanni di Salvatore Pungente

Non c’è mai fine al buono di un sorriso, quando, improvviso e inatteso, riempie di colore il volto umano, provocando effetti analoghi negli occhi e nella vita di chi ne è destinatario. Un bellissimo processo di causa ed effetto, talmente naturale da poterlo ritenere quasi un meccanismo innato, uno dei più belli di cui si rende autore l’agire umano e che diviene ancora più straordinario quando accade, con tutto il buono che ne deriva, in quella relazione spesso assai complessa che si instaura, quasi sempre per cause di forza maggiore, tra il medico e il suo paziente. Salvatore Pungente, dirigente medico di Pronto Soccorso presso la ASL di Brindisi, ha fatto dello straordinario potere benefico del sorriso il fulcro del suo "Homo Acciaccatus" (Esperidi, 2015), una raccolta di poesie per sorridere dei propri malanni. Cinquanta componimenti gradevolmente ironici, aventi tutti la stessa finalità terapeutica: provocare sorrisi. Dalla colica renale alla febbre, dalla stitichezza alle emorroidi, passando per la cefalea e l’epatite, senza tralasciare l’ansia e la depressione. Tanti i malanni passati in rassegna dall’autore, convinto - tanto scrive nelle sue pagine - che

"lo spirito dell’essere umano è più forte di ogni farmaco, e la giusta cura può derivare solo dalla sintonia dell’incontro tra chi ascolta e chi parla".

Componimenti brevi in cui Pungente, tenendosi estremamente lontano da qualunque tentativo di minimizzare la sofferenza e le difficoltà che quasi sempre gravitano attorno alla malattia, racchiude, prendendo in prestito il ritmo piacevole delle rime, la sua idea profondamente sostenitrice della terapia del sorriso quale ingrediente prezioso in grado di migliorare gli effetti dei farmaci e dello stesso operato dei medici. Attraverso un linguaggio semplice, il medico brindisino ha tramutato in versi molte delle cause di accesso al pronto soccorso

per provare a portare il sorriso lì dove c’è sofferenza, per far dimenticare il dolore e la tristezza all’arrivo in ospedale e, perché no, anche per aiutare a guarire".

scrive ancora nella sua nota introduttiva. Il tutto con il fine, per nulla celato, di strappare sorrisi e concretizzare una delle attese più grandi che abita il cuore di chi soffre a causa della malattia, ossia sentire che il medico che si ha di fronte non è lì solo per esaminare il proprio corpo e somministrare farmaci, ma anche - e soprattutto - per prendersi cura della propria anima.