I carnefici
- Autore: Daniele Biacchessi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2015
L’armadio della vergogna ha nascosto i colpevoli ma non ha cancellato le stragi e i crimini nazisti.
La verità è scomoda, spesso crudele. Quella penosa di Sant’Anna di Stazzema, di Vinca, di Marzabotto è rimasta nascosta per 34 anni nell’armadio della vergogna. Un mobile di legno marrone con le ante rivolte al muro e assicurate da un lucchetto, in un locale adibito ad archivio al piano terra di un palazzo pubblico a Roma. Era stato sigillato nel gennaio 1960 e riaperto solo nel maggio 1994. All’interno, 695 faldoni raccolti dalla Procura militare e un registro con 2274 notizie di reato: il “Ruolo generale dei procedimenti contro criminali di guerra tedeschi”.
Dal 1945, le inchieste dei giudici militari avevano prodotto incartamenti voluminosi per le stragi compiute dai nazisti ai danni di italiani inermi, ma conveniva insabbiare, tacitare, ignorare, perché la Germania federale serviva come alleato “atlantico” contro il comunismo, perché era passato troppo tempo, perché c’era da nascondere anche i crimini di guerra italiani. Tutto portava a dover dimenticare.
Ma i delitti contro l’umanità non vanno in prescrizione! Sono stati commessi settant’anni fa contro donne, vecchi, bambini, mamme incinte ed anche neonati.
È un piccolo libro prezioso e doloroso “I carnefici” (di Daniele Biacchessi, edizioni Sperling & Kupfer, 192 pagine 12,90 euro), che ricorda gli eccidi di semplici vite nel 1943-45 in Italia. Nonno Giuseppe – allora dodicenne sopravvissuto all’eccidio di Marzabotto - raccontare quelle vicende ai nipoti, come ha già fatto ai suoi allievi del liceo di Bologna. È necessario che sappiano, per assolvere al dovere della memoria. Ricostruisce due anni di terrore contro i civili italiani e i raid “scientifici” dietro la linea Gotica, tra Toscana ed Emilia. Kesselring aveva impartito ordini draconiani per mettere in sicurezza le retrovie del fronte, dove intendeva bloccare l’avanzata degli angloamericani a nord di Roma. E le truppe tedesche eseguivano alla lettera quelle disposizioni, con efficienza e disciplina, da veterani del terrore. Tra loro le Waffen SS, reparti combattenti dell’Ordine nero, in particolare la 16a divisione corazzata, che si distinse nella marcia della morte dalla costa tirrenica all’Appennino emiliano sopra Bologna.
Dapprima si sentiva il suono di un organetto.
Alcuni sopravvissuti ricordano un nazista con una piccola fisarmonica, a Monte Sole. E a Cerpiano, mentre i panzergrenadier lanciavano bombe a mano nell’oratorio dove avevano rinchiuso gli ostaggi, uno di loro suonava un armonium, in una casa saccheggiata. A Sant’Anna, la musica copriva il ruggito dei lanciafiamme e l’agonia delle donne. Anche a Vinca un soldato strimpellava mentre i commilitoni rastrellavano la popolazione casa per casa. È l’eccidio totale ha scritto il teologo Giuseppe Dossetti.
Non furia di vendetta, ma la negazione radicale dell’umanità.
E non si trattava di casi isolati, le stragi di massa erano una pratica burocratica da sbrigare metodicamente, con teutonica regolarità.
Duemila assassinati nell’estate del 1944, un quarto dei 9180 civili di ogni età e sesso massacrati dalle 40 divisioni germaniche che operarono in Italia. Li consideravano subumani, inferiori alla razza ariana eletta, herrenrasse. Solo i tedeschi erano uomini.
Non si dica che ubbidivano ad ordini superiori: perchè a Sant’Anna, quando le SS hanno lasciato ad uno di loro il compito di uccidere i bambini raccolti in piazza, quel soldato non ha eseguito il delitto, ha sparato una raffica in aria e ha fatto segno ai piccoli di fuggire. Ha un nome, si chiamava Peter Bonzelet (si era arruolato nelle SS nel 1943, a 17 anni, quindi a Stazzema era diciottenne, è morto a Magonza nel 1990).
Quel giovane non è mai stato premiato e le quaranta condanne all’ergastolo comminate a criminali nazisti non sono mai state eseguite, compresi quella che avevano interessato i responsabili principali della mattanza: Max Simon, Walter Reder detto il Monco, perché amputato di un braccio e a Roma Kurt Maeltzer ed Herbert Kappler, il boia delle Fosse Ardeatine.
Il feldmaresciallo Albert Kesselring, al comando di tutte le forze tedesche in Italia, venne condannato a morte da una Corte Marziale britannica. La sentenza commutata in ergastolo su intervento del governo inglese, non ha impedito la sua liberazione nel 1952, per un sospetto tumore. È morto per un attacco cardiaco otto anni dopo, senza aver mai rinnegato il nazismo.
I carnefici
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