I ragazzi del ciliegio 1918-1945
- Autore: Fiorella Borin
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Tre amici, indivisibili fin da bambini, quasi fratelli. Sentimenti che superano il tempo, scavalcano i muri che gli uomini e la storia si ostinano a costruire. È una vicenda di gusto antico, sa di buon vino invecchiato, è fatta di cose semplici e vere che col tempo acquistano valore invece di perderlo. Fiorella Borin la racconta nel romanzo I ragazzi del ciliegio 1918-1945, pubblicato a maggio 2019 dalle Edizioni Solfanelli di Chieti (314 pagine 20 euro), del gruppo editoriale Tabula Fati.
Come s’intuisce dal cognome Fiorella è veneta, nata nel capoluogo lagunare nel 1954, laureata in psicologia. Ha insegnato storia e filosofia nei licei, collaborando anche con l’Università di Padova. Da narratrice ha cominciato a impegnarsi nei primi anni ’90 e vanta più di trecento racconti e numerosi premi, oltre a non pochi romanzi. Ha la passione per la storia e l’attenzione si rivolge in particolare al XVI secolo e alla Repubblica di San Marco, suo territorio d’origine.
Sono veneti, della provincia di Padova, anche i tre protagonisti (indimenticabili) di questa storia di formazione individuale e di vicende collettive tra le due guerre del XX secolo, che Fiorella Borin sviluppa come un film.
Giorgio, figlio del medico condotto e di un’insegnante di musica in un paesino, sta per finire la media e frequenterà il prestigioso liceo Tito Livio a Padova, 15 km in bicicletta all’andata, 15 al ritorno. Intanto, ha superato a stento la spagnola, la tremenda febbre epidemica che sta falcidiando il mondo. È il 1918.
I suoi amici del cuore non si sono ammalati. Giacomo ed Ettore hanno la corteccia dura, perfino più robusta di quella del bel ciliegio sotto il quale si sono incontrati la prima volta, hanno stretto amicizia e si ritrovano spesso, dimenticando per qualche ora la guerra, la fame e la spagnola.
Girolamo è coetaneo di Giorgio ed è un portento in matematica. Ettore è un gigante, due anni più grande di loro, ma ripetente, uno zuccone in ritardo nelle lettere però a 15 anni disegna come un artista portante. Le sue mani creano magie, colte dal suo sguardo. Le famiglie non li possono mantenere agli studi, li manderanno a fare i contadini o a lavorare da qualche parte, ma la mamma di Giorgio tiene alla serenità del figlio, attaccatissimo agli amici. Quando è con loro, lo vede ridere non solo con la bocca, anche con gli occhi. Sono inseparabili, si fanno chiamare i ragazzi del ciliegio. Per questo, chiede al marito di pagare gli studi anche a Girolamo ed Ettore.
Quella è una generazione che impatta contro tre grandi tragedie: la prima guerra mondiale, il fascismo e la seconda.
Dopo la maturità, Giorgio va a laurearsi in chimica all’università, mantenendosi a debita distanza da Mussolini e dalle camicie nere. Non così Girolamo, che ha completato gli studi di ragioneria ed è un fascista convinto. Ettore è andato a studiare arte a Milano e ha preso la tessera del partito, ma solo perché l’ha fatto Mario, “uno intelligente” spiega, con le sole cinque parole in fila che riesce a mettere insieme.
La vita e l’affetto li hanno uniti da ragazzini, l’Italia fascista li divide, mettendoli di fronte a scelte drammatiche. Girolamo diventa segretario comunale, fa parte della nomenclatura del regime e fa carriera a Roma. Ettore s’innamora di una ragazza ebrea, Sara, che dopo il trasferimento della famiglia nella capitale è vittima della discriminazione razziale imposta dalle leggi antisemite. Nel 1938 gli ebrei si ritrovano da un giorno all’altro senza scuola, lavoro, impiego, diritti di cittadinanza. Non sono più italiani. In segno di silenziosa protesta, il ragazzone va a combattere la guerra d’Etiopia, per cercare in qualche modo la morte.
Giorgio, ostinatamente antifascista, si fa notare in negativo e viene convinto dal fratello ad arruolarsi volontario come ufficiale del Servizio Chimico. Andrà sul fronte russo e gli abusi e gli orrori ai quali assisterà rafforzeranno l’odio verso tedeschi e fascisti.
Non sono i soli che meritano la sua riprovazione, per le macerie reali e morali in cui l’Italia è stata ridotta. A Roma, nel giugno 1944, all’arrivo degli americani liberatori nota con disprezzo un gruppo di uomini che acclamano con trasporto al passaggio delle truppe alleate. Indossano camicie candide, giacche leggere, mostrano volti sani e distesi, non sembrano pieni di pidocchi e scossi da brividi come i soldati italiani sconfitti, scarni nelle ruvide uniformi grigioverdi. Non hanno fatto la fame quelli e neanche la guerra, non conoscono le privazioni della tessera annonaria, hanno i soldi per comprare tutto ai prezzi esorbitanti della borsa nera. Sono gli imboscati, gli opportunisti, i raccomandati. Sono i professionisti dell’arte di saltare sul carro del vincitore: erano fascisti quando comandava il duce, ora che gli anglo americani stanno vincendo sono con gli alleati. I furbi le guerre non le perdono mai.
I tre amici sono tutto tranne che dei voltagabbana e per questo ognuno di loro pagherà un prezzo. Il costo e i motivi andranno cercati nelle riflessioni di Giorgio. Una lezione, da una generazione sfortunata, ma protagonista, alle altre.
I ragazzi del ciliegio. 1918-1945
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