Il bambino di Budrio
- Autore: Angela Nanetti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2014
Finalista del premio Neri Pozza 2013, il libro “Il bambino di Budrio” di Angela Nanetti è stato pubblicato, anche se non vincitore, per il suo alto livello narrativo.
Nell’Italia povera e disperata del 1600, un giorno un frate, padre Giovanni Battista Mezzetti, incontra un bambino minuscolo e cencioso. Il modo in cui recita preghiere e sermoni per chiedere l’elemosina dimostra che egli è dotato di una mente prodigiosa, capace di apprendere oltre qualsiasi aspettativa.
Così inizia la storia di Giacomo Modanesi, un bambino come tutti gli altri, bisognoso di protezione, nutrimento, amicizia, giochi e dell’amore della madre che purtroppo ha perso in tenerissima età. Ma Giacomo non potrà mai essere un bambino come gli altri: il suo genio lo condanna infatti a essere l’allievo prediletto di padre Mezzetti, predicatore di grande prestigio, il quale, col pretesto di "glorificare i prodigi del Signore", fa di lui un sacco vuoto da riempire di nozioni teologiche e da esibire davanti al papa come "dotto putto", o meglio, come scimmietta da palcoscenico. A Giacomo sono di fatto negati i sogni, l’infanzia, la gioia, la vita, proprio mentre gloria e avvenire sicuro lo fanno sembrare un individuo baciato dalla fortuna. Come se non bastasse, la religiosità superstiziosa del tempo interpreta i suoi naturali moti di ribellione come manifestazioni del maligno, per cui il piccolo si trova a combattere una battaglia troppo più grande di lui.
In questa storia, la prima che Angela Nanetti ha scritto per un pubblico adulto, si tocca un tema importantissimo, spesso sottovalutato: la solitudine del genio e l’infanzia che troppo spesso gli viene rubata, con una violenza mascherata da ammirazione e benevolenza.
L’autrice racconta il dramma del piccolo Giacomo con un linguaggio e uno stile cupi e pesanti, come si usava al tempo in cui si svolge la vicenda. Ma la lettura non ne risulta pesante, tutt’altro: lo stile infatti è un mezzo subliminale per far percepire al lettore il buio e la pesantezza in cui il protagonista si trova a vivere, tra epistole formali e censurate e funzioni e orazioni vuote e sterili, in una quasi totale assenza di emozioni e di affetti. Il risultato è che il lettore si emoziona invece tanto e si identifica nel bambino, i cui brevi interventi sporadici in prima persona hanno il triste sapore dell’incubo, a volte perfino del delirio.
Angela Nanetti dunque si rivela ancora una volta capace di farci penetrare l’animo infantile, di pennellarlo come qualcosa di prezioso e fragile, nel tentativo di gridare a un mondo che non sa ancora capirlo, quanto esso sia indifeso e senza pelle. Si era infatti già dimostrata la poetessa delle emozioni del bambino nelle sue precedenti opere per ragazzi, in particolare Azzurrina, L’uomo che coltivava le Comete e Mio Nonno era un Ciliegio.
Non solo. L’autrice mostra l’intenzione di coinvolgere il lettore anche nelle emozioni degli altri personaggi, dai più umili ai più invadenti, che non si presentano altro che come vittime del loro tempo, della loro società bigotta e opprimente e dell’umanità in generale. L’opera è dunque un invito ad amare l’essere umano e ad essere sempre compassionevole verso di esso, poiché in ogni uomo, anche nel più malvagio, c’è semplicemente un bambino che non è stato adeguatamente capito e amato.
Il bambino di Budrio
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