Il botto. Le indagini del commissario Berté
- Autore: Emilio Martini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2021
Il Covid è arrivato anche a Lungariva: ad agosto 2020 sono in tanti a portare la mascherina nel mercato della città costiera ligure. Altri non ci pensano nemmeno, soprattutto i villeggianti, riflette il commissario Bertè guardandosi intorno. È Gigi, il dirigente di polizia con la coda di cavallo e la Coscienza Bastarda che lo svia dalla retta condotta nelle relazioni interpersonali. Emilio Martini ha firmato la dodicesima inchiesta del responsabile milanese del Commissariato di Lungariva, Il botto (giugno 2021, 228 pagine), pubblicato da Corbaccio come gli altri. Il primo è stato La regina del catrame, nel 2012 e l’immediato precedente Vent’anni prima, a febbraio di quest’anno.
Se Bertè è l’alter ego cartaceo di un autentico vice questore “in carne e coda brizzolata”, Martini non è quello che dice di essere. Su tutti i risvolti delle copertine, si legge che dietro il nome in alto si nasconde qualcuno “in carne... e penna”: due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni, che conoscono bene il poliziotto ispiratore, sono milanesi e frequentano la Liguria da anni.
Bertè è a spasso al mercato e non si sente affatto bene. Non è malato, l’ha raggelato un volto intravisto tra le tende di una bancarella. Fatto sta che Vanni Loiodice, al quale appartengono quei lineamenti regolari, non potrebbe trovarsi lì.
Non è un gran periodo per Bertè, nonostante la solida relazione con la brava Marzia. Dorme poco e male, pensa ai genitori, uccisi venti anni prima in un incidente d’auto provocato. Sogna amici morti che gli parlano piangendo e ora un nemico si affaccia a Lungariva, anche se il Beato Angelico, arrestato da Gigi, dovrebbe restare dietro le sbarre per un pezzo, altro che apparire e sparire, scatenando ansie e turbe.
Sono grandi le sorelle Martignoni in Martini, nel loro matrimonio letterario tanto riuscito. Scrivono fluenti, eleganti, attente a complicare la trama quanto basta, eccellenti nell’intrecciare il giallo con le vicende professionali e sentimentali del presente di Bertè e con quelle familiari e personali del passato, suo e di qualche coprotagonista di turno.
Nella confusione in cui il commissario si trova, una conoscente ha gioco facile a convincerlo ad accompagnarla sulla barca a vela, visto che nessuno può farlo: il marito è in Brasile per lavoro, gli amici in vacanza.
I fan di Gigi sono sempre indulgenti coi suoi difetti, ma l’ha fatta grossa: l’“Antigone” della signora è accanto alla “Rosa” dell’ingegner Conte, che l’ha invitato tante volte a uscire a vela, ricevendo solo dinieghi. Ora osserva dal suo battello, con lo sguardo deluso da tradito (altro tocco del Martignoni’s Martini’s style, divagazioni non superflue che danno autenticità al racconto).
Filare sul mare spinti dal vento è straniante e a Bertè non dispiace affatto. Certo, la sua goffaggine a bordo è imbarazzante, in confronto alle mosse sicure della skipper. L’equilibrio precario e una testata contro il boma ricordano al nostro che il mare si muove, il battello pure e gli alberi sono fatti di materiale resistente. “Tieniti alle draglie”, raccomanda la velista. A sapere cosa siano...
Scostarsi dalla rotta di un traghetto li avvicina a quella di un motoscafo. Li affianca da sinistra, al timone un uomo che fa un cenno col braccio. Un attimo e boom! Una deflagrazione assordante. Bertè è investito da una folata d’aria calda e sfiorato da un pezzo del motoscafo. Cade in acqua, con le braccia insanguinate in più punti. Quello che resta del natante esploso affonda, l’“Antigone” è sdraiata di lato, la Soleri senza conoscenza a cavallo dell’albero, come una bambola di pezza. Ha una lacerazione sopra la tempia sinistra e potrebbe non essere la sola ferita.
Gigi si sente perduto, ma è soccorso dalla “Rosa” dell’ing. Conte, poi dal gommone della Guardia Costiera, che precede il natante della Polizia sul quale trasborda. Ci ha rimesso i Ray-Ban, finiti in fondo al mare e il cellulare intriso d’acqua do mare è andato. In ospedale vorrebbero trattenerlo per il bernoccolo alla testa, ma l’orgoglio ferito di un marinaio incapace non si cura in clinica. Una firma veloce e le dimissioni volontarie sono cosa fatta.
Se al mercato aveva pensato a un Vanni-abbaglio, ora è certo che quel bombarolo del cavolo sia approdato a Lungariva. Il botto non può che essere opera del dinamitardo con la faccia da bamboccio e la chioma d’angelo. Il poliziotto ch’è in Gigi si mette il lavoro febbrilmente. La PM di turno è Irene Graffiani, bene così, vanno d’accordo. Bertè dispone verifiche sulla reclusione del sospettato, telefona al sindaco per chiedere di glissare sulla causa dell’evento, ordina accertamenti sulla vittima, un imprenditore.
Altro che guasto delle batterie: non sarà archiviato come incidente. È stato un ordigno, l’ha visto in diretta. Ma chi si voleva colpire? Al momento dell’arresto Loiodice aveva giurato di ammazzarlo e se il bersaglio del Beato Angelico era il commissario, c’è da temere per Marzia. Ma c’è tanto da chiarire sul proprietario del motoscafo esploso. Per l’ex moglie era un faccendiere, impegnato in attività poco trasparenti, un bugiardo patentato con un tenore di vita al di sopra delle sue risorse. Al Cella si associano personaggi curiosi: uno zio ricco, vecchio e avaro che passa da una morte apparente all’altra; una donna con presunta figlia del Vittorio; cari amici e freddi conoscenti dell’uomo.
In coda, la chicca di un racconto giallo breve, a firma del commissario Bertè.
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