Il caso Mariuz. Le indagini del commissario Bertè
- Autore: Emilio Martini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2020
Tre nomi e cognomi, due identità, una firma sola. Emilio Martini non è, ma sono Elena e Michela Martignoni, sorelle milanesi con un debole per la Riviera ligure. Note e bravissime scrittrici di romanzi storici, le Martignoni Sisters firmano con quello pseudonimo una lunga serie poliziesca di successo, i gialli classici all’italiana del dirigente del Commissariato di Lungariva, centro marinaro immaginario del Levante. Sono ben dieci i titoli, da quando il più recente è arrivato sugli scaffali e online: Il caso Mariuz. Le indagini del commissario Bertè (luglio 2020, Corbaccio editore, 240 pagine).
Questa volta proprio non ci si può sottrarre alla tentazione di citare la spiritosa presentazione che campeggia in avvio del romanzo.
“Dietro il nome di Gigi Bertè si nasconde un vicequestore aggiunto in carne e… coda brizzolata, che dirige un commissariato italiano ed ha ispirato le sorelle gialliste che si celano in carne e… penna dietro lo pseudonimo sulle copertine”.
Nella nuova avventura, incontriamo Gigi in un ospedale in Liguria. Sibili, fischi e bip ripetuti rompono il silenzio di una sala rianimazione che risulta ancora più spettrale. Ma non è il funzionario âgé di Polizia il paziente trasferito dalla sala operatoria. Ricevere la telefonata del fido Parodi e raggiungere la clinica è stato un attimo. Poco importa l’essere appena rientrato dalla vacanza raccontata nel titolo precedente, Il paese mormora (Corbaccio, febbraio 2020), con la compagna Marzia e un nuovo arrivato, il cucciolo Bernardo, che intanto è un pelosetto incontinente, ma presto coi suoi quasi 100 chili di cane andrà a incasinare ancora di più la Casa Gialla, già piena di animali e di oggetti, una specie di zoo. Non che gli dispiaccia l’idea di portarlo a spasso, farlo giocare con la palla, tirargli i legnetti… è che non ne avrebbe il tempo, il lavoro assorbe tutte le sue giornate e lui non potrebbe mai farne a meno.
Deve tutto alla Polizia, non foss’altro perché gli ha insegnato a controllare un’insidiosa aggressività. Il papà, con la sua voce pacata alla meridionale forbito, gli raccomandava:
“Vedrai cose che ti faranno imbestialire. Ti provocheranno e sentirai prudere le mani in continuazione, ma dovrai essere più forte e resistere. Tu sarai lo Stato, tu sarai la legge, non un picchiatore qualunque. I picchiatori noi li arrestiamo”.
Ma non divaghiamo, come le Martignoni riescono a fare amabilmente e con una certa eleganza, approfondendo ogni volta di più situazioni, caratteri, vicende attuali e precedenti, ricordi e anche rimpianti, quando tocca a quelli.
Il sovrintendente Parodi l’ha informato mentre ancora rientrava con Marzia da Montenorbo: il cane del proprietario di una cascina collinare aveva trovato dietro un cespuglio il corpo esanime del Costa, conciato da fare pietà. E sì che quel giornalista lì, Renzo Costa, a Bertè sta sullo stomaco di brutto, se non peggio, ma qualcuno lo ha tanto picchiato da ridurre il volto a un ammasso tumefatto di tessuti lividi.
Che abbia infastidito a morte un uomo sbagliato? Ci sarebbe da aspettarselo: cronista di nera di quelli d’assalto, di rottura, non conosce lealtà. È uno che se le cose le fai per bene non ti concede un rigo ma è pronto a sbatterti sul giornale se ti vede al Miramare con l’ispettore Gianasio, bella donna ma solo una collega.
Il giornalista lo aveva fotografato e montato l’immagine a corredo di un articolo al vetriolo sulla Polizia che prende il tè in un grande albergo, invece di andare a prendere i delinquenti e darsi da fare anima e corpo con le indagini. L’ex storica di Bertè, la Patty, gli aveva telefonato indignata da Milano e anche la Marzia non doveva aver letto con piacere quelle allusioni al tempo perso con una donna che non è la moglie, ma visto ch’è “marziana” c’era passata sopra.
Antipatico o meno, resta da chiedersi perché un cronista di provincia cinquantenne sia stato menato tanto brutalmente da lasciarci quasi le penne. Nessuno sembra in grado di dare indicazioni, mancano invece parenti dalla parte Costa e questo cancella un bel po’ di piste potenziali. L’unico particolare che la signora Costa è riuscita a fornire è che il marito è un tipo chiuso, pieno di zone d’ombra. Anna è una donnina anonima, non bella, un “passerotto assiderato”. Anche il fratello di lei, Pierino Serra, è poco interessante, un ometto con gli occhi che guardano schivi da lenti spesse, barba lunga e capelli in disordine.
Non sembra capace di aprire percorsi possibili, fatto sta che proprio il cognato regala una traccia da seguire, in mancanza di altre. Porta alla prostituzione, alla malavita, a brutta gente. Ma cosa c’entra Costa con quelli?
In effetti, andava a letto con la caporedattrice, la Ricci, ma solo per puro tornaconto, per quello che poteva fruttare in termini di lavoro. Non avevano affatto una relazione, sesso e basta.
Se si pensa che tutto si riduca al caso del cronista picchiato selvaggiamente non si conoscono le Martignoni-Martini. Entrano in scena tre lettere anonime, che aprono squarci dolorosi sul passato di Gigi Bertè e della sua famiglia, in particolare sull’incidente costato la vita ai genitori. Le cose non sarebbero andate come accertato…
Tanto per aprire un’altra pista: si diceva che i poliziotti arrestano i poco di buono, può non essere del tutto vero e qualcuno può rivelarsi indegno della divisa che indossa.
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