Vent’anni prima. Le indagini del commissario Berté
- Autore: Emilio Martini
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2021
Nel 2020 è un vicequestore aggiunto di taglia abbondante, coi capelli brizzolati raccolti in una lunga coda e un piglio decisamente personale nel portare a termine indagini efficaci. Nel 1988 era uno studente con una gran testa di capelli crespi indomabili, due spalle da lottatore, statura da vichingo ma occhi neri mediterranei. Tornano indietro di due decenni le vicende raccontate nell’undicesimo episodio delle indagini del commissario Bertè, Vent’anni prima, pubblicato da Corbaccio a febbraio (240 pagine), nuovo successo assicurato per le sorelle Martignoni, Elena e Michela, gialliste milanesi e autrici di romanzi storici che si nascondono dietro lo pseudonimo Emilio Martini, quando raccontano le inchieste di Gigi.
Hanno cominciato otto anni fa, con La regina del catrame, pubblicato nel 2012 sempre della casa editrice lombarda, mentre il titolo precedente, il decimo, è stato Il caso Mariuz (Corbaccio 2020).
Per gran parte di questo nuovo poliziesco le vicende si svolgono dalla prospettiva del padre, alla fine degli anni Novanta e sono vicende interrotte dall’incidente stradale nel quale perdono la vita entrambi i genitori dell’attuale dirigente di Polizia del Commissariato di Lungariva, in Liguria.
Tony Bertè, ispettore della Omicidi a Milano, è un poliziotto ostinato, che vuole fare sul serio il suo mestiere e non smette mai di lottare contro quelli che rendono la specie umana la più sanguinaria della terra. E poi vuole dimostrare che non tutti i meridionali sono uguali ai criminali che infestano il Nord, dopo aver conquistato il monopolio della mala. Lui è pulito, incorruttibile, un calabrese cresciuto a sganassoni dalla mamma, contadina solida e concreta, abituata al niente e capace di farselo bastare.
Luigi è l’unico figlio di Tony e di mamma Franca. Squarci di vita familiare raccontati dal papà lo vedono tornare all’ora di cena dai giardinetti di piazza Stuparich, dove il ragazzo s’intrattiene con gli amici. Per tanto tempo è tornato all’ora giusta, sporco, sudato, a volte pesto, ma puntuale. Ultimamente, però, si ritira quando gli pare, è diventato quasi un uomo fatto, con quell’altezza che resta un mistero, visto che Toni non supera il metro e settanta e la moglie è più bassa di lui.
Papà Bertè ha preso l’abitudine di annotare i progressi nelle indagini e le sue considerazioni. Scrive con una vecchia stilografica Aurora: inchiostro su quaderni fuori moda dalla copertina nera traslucida, roba antiquata secondo il giudizio tagliente del figlio, ma si tratta di una specie di rito che lo aiuta a raccogliere le idee, a renderle più chiare.
Il caso più recente riguarda una prostituta di lusso, una splendida etiope dal corpo d’ebano perfetto, trovata massacrata di botte. C’è qualcosa di esagerato nella violenza cieca con cui è stata colpita. Nemmeno la Berger si azzarda a parlare, dice di non averla mai conosciuta e di solito non nega informazioni. Gestisce un giro di squillo d’alto bordo che infila nei letti che contano, di manager e politici.
Il sospetto è che dietro il delitto possano esserci i calabresi, che si sono presi la città, almeno la parte che interessa loro, locali del centro e piazze di spaccio. Tony aveva lasciato la sua terra perché soffriva nel vederla malgovernata e abbandonata nelle mani della criminalità e ora se li ritrova di nuovo davanti anche a Milano. Ma non sono una massa di cafoni ignoranti: i capi delle nuove generazioni sono laureati, inseriti nelle alte sfere. Si insinuano nei poteri forti. La famiglia più importante è quella di Vitaliano Rizzo, boss che aveva fatto una discreta fortuna con l’edilizia in Calabria. Salito al Nord nel secondo dopoguerra si era creato un impero con la ricostruzione post bellica. Ora gestisce una miriade di attività fittizie, dietro le quali ripulisce i proventi di enormi traffici illeciti. Cerca di sembrare un onesto uomo d’affari, ma Bertè riconosce i delinquenti anche dietro una maschera di perbenismo.
Ancora più inserito nella città bene, “la Milano da bere”, è il figlio Oscar, soprannominato il Milanese. Lo raccontano cocainomane, alcolizzato, violento, uno psicopatico ed è tutto vero, al pari della dipendenza affettiva da Silvana Mariuz, istruttrice di palestre, l’unica in grado di fargli battere il cuore, da quando è morta l’amatissima Maria. La giovane settentrionale somiglia in modo impressionante alla calabrese, la promessa sposa fin da bambina alla quale si era legato in modo indissolubile, fino al cancro che l’aveva uccisa, lasciandolo nella disperazione e nell’illusione di curare il dolore con gli abusi.
A poco serve l’interesse che gli dimostra Lisa, riuscita a diventare la sua amante ufficiale in una relazione a senso unico, ma letteralmente gettata via all’apparire della Mariuz. Quanto a questa, prova piacere nel mettere le corna alla sorella maggiore Lucia, che non ha mai amato. Le ha rubato l’amore di Damiano, senza il minimo sospetto dell’ingenua tradita.
È questo il percorso che porterà all’incidente...
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