Il calzare della sposa. Una nuova indagine per il commissario Ludovico Ariosto
- Autore: Lida Coltelli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
È stanco di tutto, messer Ludovico Ariosto. Il poeta di Ferrara è da poco commissario ducale degli Estensi in Garfagnana, ma non ne può più delle beghe, delle richieste, delle scartoffie. Manderebbe a monte tutte le sterili incombenze che esigono la sua attenzione, in quell’angolo di Toscana lontano dalle terre padane che ama e dall’ancora più amata Alessandra, la donna che ha nelle mani le briglie del suo cuore.
La scrittrice lucchese Lida Coltelli offre ai lettori dei suoi gialli storici il secondo episodio che vede protagonista il papà dell’Orlando Furioso, derelitto nel suo esilio diplomatico a Castelnuovo, possedimento estense tanto distante dal territorio ducale.
Il calzare della sposa. Una nuova indagine per il commissario Ludovico Ariosto, pubblicato a luglio 2022 da Argot Edizioni, del marchio Tralerighe Libri, segue a stretto giro di stampa il primo crime in costume rinascimentale, “Et in bona gratia”, proposto un anno fa dalla casa editrice lucchese amministrata dallo storico e saggista Andrea Giannasi.
Prima di riprendere contatto con il grande letterato reggio-emiliano ferrarese del Cinquecento, è il caso di conoscere meglio l’autrice, grazie alle note biografiche che la casa editrice dispensa questa volta generosamente nella seconda puntata della saga gialla, ancorchè ariostesca.
Lida Coltelli è nata Lucca il primo giorno di primavera del 1962. Figlia unica di Francesca Giannasi e del poeta Giuseppe Coltelli. Il papà, anche scultore e scrittore di “maggi” garfagnini (teatro popolare di antica tradizione), le ha trasmesso l’amore per l’arte, la storia e il passato popolare e rurale.
Lasciato da adolescente il suo “rifugio” per eccellenza a Vagli di Sopra, per studiare a Livorno, dopo una breve parentesi lavorativa a Vicenza, altra città del suo cuore, è rientrata definitivamente in Toscana. Vive a Donoratico, con il compagno e due figlie gemelle. Detesta l’arroganza e la falsità. Le piace dipingere, scolpire il marmo, scrivere poesie, giocare a scacchi, recitare in teatro. Cucire la rilassa, come fare l’uncinetto o lavorare ai ferri. Adora i gialli storici e i gatti. Soprattutto, ama incondizionatamente il proprio lavoro d’insegnante nella scuola primaria.
Ma veniamo al romanzo. Commissario ducale a Castelnuovo - in pratica governatore - per conto di Alfonso I d’Este, messer Ludovico è in Garfagnana soltanto da poche settimane e non gli va giù per niente. Avviato formalmente il 7 febbraio 1522, il suo mandato è proseguito fino al 31 maggio 1525. Sono stati oltre 1250 giorni, uno più pesante dell’altro, di presenza reale in loco.
Dopo un viaggio disagevole in compagnia del figlioletto Virginio, il 20 febbraio ha preso possesso della Rocca di Castelnuovo: la sua prigione per i tre anni a venire. La considera subito una "infausta condanna" in una provincia di "difficile governo". A suo carico, l’obbligo di occuparsi di qualunque questione, dalle futili alle gravi, oltre all’esigenza di affrontare i problemi endemici di un territorio economicamente deficitario, conteso tra troppi signori, infestato da ladri e briganti, popolato da gente irascibile, orgogliosa, poco disposta a sottostare. Tutto d’intorno sempre chiasso, litigi, risse, furti, omicidi, ostilità, vendette.
Riflette che il periodo pasquale 1522 appena celebrato è stato il peggiore trascorso negli ultimi anni, per la nostalgia che lo tormenta e le mille fastidiose incombenze che gli cadono addosso. Ma non lasciamoci fuorviare dalle ambasce dell’Ariosto governatore per caso - e contro la sua volontà, a quanto si vede. Ah, quel duca, quale peso gli ha voluto infliggere - non esageriamo con la commiserazione del commissario ducale. Perché i romanzi di Lida Coltelli sono soprattutto dei gialli e con un tocco in più, l’aggiunta spesso di dialoghi in un italiano remoto, che ricorda il linguaggio dei protagonisti di Brancaleone, sebbene meno parodistico.
Non v’è cosa da far che non sia fatta a lo meglio che si pote. E a vigilar con voi e li vostri birri, s’adropranno ancho li balestrieri e lo capitano Navarra. Impiù, v’è ancho lo Conduttore incaricato e li sui aiutanti.
Con queste parole Ariosto cerca di rassicurare il barricello (bargello) Jacopo, in vista della fiera di primavera.
E poi ci sono i testi delle lettere, alcune delle 157 arrivate fino a noi, scritte dall’Ariosto al duca Alfonso, con le continue richieste di supporti, nel tentativo infruttuoso di modificare favorevolmente una situazione tanto travagliata.
Cominciano tutte con Illustrissimo et Excellentissimo Signor Mio, terminano devotamente con:
Di vostra Excellentia humillissimo S. Ludovico Ariosto.
Il giallo? Domenica 27 aprile, una ragazza gode il tepore del sole, affacciata al balconcino della cameretta, non lontano dal ponte della Calcinaia. Pettina la lunga chioma setosa, appena lavata e gradevolmente profumata. È felice di tenerli liberi dalle acconciature elaborate che porta di solito. Pensa con calore che tra non molto lascerà la casa degli zii, che si sono presi cura di lei dopo la morte dei genitori, per attraversare la soglia della nuova dimora. Conta di diventare una buona moglie e, a Dio piacendo, una buona madre.
Non si accorge che qualcuno la spia, dai resti di una capanna abbandonata.
La sposa promessa scompare poco prima del matrimonio. Resta solo una calzatura, nei pressi di un ponte. Evelina sarà fuggita? Non c’è ragione. Rapita? Non è ricca. Le ipotesi sono tante, alla fine via così.
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