Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino

Andiamo indietro al tempo dei castelli, dove c’erano re e regine che vi governavano, cavalieri senza macchia, ma anche indovini e maghi o ancora alchimisti e vampiri. Questo è il mondo che Calvino prende in prestito per descrivere le voglie, i desideri, i bisogni degli uomini sia del passato che del presente, fondendo insieme l’odierno con i tempi andati e rappresentando il tutto tramite i tarocchi e le carte in genere.

Questo libro contiene una serie di racconti che fanno parte di due diverse, ma simili, raccolte, Il castello dei destini incrociati e La taverna dei destini incrociati. Qui per un motivo o per un altro si trovano insieme diversi personaggi (alcuni dei quali famosi) di diverse regioni del mondo così come di diversi periodi storici e raccontano le loro avventure, ma, non riuscendo a parlare, usano i tarocchi per narrare le loro vicissitudini. La cosa sorprendente è che una singola carta può avere diversi significati a seconda del posto che occupa, a seconda della carta che precede e che segue e quindi le storie che ne possono venir fuori sono infinite, forse come infinite sono le possibilità che uno ha davanti. Ogni sequenza di carte può essere letta in più modi forse perché ogni storia ha diverse versioni. Infatti, alla fine il tavolo sarà pieno di carte e ogni percorso rappresenterà una storia. Non solo: ogni storia si intersecherà con una o più storie. Probabilmente nessuna vicenda è a sé stante e forse non avrebbe neanche senso se non fosse collegata a un’altra vicenda. Ecco quindi che i destini dei vari personaggi si incrociano, come dice il titolo, si influenzano, si rincorrono.

Un bel libro che mette in risalto paure e incomprensioni, amori e morti, grandezza e potere, miseria e sfascio totale. Una raccolta di storie comuni alla fine, che interessano chiunque e che a chiunque possono capitare. Un significato tanto forte quanto quello di essere in una comunità dove ogni nostro gesto potrebbe influenzare il cammino di un altro senza alle volte rendercene conto. E fuggire è inutile. Andare lontano non vuol dire necessariamente fornire sollievo all’anima.

La forza dell’eremita si misura non da quanto lontano è andato a stare, ma dalla poca distanza che gli basta per staccarsi dalla città, senza mai perderla di vista.

Una bella lettura, piacevole e che, arricchita di questi elementi medioevali, ci porta velocemente verso la fine del libro, dove con le carte dei tarocchi sono raccontate tre famosissime tragedie.