Il cinema in una stanza di Alessandro Ticozzi

Se Il cinema in una stanza (Sensoinverso, 2023) ambisse a taglio e pomposità accademiche potrebbe benissimo intitolarsi “Storia e protagonisti del cinema italiano. Dagli anni del neorealismo agli anni Settanta”.
L’intento di Alessandro Ticozzi che ha redatto il testo con l’incisività e la perizia di sempre sembrerebbe essere invece meno ingessato.
Sarà per questo che il libro si declina in maniera esclusivamente dialogica – un giovane studioso di cinema e una vecchio portiere d’albergo appassionato di cinema – panoramicando a volo di uccello sul periodo in esame, come se tra le commedie caustiche di Risi e Monicelli e la visionarietà di Federico Fellini, tra i tratti autoriali di Scola, Bertolucci, De Sica (per citarne altri tre), non ci fosse soluzione di continuità.

In altre parole, come se la stagione aurea e più pregnante del cinema italiano individuasse il tratto comune – il proprio, autentico, filo rosso – nella prossimità ideale, prima ancora che artistica, di attori e registi di tempra geniale. Il libro - riedizione riveduta e corretta del lontano Hotel Odeon - è smilzo ma, così come altri saggi di Ticozzi, va segnalato per l’esattezza delle informazioni e l’attenzione analitica con cui vengono suggerite.

Come scrive Giuliano Montaldo nella sua prefazione al volumetto:

Leggendo il loro dialogo (il dialogo fra il giovane studioso e il vecchio spettatore, ndr) ho rivisto tantissimi Amici ed è riaffiorato il ricordo dei nostri incontri, pensando ai tanti film da loro realizzati e anche ai tanti ‘sogni nel cassetto’. Mi sono commosso: Lizzani, Petri, Pontecorvo, Rosi, Vancini, Pirro, Age e Scarpelli…come no ricordarli (…) e Monicelli, Rossellini, Visconti, Suso Cecchi D’Amico, Sergio Leone.

Nomi e cognomi sulla cui caratura espressiva c’è poco da aggiungere. Autori e registi, che hanno inciso nella storia migliore del cinema italiano, che il libro di Alessandro Ticozzi evoca negli aspetti salienti. Come nelle sua prima edizione, il testo si completa in un’acuta postfazione di Giacomo Scarpelli.