Il corno del vento
- Autore: Marco Preti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mursia
- Anno di pubblicazione: 2017
Possente, irraggiungibile, inespugnabile: gli austriaci avevano trasformato la vetta di una cima dell’Adamello in un rozzo castello medievale e gli italiani dovevano conquistare quel baluardo, a 3400 metri di altitudine. Il filmaker e alpinista Marco Preti racconta un’avventura di guerra e di montagna in un romanzo ambientato nel primo conflitto mondiale, “Il corno del vento” (236 pagine 17 euro), in prima edizione nel 2017 per i tipi Mursia Editore.
Il bunker che i kaiserjager stavano fortificando lassù, potrebbe da solo arrestare qualsiasi avanzata italiana nel settore montano lombardo. Secondo i progetti del Comando, gli alpini avrebbero dovuto conquistare la vetta alla fine di luglio 1917. Si era però a metà ottobre e il colonnello Battistella seguiva ancora dal Dosson di Genova, a 3180 metri di quota, i preparativi senza fine di penne nere e genieri.
Il suo piano di assaltare il Corno del Vento a ondate successive di attaccanti (il solito macello di uomini) si era scontrato con quello più conservativo di un maggiore del Genio, di scavare un tunnel sotto il ghiacciaio per sbucare inosservati, attrezzare la parete con scale a pioli e tentare la scalata.
Ora lo scavo è completato, ma ci vuole troppo tempo per allestire la via verticale. Battistella dispone che un manipolo ardito di alpini dia la scalata audacemente al camino ovest, per piombare di sorpresa sul presidio del bunker.
Occorre un ufficiale capace, molti sono già impegnati in altre azioni e sottomano c’è il sottotenente Brando dei Rambaldi, del Gruppo Skiatori Ortler, sul Gavia. È un giovane brillante, rampollo di una famiglia nobile gardesana, studente universitario di ingegneria a tempo perso, fresco sposo quando lo hanno chiamato sotto le armi, nel 1913. Corso ufficiali alpini, poi la guerra, ad allungare la naja. Sul Corno del Vento c’è già stato, nel 1911, con una cordata del Club Alpino Italiano.
Il progetto del colonnello prevede la scalata e l’incursione di quattro uomini. Oltre al sottotenente, il capo cordata capitano Finulli, gigantesco piemontese tra i migliori scalatori in Italia, l’attendente sergente Petichat, aostano, il più bravo sul Monte Bianco. Infine, un impacciato tenente del Genio, Masu, esperto in esplosivi. È a digiuno di montagna, ma Brando e gli altri dovranno fargli da balia, perché avrà il compito di far saltare gli apprestamenti austriaci.
I quattro si guardano negli occhi, tre sembrano cavalieri medievali, motivati e pronti all’impresa. Uno, invece, ha troppi pensieri per la testa. Tutto valutato, tutto previsto, ma Brando vede troppe incognite in questa che gli sembra un’impresa alpinistica e militare proibitiva. A ventisei anni, non si sente pronto a giocarsi la vita per una spedizione che sarebbe impossibile anche in tempi di pace, su quella lastra di vetro, con i nemici in quota e la cattiva stagione imminente, che può generare condizioni estreme nel volgere di pochi minuti.
Molte volte in guerra la codardia viene scambiata a per buon senso, sibila Finulli all’indirizzo del più esitante. Il mancato ingegnere borbotta una replica. Il colonnello scioglie la tensione invitandoli ad andare tutti a riposare.
Tra contrattempi vari, la scalata è compiuta, di giorno e senza che dalla cima torreggiante risuoni un allarme. L’ultimo spigolo è superato con l’aiuto di prigionieri russi, tenuti lassù come manovalanza per rafforzare il bunker.
Gli otto provvidenziali alleati li informano della presenza in vetta di otto imperiali e favoriscono lo stratagemma per realizzare il colpo di mano e conquistare il Corno del Vento.
Gli austriaci hanno fatto arrivare con una teleferica i pezzi di un cannone, che se montato avrebbe battuto pericolosamente il ghiacciaio di Pian di Nove e le pareti adamelline in mano italiana. Il feldkanone finisce giù dal Corno, insieme ai corpi degli otto nemici. I tirolesi nella stazione di partenza della teleferica hanno una brutta sorpresa all’arrivo del vagoncino imbottito da Masu di tritolo. Un gran botto e l’impianto vola in pezzi, col presidio locale.
È a questo punto che la fortuna volta le spalle al manipolo. Una valanga uccide tre italiani e tutti i poveri russi. Così, il coraggioso ma svogliato conte di Soiano del Garda si ritrova solo a difendere il bunker allestito dal nemico sulla sommità di una cima di 3440 metri, del Gruppo Adamello, con l’inverno in arrivo e la fine del conflitto ancora lontana (ci vorrà un anno, ma questo lo ignora, ovviamente).
Ammainando la bandiera austriaca e rammaricandosi di non averne una pirata da innalzare, Brando si prepara all’assedio, contando su generose razioni alimentari e cataste di legna stoccate dagli occupanti precedenti. Armi e munizioni difettano, ma sono già partiti gli alpini di rinforzo.
In montagna, però, occorre sempre fare i conti con l’imprevedibilità della montagna, appunto, e de Rambaldi resterà a vedersela da solo.
La sua insolita figura di eroe per sport, più che per caso, si staglia in questo romanzo di guerra e d’avventura, di ufficiali aristocratici ma anche di semplici alpini lombardo-veneti, che si esprimono nei loro ostici dialetti, ben noti all’autore.
Il Corno del Vento
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