Il demone dell’imbrunire
- Autore: Lucio Taraborrelli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Con l’Autore Lucio Taraborrelli, fine storiografo, di Il demone dell’imbrunire (Edizioni IlViandante, 2022, pagg. 131) mi lega la passione per quella simpatica, saggia e autorevole Signora, oggi alquanto trascurata ed abbandonata: mi riferisco alla Storia, rappresentata, sin dai tempi antichi, dalla musa Clio.
E la Storia è sempre maestra della vita, anzi esattamente «Historia est testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis», come scrive Marco Tullio Cicerone (106 a. C.-43 a. C.) nel suo De Oratore.
Il racconto, preciso e dettagliato, di Taraborrelli inizia con una lettera del maestro guardiese Francesco Paolo Ranieri del novembre 1880 (non sappiamo a chi fosse indirizzata, ma non sicuramente all’archeologo Giulio de Petra, di cui viene pubblicata una lettera del tutto di fantasia), il quale si riferisce al ritrovamento, a Bocca di Valle, di un frammento di un’epigrafe con iscrizione in lingua osca, della quale l’Autore è affascinato da sempre. E tutto ciò è lo spunto per il racconto, immaginando, però, al posto delle lettere, dei pittogrammi incomprensibili.
Quindi la prima parte del romanzo è dedicata alla missione archeologica francese diretta dal prof. Jean-Pierre Comin, impegnata in una campagna di scavi nella necropoli di Còmino, imbattendosi in qualcosa di straordinario e di inaspettato e sinistri avvertimenti e ammonimenti riemergenti dal passato che però consigliano di non procedere oltre.
La missione si imbatte praticamente in varie iscrizioni, tra cui alcune tratte anche dalla Génesi, ma soprattutto in quella “CLAUSA HAEC IANUA MANEAT” (“Questa porta resti chiusa”).
L’Autore, con una precisione pressocché maniacale, ci descrive tutti i momenti archeologici che condussero allo scoprimento della detta frase e quindi di una tomba.
La seconda parte del libro ci porta nel Medio Evo e ci narra, lasciandoci sicuramente dei giusti dubbi, come i frati del Monastero di San Salvatore della Maiella si imbatterono in qualcosa di molto misterioso che si trovava oltre quella porta che doveva rimanere appunto chiusa.
Mi fermo qui con la narrazione in quanto questo ottimo romanzo va letto e molto ponderato anche perché non voglio svelare il giallo della seconda parte.
Seconda parte che per situazioni, personaggi, luoghi mi ricorda moltissimo Il nome della Rosa del prof. Eco e le indagini di Guglielmo di Baskerville, nonché le ricerche del Santo Graal. È molto rispettoso della Storia dei luoghi e delle tecniche archeologiche.
Le citazioni latine sono riportate con rispetto per questa lingua fondamentale al fine di comprendere le nostre tradizioni italiche, che non dobbiamo mai dimenticare.
La prosa è scorrevole in uno stile molto limpido.
Molto interessante è la “Nota finale dell’Autore” in cui Taraborrelli ci illustra certe situazioni che ha ben narrato nel romanzo. Tra le righe del romanzo emerge sicuramente una particolare passione dell’Autore per l’archeologia, le ricerche e gli scavi archeologici, a cui ha partecipato proprio nella zona abruzzese in cui è ambientato il romanzo medesimo.
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Un libro perfetto per...
agli amanti delle storia
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il demone dell’imbrunire
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