Il giallo di via Tadino
- Autore: Dario Crapanzano
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2011
Nel 2011 un piccolo editore pubblica “Il giallo di via Tadino”, il primo dei gialli di Dario Crapanzano, che poi diventeranno una serie di successo pubblicata negli Oscar Gialli Mondadori; il primo dei romanzi che hanno per protagonista il commissario Mario Arrigoni, si svolge a Milano, nel marzo 1950.
Una foto d’epoca fa da controcopertina, immettendoci subito nell’atmosfera della capitale lombarda all’indomani delle distruzioni della guerra e nel passaggio precedente il grande boom economico che la investirà alla fine del decennio. Pur essendo un poliziesco, l’autore, il meneghino Crapanzano, ricostruisce un pezzo di società milanese colta in un momento particolare, dando ai fatti storici, sociali, sportivi, di costume, un rilievo che rendono il libro piacevolissimo alla lettura ma soprattutto pieno di informazioni minute sulla vita delle famiglie che in quegli anni cercavano di ricostruire una normalità dopo la fame e le bombe che solo poco tempo prima ne avevano minato a lungo la convivenza e la quotidianità. Ecco dunque emergere il ritratto del commissario Arrigoni, in servizio al commissariato di Porta Venezia un uomo schivo, un “orso” cinquantenne, proveniente da famiglia contadina, ora sposato con Lucia, una donna più giovane, molto bella, che, reduce da una vita brillante come mannequin aveva ricevuto una delusione cocente e aveva accettato la corte del tranquillo commissario. Ora i due hanno una figlia di dieci anni, Claudia, e conducono una tranquilla vita borghese, in un appartamento decoroso, dove la bella Lucia ha smesso la sua professione e fa la casalinga a tempo pieno, facendo “i mestieri”, cucinando, occupandosi del benessere di marito e figlia: la sera si ascolta alla radio la commedia di Pirandello, il Giornale radio, poi qualche libro, (lui Simenon, lei Cronin), il Corriere, La Gazzetta dello Sport, un goccio di marsala, di cedro, un toscano e poi a letto presto: alle sette suona implacabile la sveglia e il Commissario parte in tram per il suo ufficio.
Al commissariato i collaboratori sono meridionali, e non tutti graditi; Arrigoni è un uomo riflessivo, mai precipitoso, sempre accurato nelle sue indagini; ora è capitato che una donna si sia precipitata dal quarto piano di una casa di ringhiera, in via Tadino, Clara Bernacchi, che cadendo aveva lanciato un urlo, Noooo! Malgrado sulla scena appaia evidente che la bella Clara si era suicidata, Arrigoni vuole vederci chiaro. Quell’urlo fa pensare che qualcuno l’abbia sospinta oltre il bordo della ringhiera, alle otto di sera, al buio, mentre gli abitanti del condominio erano tutti in casa. Ecco partire un’indagine condotta con perizia da Mario Arrigoni e i suoi uomini: Mastrantonio, il suo vice, convinto del suicidio della donna, e il giovane e promettente agente Ciro Esposito, napoletano, grande ammiratore del suo capo e desideroso di fare strada, per concedersi “la Lambretta”. La portinaia Anna rivela molti dettagli succosi sulla vita degli abitanti della casa, tante famiglie che si contentano di appartamenti gelidi e sovraffollati, con il bagno in comune, dove tutti sanno tutto e osservano i movimenti dei vari personaggi: Clara, sua figlia Marcella che lavora alla Standa, l’amica Luciana, carina ed elegante, l’anziana e curiosa signora Morimondo, la famiglia Rossi il cui figlio ventenne prende lezioni di chitarra dalla intraprendente Clara, che, malgrado sia sposata al mite Virginio e abbia un’altra figlia piccola, fa una vita a dire poco allegra. Va a ballare in un locale portandosi dietro la Luciana, che abbandona marito e figlia, e ultimamente si concede lussi, addirittura un grammofono, non giustificati dal lavoro del marito, che lavora in un garage.
Le indagini porteranno a scoprire un vaso pieno di segreti inconfessabili, e anche il vero colpevole di quello che comunque si rivelerà un delitto. L’autore usa il pretesto narrativo dell’indagine poliziesca per raccontare in un piccolo e sobrio affresco la vita delle modeste famiglie milanesi: il circo equestre, il rito delle paste domenicali acquistate in pasticceria, il pranzo consumato nei bar che preparano panini che mutuano dall’inglese sandwich il più dialettale “sanguis”, pieno di salame nostrano, il tifo tra Inter e Milan dopo che l’anno prima era avvenuta la disgrazia di Superga, che aveva annientato il “Grande Torino”, la divisione tra tifosi di Bartali e di Fausto Coppi, la Singer a pedale che Lucia Arrigoni usa per integrare il magro guadagno del marito commissario, i menu di brasato e polpettone solo la domenica, lo studio del medico di famiglia, nella cui sala d’aspetto ci sono le riviste Novella, Grand Hotel, La Settimana Incom, il bagno nella vasca solo la domenica perché in assenza di scaldabagno elettrico la preparazione dell’acqua calda prevedeva tempo e fatica…
Insomma uno spaccato di vita, di aspirazioni, di velleità che ci raccontano una piccola società ancora non del tutto fuori dalla miseria del dopoguerra, piena di voglia di emergere dal torpore e dalla miseria. Il Commissario, senza armi e senza divisa, tranquillo, posato, umano, somiglia piuttosto a Maigret che non ai moderni violenti poliziotti eroi delle fiction e dei thriller attuali, e ci fa riconciliare con la figura dell’agente di polizia, troppo spesso nei tempi recenti visto come un individuo violento e talvolta al di fuori della legge. Lavoro intelligente e raffinato quello di Dario Crapanzano, e la sua Milano, prima di quella “da bere”, di Tangentopoli e degli scandali recenti, ci fa apprezzare la capitale “morale” di un’Italia ancora preindustriale, e forse un po’ più sana.
Il giallo di via Tadino
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