Il mantello d’inverno
- Autore: Elizabeth Chadwick
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Tre60
- Anno di pubblicazione: 2024
Il mantello d’inverno (Tre60, 2024, titolo originale The Winter Mantle, traduzione di Ilaria Katerinov) è il nuovo romanzo storico di Elizabeth Chadwick, nata a Bury nel Lancashire, che ha coltivato la passione per la scrittura sin da giovanissima e ha scritto romanzi ispirati a grandi vicende storiche da sempre studiate con estrema cura.
Finita l’estate è arrivato l’autunno, il gran caldo è solo un brutto ricordo, sono ricominciati gli impegni e i riti quotidiani, talvolta noiosi, spesso rassicuranti. Tra questi vi è la buona e sana abitudine di leggere un buon romanzo, capace di trasportare il lettore nel mondo narrato nelle pagine, spesso lontano dal nostro, come quello medievale, ed è bello acquisire di nuovo quelle nozioni imparate a scuola “a pappagallo”. Chissà perché, lette in un romanzo, non sono più noiose come sembravano un tempo nei banchi di scuola.
Tradotta in 24 Paesi, Elizabeth Chadwick è stata definita dalla rigorosa Historical Novel Society “la migliore autrice di fiction medievale dei nostri tempi”. Nei suoi romanzi, il Medioevo non è mai apparso così reale, vivido e somigliante ai nostri tempi, perché le passioni degli uomini e delle donne da allora non sono affatto cambiate.
Dunque, dopo esserci seduti comodi in poltrona e mentre fuori piove, immergiamoci tra le pagine de Il mantello d’inverno, non resteremo delusi.
Torre di Rouen, Normandia, Quaresima 1067.
Chissà come sono fatti gli inglesi, si domandò Sibilla mentre aiutava la sua padrona Giuditta a indossare una sottoveste di lino ricamato.
Lo zio di Giuditta, Guglielmo il Conquistatore, stava per tornare a casa trionfante perché nella Battaglia di Hastings (14 ottobre 1066) aveva battuto le truppe del re Aroldo II, considerato “un ladro di corone”. Giuditta, come nipote del duca Guglielmo di Normandia, l’attuale re d’Inghilterra, era profondamente consapevole della propria dignità e l’interesse della sua dama di compagnia per gli inglesi, così come anche il suo, era dovuto al fatto che lo zio Guglielmo era tornato nel suo ducato con un ricco bottino, accompagnato da ostaggi di alto lignaggio, signori inglesi, che non si fidava di perdere di vista. Le grida festanti della folla si erano fatte assordanti e il cuore di Giuditta si riempì di un orgoglio feroce. Era il suo sangue quello che acclamavano: suo zio, che adesso era re per volontà di Dio e grazie alla propria determinazione.
Tra gli squilli di trombe, i primi cavalieri entrarono nel cortile. La luce del sole scintillava sugli elmi e sulle cotte; i vessilli si increspavano sulle aste lucide delle lance. Sotto le sete dello stendardo papale, suo zio Guglielmo cavalcava uno stallone spagnolo con il manto lucido e nero come il carbone. Non indossava l’armatura e il suo fisico possente era ricoperto di lucente lana cremisi, tempestata di ricami e gemme. Un ciuffo di capelli scuri gli ricadeva sulla fronte e la durezza del suo aspetto era enfatizzata dal modo in cui stringeva gli occhi per ripararli dal vento. Uno scudiero corse ad afferrare le briglie dello stallone. Guglielmo smontò e, mettendo i piedi a terra con grande sicurezza, rivolse lo sguardo alle donne in attesa. La duchessa Matilde andò subito a buttarsi in ginocchio ai suoi piedi. Adelaide, madre di Giuditta, strattonò perentoriamente il mantello di Giuditta, così che anche lei si inginocchiasse sul terreno duro.
Il cortile si andava riempiendo di uomini e cavalli. Fiancheggiati dalle guardie, entrarono anche gli “ospiti” inglesi, tra questi, la ragazza aveva notato un giovanetto dai capelli biondi, con i lineamenti fini e l’aria stizzita.
Si trattava di Waltheof Siwardsson, conte di Huntingdon e Northampton.
Il futuro di Giuditta era davanti ai suoi occhi.
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