Il paniere di frutta
- Autore: Rabindranath Tagore
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2009
Rabindranath Tagore (1861-1941), premio Nobel per la letteratura nel 1913, rappresenta il ponte più solido tra la civiltà occidentale e quella orientale. Si tratta di due opposte tendenze che dovranno integrarsi sia a livello individuale che sociale, e direi planetario, per edificare la pace e vivere in armonia: la tendenza estrovertita, preponderante in occidente, tesa verso la costruzione del mondo "fuori" (spesso si tratta di distruzione) e allo sviluppo di scienza e tecnica; la tendenza introvertita, orientale, per la quale è prioritario il socratico "Conosci te stesso", che scava nell’intimo e scopre il vero volto e l’origine delle cose.
In India nasce la filosofia più antica e ardita dell’Uno, ma pure la concezione dello zero metafisico. Gli arabi attinsero dal Vedanta l’intuizione del "non numero" e l’utilizzazione dello zero permise loro di inventare l’algebra. Ma ormai anche l’India ha in gran parte mutato l’antica direzione e guarda "fuori di sé", purtroppo possiede la bomba atomica e in politica il mahatma Gandhi è stato messo da parte, dimenticato.
Tagore resta una luce perenne di bellezza e conoscenza; la poesia consente questo miracolo. Egli canta l’amore, parola dai mille significati, la prima tra le virtù che mai sparirà (così scrive Paolo di Tarso nella famosa Lettera ai Corinti), amore erotico ma sempre ingentilito e amore cosmico per ogni creatura, "in primis" per il Creatore. Amore che necessariamente trasuda di dolore, ha dimestichezza con la morte ma anche sempre con la resurrezione della speranza, scaturita dal totale abbandono a Dio.
Ne è felice testimonianza un’antologia di poesie del poeta, sono 86, da lui stesso selezionate tra la sua vasta produzione compresa in quasi trent’anni di creatività artistica, dal 1886 al 1915. La silloge si intitola Il paniere di frutta (Universale Economica Feltrinelli, 2009, pp. 121) ed è tradotta da Brunilde Neroni, che ha scritto anche la postfazione. Il titolo è una metafora dell’esistenza, in particolar modo della vita del saggio: egli si considera un frutto maturo, pronto alla donazione di sé. Tanto non potrebbe accadere se il Signore, Dio d’amore raffigurato da Krishna, non avesse profuso ovunque per primo se stesso. Il dono è continuo e incessante, tensione inesausta tra piacere e dolore, pace e battaglia, crescita e decadenza.
"Maestro, il dolore fu grande / quando vennero provate le corde. / Inizia la tua musica, che io dimentichi / la mia pena, fa’ risuonare nella bellezza / il motivo che ti fece agire in quei giorni senza pietà."
Possiamo notare nei versi il processo alchemico in atto, la trasmutazione del dolore in bellezza, in canto (similmente chiede Omero: "Cantami o diva l’ira funesta / che infiniti lutti addusse..."). Tagore fin da ragazzo venne colpito da lutti familiari e poi coniugali, che scossero la sua sensibilità. In lui è assente ogni rancore, come sono assenti le tormentose e perniciose domande sui "perché", interrogativi posti dalla ragione limitata, mentre il devoto accetta il destino, la musica del Dio "suonatore di flauto". La musica è pure il fluire meraviglioso, accolto e accettato nei Sonetti a Orfeo di Rilke.
Ciò significa aver raggiunto una straordinaria armonia, la gestione serena del proprio mondo psichico. La consacrazione al Signore fa maturare l’amore, denso di gratitudine sia per il bene che per il male sperimentato, poiché tutto è sommo bene, in ultima istanza, venuto da chi contiene ogni cosa in sé:
"Tua è la luce che irrompe dalle tenebre / e il bene che sgorga dal cuore spaccato dalle lotte. / Tua è la casa che s’apre sul mondo, / l’amore che chiama al campo di battaglia. / Tuo è il dono che è sempre un guadagno / quando tutto è in perdita, e tua è la vita / che fluttua dalle caverne della morte. / Tuo è il cielo che si stende nella polvere comune, / e tu sei qui per me, per tutti."
La vita non è un’innocua passeggiata, ma non siamo soli né abbandonati.
Tagore svolse un’intensa attività pedagogica, esempio di come si possa incidere positivamente nella società, conservando il misticismo e l’attitudine contemplativa. Fondò una scuola, una comunità e università a Shantiniketan. “Shanti” in sanscrito significa pace. Gandhi fu da lui ispirato. Il libro contiene un book fotografico affascinante in appendice. Non è rivolto unicamente ai credenti, ma a chiunque voglia coltivare in sé il sentimento profondo di appartenenza panica, fino alla propria totale offerta. Leggiamo:
"Ora, al tramonto della vita, somiglio a un frutto / che non ha altro da dare, / che vuole offrirsi intero, così com’è, / pesante di dolcezza."
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