Il peccato di Giovanni Boine

Giovanni Boine, morto giovanissimo appena trentenne, fu un critico e letterato afferente alla corrente dei "Vociani" intellettuali legati alla rivista "La voce" fondata ai primi del Novecento da Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini.

Pubblicato cento anni fa nel 1913, "Il peccato" è un romanzo che presenta ancora oggi degli interessanti spunti. Pubblicato a puntate e ambientato in Liguria, il romanzo è diviso in tre parti e narrato in terza persona, non mancando di indulgere a un passaggio alla prima persona con l’adozione del monologo interiore, un elemento narrativo che si ritrova nella scrittura del primo Novecento e che ha come maestri gli scrittori di lingua inglese James Joyce e Virginia Woolf.

La storia ruota intorno alla figura di un giovane scrittore (il signor B. dietro il quale si nasconde lo stesso Boine) a disagio profondo in una società che non lo capisce e che lui stesso non riesce ad accettare. Non a caso l’autore intitola questa parte del romanzo "Il limbo".
Nella seconda parte "La qualunque avventura" si racconta dell’innamoramento del giovane per una novizia , sentimento che suscita angoscia e sfocia poi nel "Tormento" della terza parte che segna la sofferta decisione per lo scrittore di cedere a quella società da lui tanto inaccettata.

"Il peccato" è un’opera giovanile e di formazione che segue quei tormenti di un’anima in fieri che, come lo Stephen Dedalus joyciano, si trova a lottare quel conflitto interiore che lo vede lontano dalle regole precostituite a cui non vorrebbe cedere ma che alla fine lo vedono soccombere pena l’isolamento.
Stile aulico sia pur mediato da una modernità di approccio (l’assenza di una narrazione cronologica, le frequenti analessi) e caratterizzato anche da citazioni in lingua straniera (in particolare frasi in castigliano di santa Teresa), "Il peccato" ha una doppia lettura: se da un lato a primo acchito l’opera potrebbe essere la storia dei tormenti amorosi di un giovane timido, a un strato meno superficiale rappresenta la difficoltà per un vociano vocato al lirismo di rapportarsi alla realtà esterna con uno stile meno lontano dal sentire comune e pertanto il peccato indicherebbe il tradimento di antichi ideali.