ll pittore maledetto
- Autore: Luigi De Pascalis
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2020
Una casa di campagna a due piani, a Madrid, protetta da un muro come un bozzolo, dall’altra parte del Manzanarre rispetto allo sviluppo della città. La gente ha cominciato nel 1859 a chiamarla Quinta del Sordo, da quando è venuto ad abitarla il nuovo proprietario, che ha perso l’udito per una malattia misteriosa. Quell’uomo è un artista molto caro al re, si chiama Francisco Goya, tra i protagonisti di un enigmatico romanzo storico, Il pittore maledetto. Pubblicato da Newton Compton a gennaio 2020, è il secondo libro di Luigi De Pascalis, per la casa editrice romana, dopo Il sigillo di Caravaggio (2018).
Romano di fatto anche l’autore, sebbene originario dell’Abruzzo. È un collaudato scrittore di racconti e testi più ampi, che sviluppano un genere composito: historical thriller pieni di suspance e segreti, con un corollario di personaggi storici autentici. Fanno buona presa sul pubblico e sono accolti bene dalla critica, a giudicare dai non pochi premi ottenuti in giro per l’Italia. È anche tradotto e apprezzato in Francia, Germania e negli Stati Uniti.
La descrizione dell’ormai anziano genio della pittura mondiale è magistrale. In pochi passaggi De Pascalis presenta un settantaduenne Francisco José de Goya y Lucientes di salute malferma, angustiato da malumori e dalle critiche di parti diverse della società spagnola, per ragioni diverse. Un uomo appesantito nella figura, indebolito dagli acciacchi e avvelenato dalle delusioni. Ce l’ha con tutti e tutti ce l’hanno con lui. Ancora lo riempie di sdegno la barbarie seminata da Napoleone in Europa, nei due decenni di guerre concluse solo da poco. Con le sue opere crude sulle violenze francesi in Spagna, Goya ha causato all’imperatore più danni di una battaglia persa, eppure in Spagna hanno sparlato di una sua collusione con gli occupanti francesi. Non lo soddisfano le timide riforme compiute dai liberali e ancora meno l’atteggiamento chiuso e reazionario di re Ferdinando, tornato da sei anni sul trono di Madrid. Ma l’oggetto della sua più totale avversione è la Santa Inquisizione, che gli aveva dato non pochi grattacapi per aver realizzato un’opera ritenuta “sconcia”, la Maja desnuda, non un’aliena Venere pagana, come quella dipinta da Velázquez due secoli prima, ma una donna nuda, reclinata ed esposta in tutta la sua carnalità, in una posa lasciva.
Ancora più intollerante sarebbe stato l’atteggiamento della stessa Inquisizione e dei benpensanti se fosse stato noto il vero ruolo di Leocadia, la donna che figura ufficialmente come la sua governante. Sono amanti, nonostante i quarantanni di differenza, da quando lei aveva solo 17 anni ed era una ragazza bella, indocile, altera e capricciosa. Francisco era vedovo, Leocadia abbandonata dal marito, un gioielliere che l’aveva lasciata sul lastrico dopo aver fatto fallimento. Se n’era andato col loro unico figlio e dalla relazione con l’anziano pittore lei ne aveva avuti altri due, un ragazzino ora di otto anni e un’intelligente bimba di sei, Maria del Rosario, detta Rosarito.
Parte del romanzo si consuma intorno all’interessante rapporto tra la piccola e quel brontolone, che la mamma chiama el Sordo quando ce l’ha con lui. Burbero e avaro di attenzioni, non manca di guardare la bimba con una costante piega divertita e intenerita delle labbra, atteggiate a una specie di sorriso trattenuto quando Rosarito è nei paraggi.
Non sa di essere sua figlia, ma avverte che quel vecchio serio le vuole bene, a modo suo. Sente anche strani scricchiolii notturni, passetti furtivi e leggeri nella nuova casa oltre il Manzanarre, dove sono andati a vivere. Proprio non ce la fa a prendere sonno in quell’abitazione grande e misteriosa, ancora meno quando i rumori sordi aggiungono ansia ad ansia. “Saranno topolini, la campagna è piena”, risponde immancabilmente la mamma alle insistenti richieste di spiegazioni dei curiosi echi soffocati che le danno tanto pensiero.
Una notte, Rosarito sorprende don Francisco, ma non nel ruolo dell’amante clandestino. L’anziano cammina nel corridoio indossando un cappello nero a tuba, con un cerchio di candele accese sulla falda. Raggiunge una sala, scopre un involto che rivela tavolozza e pennelli e prende con foga a imprimere segni scuri sulla parete, compiendo larghi gesti e affondando i colpi come gli spadaccini. Uno spettacolo strano, che la spaventa e l’affascina.
La bambina non riesce a vedere quello che Goya dipinge nottetempo sul muro. Non sa perché il grande artista non voglia più avere a che fare con le tele. Lei non è ancora capace di dipingere, ma è curiosa e ha tanta voglia d’imparare.
Ed ecco affiorare i misteri. Cosa avrà mai reso sordo il pittore di corte? Perché dipinge le pareti con forti scene nere? Dove porterà la bella complicità che si stabilisce con la giovanissima figlia?
Si apprenderà tutto da Leocadia, l’io narrante, ormai anziana a sua volta. E tenete presente la sua convinzione: la vita è un gigantesco inganno.
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