Il punto esatto di due anime
- Autore: Luigi Mancini
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2013
Il punto esatto di due anime (Butterfly, 2013), dello scrittore esordiente Luigi Mancini è un romanzo molto particolare: bisogna avere cuore e stomaco per leggerlo e comprenderlo. Non tutti sono pronti a lasciarsi andare, a farsi trasportare dal mare di sensazioni ed emozioni che lo scrittore ci scaraventa addosso, come se noi che leggiamo fossimo l’ultima barca, l’ultimo baluardo di una speranza profanata per salvarsi dal mare nero della malinconia.
Il protagonista di nome Luca, alter ego dell’autore, con il quale per sua stessa ammissione condivide molte cose, racconta sottoforma di diario o di lettere, come lui stesso le definisce, i momenti salienti della propria esistenza. Parte da un evento che considera importante: l’incontro all’età di tredici anni con Anna, “ragazza complicata e fatale” che lo fa subito innamorare e con la quale scopre le sofferenze, i piaceri e le perversioni dell’amore in tutte le sue forme. Con gli occhi e la mente matura dei suoi trent’anni, Luca affonda le mani nei ricordi e ci catapulta senza chiederci se e come, nel suo universo adolescenziale fatto di scuola, amici, pallone e amore.
Luca vive in un quartiere alla periferia di Napoli ed è lì che un giorno come un altro, inaspettatamente avviene quell’incontro che gli cambierà la vita, la incrinerà terribilmente verso quell’abisso sconosciuto e terribilmente attraente chiamato appartenenza. Un incontro vissuto in un modo devastante, estremamente carnale, vissuto con la mente e con il corpo, prima ancora del vero innamoramento. Lo sguardo di lei è come un fulmine a ciel sereno, come un’onda che arriva inaspettata e che travolge qualsiasi cosa, cancellando le orme sulla sabbia. Annienta tutto quello che circonda Luca in quel preciso istante, catturando la sua attenzione e rivelandosi fin dalle prime apparizioni come una musa oscura ed incantatrice, dallo sguardo intenso e persino cattivo, violento a tal punto da risvegliare i demoni che covano nel suo istinto nascosto, facendoli rivivere ancora una volta di rinnovata energia.
La scrittura procede per immagini, vivide, scandalosamente fisiche, metaforiche e toccanti. Un amore disperato, viscerale, condito di un avvelenato romanticismo oscuro, disastrato e maledetto che toglie l’aria prima ancora che l’anima possa respirarne il profumo.
Eppure la storia d’amore di Luca e Anna profuma di vita, di sesso, di angoscia, di follia. Stanno insieme per quattro anni, ma poi lei lo lascia spinta dalla famiglia a trovarsi qualcuno che abbia un lavoro e migliori prospettive di vita.
Il tempo scorre attraverso le parole dell’io narrante che alterna riflessioni e pensieri dell’oggi con quelli di allora in cui condivideva tutto il suo tempo con l’unica donna bambina che avesse mai amato. E allora scorrono i sentimenti liberi da qualsiasi costrizione, risalgono le pareti dello stomaco, fluiscono come sangue nelle vene e poi sfumano, evaporano attraverso la pelle per poi ricondensarsi di nuovo in parole nere, fatte di carta ed inchiostro, con la mostruosa condanna di essere indimenticabili.
Indimenticabile è Anna agli occhi di Luca che nella sua disperata follia non smette di ricordarla, di ricordare i suoi occhi verdi che come gabbie trasparenti lo hanno incatenato ad una gioventù perduta. Persino il vento, nel posto del loro amore, davanti ad una quercia, cullati dall’odore del mare, diventa manifestazione della volontà di Dio di rendere Anna la sua Musa in quel momento, tanto è grande la sua bellezza. “Bellissima e terribile”, ella è l’odio e l’amore, la carne e il sangue, la vita e la morte.
La narrazione si basa sui ricordi che si affacciano invadenti sulla scena di questo terribile e precario teatro che sembra sempre sul punto di spezzarsi. Il teatro dell’anima di un uomo che ha visto e sentito tante cose e su cui alleggia possente il senso di colpa dell’aver vissuto la droga paragonata ad una bestia accattivante che non scegli ma che ti sceglie e che è meglio non guardare.
La scrittura scorre in modo automatico, con un forte intimismo esaltato da un viscerale desiderio di buttare fuori ogni sentimento, come un catarsi, un modo per ripulirsi, una sorta di riscatto o redenzione. Alcuni momenti del passato sono i momenti d’oro che lui vorrebbe far tornare e che forse torneranno se riusciranno a trovare la via del sogno.
“Forse un giorno ritroverò la via del sogno e torneremo, io e lei, a riparare i giochi dimenticati nei cortili(…).”
E’ il dolore e la rabbia dell’assenza a prendere troppe volte il sopravvento, l’ossessione, la possessione, la lotta contro sensazioni ancora troppo vivide per essere estirpate dalla carne. I pensieri sono come blocchi muti che tagliano l’aria, come colpi di spada nel silenzio assoluto in cui si è rinchiusa la memoria. Sprazzi di luce di qualcosa che forse ha ancora valore in una vita che si è persa nel passato e del passato sopravvive ancora.
La dannazione dei protagonisti di questo romanzo è una carta scoperta. Ognuno di loro ha i suoi demoni che non possono essere schiacciati né mandati via perché li rendono ciò che sono.
“Non riesco ad accettarmi e non funzionano con me i miei trucchi …”
Una lucida consapevolezza di se stesso che lascia sconcertati, devastati da tanta cruda e semplice verità. C’è una purezza di fondo in questa sorta di confessione lanciata senza mira e senza alcun bersaglio da colpire. La stessa purezza di chi non si vede perché troppo preso dalle streghe nere dei suoi sensi di colpa. La sincerità qui dentro non si vende e non si compra, non fa sconti né regali, travolge come un mare nero e rosso e bianco tanto quanto è candido il colore dei sogni vissuto negli sguardi prima di essere sporcato dai desideri sconosciuti e terribili che covano in fondo all’animo umano.
Questa storia è carica. Il lettore a tratti si spaventa, altre volte è affascinato da tale furia e forza. Lo scrittore non gli chiede permesso né ha la compassione di avvertirlo che si troverà di fronte un racconto che è una ripida e malsana discesa verso gli inferi dell’anima. Senza biglietto, il luna park è aperto. La ragazza ha caricato il suo fucile, proprio come canta Venditti nella sua canzone. Luca è pronto a morire e al lettore non viene chiesto da meno. Leggere e morire lentamente sulla stessa altalena di illusioni dove già hanno giocato e tremato infinite volte, sulla terra e nei sogni, Luca e la sua Anna.
Ma quanto rimpianto trasudano ancora le parole, quante lacrime trattenute e poi disciolte in un bicchiere di vetro per poi svuotarlo in un lavandino anonimo. Rinchiudere il pentimento e il senso di colpa, la vigliaccheria in un bicchiere e fingere che non esista.
Sono passati tanti anni ma lui è ancora maledettamente innamorato a tal punto che quando la rincontrerà gli sembrerà che il tempo si è da sempre fermato. Di fronte a lei e a tutto ciò che hanno condiviso, il castello di sabbia e vento di una vita costruita ai margini di una visione, cade, sciogliendosi davanti all’irrinunciabile. Ormai sono diventati una leggenda l’uno per l’altra, come il loro amore. Come l’epilogo finale di questa terribile storia che si conclude con una lettera che inevitabilmente mi ha ricordato Seta di Baricco e le meravigliose parole indirizzate al protagonista da una donna ormai lontana ma che in realtà non lo è mai stata.
“Non c’è più tempo per fuggire, né forza per resistere, doveva essere questo istante, e questo istante è, credimi, signore amato mio, quest’istante sarà, da adesso in poi, fino alla fine. Quel che era per noi l’abbiamo fatto per sempre.”
Ed è proprio così anche per Luca ed Anna, per una storia a metà tra la realtà e la finzione, tra l’amore e la morte.
Le parole continuano a scorrere veloci mentre ci si sente come strattonati, presi per le spalle, scossi, come se esse ci chiedessero di svegliarci e sentire.
Sono frequenti i cambi di registro che passano dalla narrazione dei fatti quotidiani a quelli che riguardano l’amore, sempre intervallati da profonde sensazioni e urla soffocate, rapite da fantasmi immaginari e ingabbiate in attimi eterni senza più ritorno. E poi ci sono le grida esistenti e persistenti che si condensano in intere pagine fatte di versi di un cuore malinconicamente poetico.
Su tutto sovrasta accecante l’anima di chi scrive che chiede e pretende di essere ascoltata ma non gli basta. Vuole entrare prepotentemente nell’anima di chi legge, ferirla, imprimere quei pensieri e renderla partecipe della sua sofferenza. Per chi possiede la sensibilità di comprendere, comprenderà, l’autore lo sa. E chi comprenderà lo farà in modo completo e profondo, lo farà perché non può fare altrimenti, perché è qui e ora ed è pieno di note distorte, sbagliate, tristemente allegre ma inevitabili.
Lacrime nere quelle di Anna che cerca di sopravvivere ai soprusi e alle sue scelte sbagliate, che cerca di richiamare ancora il suo unico amore, la sua maledizione, la sua appartenenza in questo luogo e in questa vita. Lacrime nere quelle di Luca che non può smettere di desiderarla, di sognarla, di restare incantato di fronte alla ferita che lei rappresenta, che sanguinerà ancora e che non si guadagnerà né l’inferno né il paradiso ma semplicemente l’eterno.
L’eternità delle parole che si schiudono di fronte all’ennesima notte, la stessa notte di quella luna “che spalanca l’anima, altissima e menzognera. Possiede ancora per i miei sensi feriti quell’effetto ubriacante ed ha il sotto dei vestiti di una bella assai distante eppure così vicina.”
Talmente vicina da restare attaccata a quei luoghi ormai persi nella memoria, a quei profumi intensi divenuti padroni di un sogno caduto in pezzi. Pezzi di vetro sparsi che però non bastano a dividere due anime, unite in un punto esatto, per sempre.
“Non penso a te, ma sono per amore tuo e questo mi dà forza. Non ti invento nei luoghi che adesso senza te non hanno senso. Il tuo non esserci è già caldo di te, ed è più vero, più del tuo mancarmi. La nostalgia spesso non distingue. Perché cercare allora se il tuo influsso già sento su di me lieve come un raggio di luna alla finestra.” R.M. Rilke.
Il punto esatto di due anime
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