Il raccoglitore di pigne
- Autore: Anselmo Botte
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2017
Ci sono libri le cui storie vere e coraggiose, di fughe e di sogni, possono offrire spunti di riflessione descrivendo in poche righe la drammatica attualità della nostra realtà. Come la storia di Ahmed, marocchino, raccoglitore di pigne, svelto come nessuno, che riempie quasi duecento sacchi al giorno, in una cinta di pineta che domina la fascia costiera nella piana del fiume Sele, a pochi chilometri dalla città di Salerno. Pini marini piantati negli anni Cinquanta, a protezione dalla salsedine delle coltivazioni in una terra fertile e feconda fin dall’antichità. Una terra, il Mezzogiorno, che ha visto ieri come oggi il lavoro nei campi di uomini e donne privati di ogni diritto, esseri umani diventare merce tra un caporale e un altro.
Il mondo contadino dapprincipio fu dei nostri padri, scriveva Rocco Scotellaro, con i mali di sempre, la miseria, la fatica, il dolore, “la pozzanghera nera dell’abbandono”.
Oggi sono Ahmed e le tante anime senza entità che vanno in pasto a caporali e tirannie di ogni genere. Ahmed ha lasciato Beni Mellal dove era nato e vissuto. Abitava con la sua famiglia in una palazzina bassa color sabbia, nella periferia dove c’era solo polvere, con alle spalle le montagne dell’Atlante. È piccolo di statura, magro, e da sedici anni lavora nelle terre della piana. Le percorre in bicicletta ogni giorno, con la schiena a pezzi, al buio lungo sentieri di campagna le cui buche ricordano strade di guerra. Potrebbe essere investito dalle auto e prega il suo Dio per
“la sua esistenza incerta”.
Ahmed ha talento nella raccolta delle pigne, riesce a salire fino in cima a molti metri di altezza, e ha un rapporto particolare con gli alberi. I pini neri altissimi si elevano al cielo in “una immensa massa nera ondulata e dondolante” che irrompe nella sua solitudine e gli sussurrano in un alito di vento infinite storie. Ahmed sa ascoltare le parole nel vento e come nei suoi sogni pensa possa celarsi la voce di Dio. Quella sera di dicembre ha gli occhi lucidi di freddo, vorrebbe sorseggiare un tè molto caldo e rincorrere pensieri, ricordi. L’infelicità gli è sempre addosso, sa di essere un uomo perduto anche se sotto un cielo stellato. Il suo giaciglio è tra i tanti in una costruzione abbandonata, senza luce, senza acqua, tra odori di muffa e urina.
“In quel posto si annidava la tristezza (…) case povere, abitate da povera gente e da poveri topi (…) la miseria ha ingarbugliato i nostri piani, scomparsi all’improvviso, senza nessuna possibilità di creare nulla di buono”.
Quella sera tuttavia Ahmed è turbato da un pensiero in più: ha trovato tra gli aghi di pino una catena d’oro con un crocifisso intarsiato di diamanti. Dietro la croce, simbolo di una religione non sua, un nome inciso. Cosa dovrà fare? Tenerla con sé per ricavarne soldi per poter vivere senza più sofferenze o consegnarla al legittimo proprietario? Intimorito come un bambino, gli par di sentire tra le fronde degli alberi una voce che in un parlare pianissimo gli sussurra:
“è scolpito il nome di un uomo, cercalo!”
Forse è la voce “dell’uomo legato alla croce”? Quel crocifisso non gli farà dormire più sonni tranquilli. La sua vicenda farà emergere dal buio dell’indifferenza e invisibilità un mondo di donne e uomini, e la loro vita di fatica e stenti. Come la bella Irina, la donna che ama, “dal corpo esile e i capelli dorati”, costretta dal marito a prostituirsi e che Ahmed vorrebbe portare via lontano. O come Aziz, Rachid, Halim, Abdelhadi che ogni giorno divengono braccia forti e sciolte in campi immensi come “cento campi di calcio”; o come Ismahil, Singh, indiani, “mani umili e schiene piegate” negli allevamenti degli animali. Una terra piena di culture differenti “le cui religioni si intrecciano in una incomprensione reciproca”, senza combattersi o odiarsi con intorno solo la malinconia e la disperazione che induce loro a dire, al termine di ogni giornata, “solo un altro mese e vado via”.
La storia di Ahmed narra la realtà delle nuove condizioni umane, quelle dei migranti, che ci porta nel cuore di un’amara verità, quella che nasce dal rapporto degli uomini col mondo. Un racconto che rimanda ad echi letterari e a richiami storici che sono in parte anche la nostra storia.
“Il raccoglitore di pigne” è l’ultimo lavoro del sindacalista scrittore Anselmo Botte, con una esperienza trentennale nello studio della crescita e delle mutazioni nelle comunità degli immigrati. I suoi libri di saggistica ed i suoi romanzi narrano di storie di condizioni di povertà e sfruttamento lavorativo, al Sud come al Nord, ed alcuni suoi racconti sono stati tradotti in Francia.
“Il raccoglitore di pigne” è un romanzo corale, lirico ed emozionante, pubblicato dalla casa editrice Caffèorchidea, una realtà coraggiosa ed indipendente voluta fortemente da un gruppo di giovani con la passione per i libri. Pregevoli e significativi sono i disegni all’interno del libro realizzati dagli studenti del Liceo Artistico di Salerno. Immagini in bianco e nero che narrano di Ahmed e della sua vicenda.
Il raccoglitore di pigne
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