Il sangue dei Gracchi
- Autore: Luca Canali
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2004
Il mese scorso ci ha lasciati Luca Canali, latinista, scrittore, poeta e autore di numerosi saggi accademici su Cesare e Lucrezio. Nato e vissuto a Roma, figlio di un carbonaio e di una maestra, giovanissimo partecipò alla Resistenza.
A vent’anni si iscrisse al PCI e per molti anni militò nel partito diventando dirigente di sezione. Dopo i fatti d’Ungheria, nel 1958, lo lascerà in aperto dissenso per gli avvenimenti. Durante i suoi anni di studio all’Università di Roma, divenne assistente di Natalino Sapegno e poi di Ettore Paratore, con il quale si laureò con una tesi su Lucrezio. Docente per molti anni all’Università di Pisa, Luca Canali è stato uno dei maggiori latinisti italiani e studioso dell’era classica.
Nel saggio Il sangue dei Gracchi (Piemme, 2004), l’autore ricostruisce le figure politiche di Tiberio e Gaio, artefici di una riforma politica che porterà il loro nome, la Rivoluzione dei Gracchi. Un libro non solo interessante per l’approfondimento storico ma di grande utilità, perché le loro intuizioni riformatrici diverranno temi fondanti della politica repubblicana e sono ancora oggi di grande attualità.
Per comprendere la riforma dei Gracchi è necessario volgere uno sguardo al periodo politico e sociale. Roma era divenuta la prima potenza del mondo antico con la conquista dell’Italia peninsulare e della città di Cartagine, la più ricca delle colonie fenicie del Mediterraneo ed era al centro di un impero che comprendeva territori e popoli diversi, dalla Grecia fino alla Spagna. Divenuta la signora del Mediterraneo, lo stile di vita delle classi più ricche era mutato, conquistati dalle comodità e dall’agiatezza e affascinati dalla mitologia e letteratura greca. Infatti in quel periodo a Roma affluivano filosofi e artisti greci che venivano accolti nelle case patrizie come insegnanti e i giovani romani, a loro volta, si recavano in Grecia per studiare filosofia e retorica presso i maestri più famosi. Ma i numerosi anni di guerra avevano creato non pochi problemi interni allo Stato romano, durante i quali spesso il Senato era ricorso all’emanazione di leggi urgenti e severe che avevano sopito una possibile sommossa.
Le lunghe assenze in paesi lontani degli uomini avevano originato miseria e mancanza di lavoro, le campagne si erano spopolate, per cui sempre più nullatenenti arrivavano nella città un cerca di occupazione. Un cambiamento nell’ordine sociale non più sotto controllo.
Inoltre per l’aumento delle tasse e per la concorrenza sleale dei nobili, molte terre vennero abbandonate. La classe nobiliare, la più agiata e ricca, nel momento di forte crisi economica aveva acquistato le terre abbandonate e utilizzando per il lavoro dei campi i loro schiavi, vendeva i prodotti ad un costo inferiore rispetto ad un piccolo proprietario terriero (quanta affinità con i nostri tempi!). Una concorrenza davvero sleale e ingiusta che portò in poco tempo ad affamare sempre più sia la popolazione romana che quella italica. In questa difficile situazione di crisi sociale prima Tiberio, poi Gaio, tentarono la grande svolta, un programma democratico di riforme necessario che doveva servire a risolvere i problemi e a ridare fiducia al popolo.
La costituzione del movimento o partito democratico ebbe una grande risonanza negli ambienti politici di Roma e il programma della loro riforma agraria, come ci riporta Plutarco, doveva sanare la crisi economica, iniziando dalla ridistribuzione delle terre ai cittadini più poveri limitandone gli interessi e l’utilizzo alla classe nobiliare. Una vera sfida all’aristocrazia.
Tiberio era un oratore amabile e seducente. Conduceva una vita sobria e semplice e quando scese in politica candidandosi come tribuno della plebe, la sua campagna elettorale fu appassionata, una testimonianza di quanto fosse amato e sostenuto dal popolo in un clima politico di forti tensioni sociali. L’aristocrazia senatoriale, sua avversaria, corse ai ripari progettando la sua uccisione. Il suo corpo venne gettato nel Tevere insieme a quelli dei suoi sostenitori e simpatizzanti. La stessa sorte toccò anche a Gaio, più giovane di Tiberio di nove anni e dal temperamento focoso. Era un giovane intelligente ma desiderava anche la sua vendetta. Una delle sue prime leggi sosteneva che la nobiltà di sangue, quella antica e vera, non doveva mescolarsi con quella affaristica e limitava il potere dell’aristocrazia senatoriale, il cui scopo era divenuto il commercio e il denaro. I senatori avevano ormai il sangue agli occhi e Gaio verrà ucciso e il suo corpo, dopo aver subito l’oltraggio della decapitazione, verrà gettato nel Tevere. Inoltre fu decretato per i fratelli Gracchi la condanna della memoria e proibito il lutto alla madre Cornelia. Il governo del Senato riebbe così la sua autorità.
Il sangue dei Gracchi è un saggio che appassiona il lettore per gli intrighi e le speranze che sono a volte essenziali per un nuovo processo storico. I fratelli Gracchi, in un periodo diverso, sarebbero stati eroi e non vittime. La loro fu una rivoluzione perduta, così la definisce Luca Canali, ma la passione che animava il loro pensiero e le loro azioni la ritroveremo lungo il corso della Storia in altri grandi pensatori e uomini politici, poiché la lotta di classe non è stata una errata concezione marxista e la ricchezza e la povertà rimarranno sempre il più antico dei conflitti umani.
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