Era il 1797, quando Novalis (1772-1801), a seguito della scomparsa della fidanzata Sophie, inizia a comporre l’opera che più caratterizzerà il romanticismo tedesco ed europeo: Inni alla notte.
Però ragioniamo su un nome, un nome significativo: Sophie. Morta precocemente ,la ragazza lascerà una sfumatura di vuoto esistenziale cinereo e cupo nella mente del giovane poeta tedesco che può riassumersi con un altro nome significativo: Notte.
Da qui parte un lampante parallelismo: Dante Alighieri. Dante, o meglio, Durante, visse la stessa esperienza quattrocento anni prima, con la morte dell’amore idealizzato Beatrice. Crisi esistenziale chiamata Inferno e salita, salita fino all’Empireo e quindi la Fede.
Sottolineo questo perché è quello che accadrà a Novalis.
L’inizio dell’opera getta il lettore nella malinconia di un passato introvabile, un ossessione: il passato, che sfugge, sfugge fino a scomparire o ad apparire in lacrime di disperazione. Ma la disperazione porta alla poesia, la poesia all’espressione dell’Io e l’espressione dell’Io a Dio, che può essere la Notte, cupa ma sempre luminosa e vigile o la Pietà di Cristo.
Ed è proprio questo che esprimono i Canti Spirituali, il bisogno della pietà, in un momento in cui vigeva un ateismo potente e scientifico e la scienza, si sa, è antiespressiva, ma anche il bisogno che ha l’essere umano della Pietà e Novalis stesso. Quindi la storia è allegoria dell’uomo, come l’uomo della storia, e tutto questo è Novalis, e Novalis è il manifesto romantico.
Per concludere in bellezza voglio lasciare il Verbo a Novalis, che dirà
“Mi ripiego verso la sacra notte, impronunciabile, colma di misteri. In gocce di rugiada voglio precipitare, mischiandomi con la cenere”.
Inni alla notte
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Inni alla notte. Canti spirituali
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Ho letto recentemente Novalis e il suo anelito verso l’infinito e il suo cristianesimo.
Che dire? E’ il più puro dei Romantici.
Bella la recensione, molto analitica.
Bellissima recensione di un libro ancor più bello.