Io non ho sbagliato
- Autore: Onofrio Pagone
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giraldi Editore
- Anno di pubblicazione: 2016
“Io non ho sbagliato” è la storia struggente di una donna alla ricerca di una via di fuga dalle sue radici e di una rivincita sul dolore; è questa la trama dell’ultimo lavoro del giornalista, inviato di guerra e scrittore, Onofrio Pagone, in uscita in questi giorni per Giraldi Editore. Un libro coinvolgente ed emozionante che prende spunto da una vicenda reale di immigrazione e di clandestinità per narrare ingiustizie, violenze e difficoltà quando si sceglie di andare oltre confine.
Cronista dei nostri tempi, l’autore coniuga la sua passione per la scrittura con la storia, indaga nelle profondità dei sentimenti dell’animo femminile, invitando a riflettere sul significato della vita e del dolore.
Narrato in prima persona, Annamaria, è il nome con il quale la nostra protagonista si farà chiamare appena giunta in Italia, racconterà in una lunga dichiarazione al lettore l’amore che l’ha delusa, l’abbandono, le disavventure che l’hanno costretta a lasciare la sua terra, la Romania, per cercare una vita migliore altrove.
“Avevo desiderato il mio viaggio in Italia. Me l’ero immaginato come la svolta della mia vita, perché il viaggio doveva essere di sola andata, con una prospettiva di felicità. Avevo creduto di poter fuggire dal grigiore della mia terra: mi ero illusa che la Romania appartenesse alla mia infanzia e alla mia adolescenza e che poi, lontano dalle miei origini, avrei trovato il sorriso”.
Innamorata di Gheorghe ad appena diciassette anni, senza riuscire a distinguere tra affetto e amore, rimarrà sola, incinta di un figlio che nessuno vorrà, né il giovane amante né la sua famiglia. Nessuna approvazione per la scelta di avere quel bambino, per quella vita che lei sentiva nel suo grembo e alla quale era già affezionata. Decidere di andare via non sarà facile. Avrebbe viaggiato per un’intera settimana su di un tir insieme a tanti altri per arrivare a Bari dove avrebbe rivisto la madre, in Italia da tre anni per lavorare come badante.
L’unica speranza, quella di vivere la sua maternità, l’aveva riposta nella sua valigia. Con la sua partenza avrà inizio la storia drammatica dell’ignobile traffico degli esseri viventi, tra soprusi e violenza sulle donne. Dietro, nel cassone del camion, erano in tanti e non solo di nazionalità rumena. Ore e ore di strada aggrappati disperatamente agli imballaggi della merce trasportata, come anime in pena, al buio. In silenzio, l’uno addosso all’altro, le facce scavate, strattonati dalle vibrazioni del motore, allontanavano dal viso l’odore di urina e di marcio, e cercavano di respirare dalle piccole feritoie dalle quali contavano i giorni e le notti che mancavano all’arrivo.
“Se il mondo provasse a rinchiudersi in quella maniera, non ci sarebbero più guerre e bombe, scioperi e contestazioni, armi e recriminazioni. Lì dentro si fa pratica della pace, della convivenza civile: necessitata dalla situazione, non forzata dalle ideologie. Lì dentro non ci sono né parole né pensieri superflui: lì c’è solo la voglia di vivere, la spinta per la vita sempre e comunque. Guardavo quelle facce mute e m’immaginavo un tavolo di negoziati di pace… la pace sarebbe stata un risultato immediato, perché la pace è nelle cose della vita”
Al tempo, Annamaria era una clandestina giunta al termine del suo viaggio, ai bordi di un’autostrada, minorenne e incinta. Vedrà i bagliori della città in lontananza, capirà il tradimento dallo sguardo triste e spento della madre, vivrà il dolore e una lunga ingiustizia. Guarderà il mare ricordando quanti erano stati i suoi sogni e le sue attese. Il mare aveva un colore intenso, ed era infinito fino alla linea dell’orizzonte, sempre più lontano quasi a tracciare una promessa di vita. Lei era cresciuta vicino al lago e l’acqua del lago era muta mentre il mare invece “faceva ammutolire e accendere i pensieri”. Aveva provato a cancellare la sua esistenza di giovane donna rumena cambiando il nome, e le vicissitudini della vita che l’avevano violata e resa muta, d’ora in poi, le faranno ritrovare la speranza e il coraggio di lottare fino allo stremo per sé stessa.
“Per la prima volta dopo mesi ho riprovato un’emozione attraverso le parole. Fino ad allora avevo dovuto leggere negli occhi delle persone e nelle smorfie dei loro volti per decifrare i sentimenti e gli umori. Le parole sono un valore aggiunto per le emozioni (…) La parola ci fa sentire autentici, produce una sensazione straordinaria. La parola ci rende liberi”.
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