Jackie
- Autore: Elfriede Jelinek
In un monologo virtuoso e incalzante, gli episodi più celebri della vita di Jacqueline Kennedy scorrono sulla scena come le stazioni di un dramma personale che a poco a poco si rivela essere la grandiosa costruzione di un mito dei nostri giorni. Jackie è figura di pura rappresentanza, in cui persino i sentimenti sono asserviti alle esigenze della ragion di stato. Per questo la fisicità della donna scompare dietro agli abiti, anzi la sua stessa figura si riduce ai capi indossati, alla maschera esibita. Contrapposta a Jackie è Marilyn Monroe, espressione di corporeità e di luce, vittima predestinata e sacrificale. Graffiante e amara indagine del rapporto tra potere e femminilità, ’Jackie’ rivela tutta la potenza espressiva del teatro di Elfriede Jelinek. (Note di copertina)
In questo monologo teatrale o racconto lungo, la voce protagonista è quella di Jackie Kennedy Onassis, che parla in prima persona rivelando cose che non sospettavamo. La firma è di Elfriede Jelinek, Nobel per la letteratura nel 2004.
Corrosiva fino quasi alla cattiveria, la Jackie Kennedy Onassis uscita dalla penna della scrittrice racconta come sia stata solo un involucro e non una donna vera, per ragioni di stato, impassibile e ben vestita, una che piange tutti i suoi morti verso la fine della sua vita spettacolare.
Dell’infanzia non dice niente, ma si intuisce che avesse un carattere fortissimo fin dall’adolescenza. Mite, tranquilla, già si capisce che non farà sceneggiate nella vita, anche laddove fossero necessarie.
Arriva poi il matrimonio con il presidente degli Stati Uniti, che lei chiama Jack, che le trasmette troppe malattie a trasmissione sessuale, essendo un tipo che la tradisce continuamente con tante altre donne.
"E dire che Jack odiava i cavalli! Era allergico, al loro bel pelo. Beh io no. Andare a cavallo, giocare a tennis, sciare, così mi circondo di affetto. Non appena gli giravo le spalle Jack iniziava subito a molestare qualcuna, ma era colpa del cortisone. Nessuna donna resiste alla sua personalità. Si fionda su tutte le femmine, ma con me non si fionda in nessuna discussione".
Mentre Jackie fingeva felicità, si susseguono gli aborti e l’uso di anfetamine con il marito. Poi arriva lei, non una donnetta qualsiasi, ma la Donna: Marilyn Monroe.
La luce, l’abbaglio, la passione. Jackie dice che è grassa, piena di curve rispetto al suo fisico magrissimo.
Jackie non si stupisce quando sopraggiunge la morte della rivale: la Kennedy è abituata a tutto e la vita le metterà tra i ricordi anche mezzo cervello del marito, colpito a morte, sul vestito Chanel:
"Ho cercato di tenere insieme il cranio. Non c’era altro. Non c’era più niente. Tutti morti, tutti morti, in fondo è questo il mio mondo, la morte".
Da lì l’indifferenza si scatena e fa finta di essere innamorata di Onassis, l’armatore che per lei lascia Maria Callas, la soprano più famosa al mondo.
La scrittura di Elfriede Jelinek è asciutta, senza pietas, fredda come il marmo, come se volesse dire che il potere che deriva da prestigio politico e dai soldi crea mostri. Jackie era un mostro con un giro di perle.
Jackie
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