L’Imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio
- Autore: Maurizio Serra
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2019
È dedicato al pubblico di oggi, specie ai più giovani, perché possano formarsi un giudizio su Gabriele D’Annunzio, sull’uomo e sulla sua opera. D’Annunzio, uno e tanti: il Vate, l’esteta, il guerriero, il trascinatore, il cantore delle lettere che fece della propria vita un azzardo, L’Imaginifico , come volle sempre scrivere, “per prolungare l’effetto della seconda sillaba” ed è il titolo adottato da Maurizio Serra per la sua titanica biografia del pescarese, pubblicata nel 2019 da Neri Pozza (collana I Narratori delle Tavole, 736 pagine, 25 euro), dopo l’edizione originale francese Grasset & Fasquelle D’Annunzio le Magnifique (2018).
L’autore, nato a Londra nel 1955, è diplomatico di carriera: Berlino, Mosca, Londra. A Parigi è stato rappresentante permanente presso l’UNESCO e lo è al momento presso l’ONU a Ginevra. Ha diretto l’Istituto Diplomatico del Ministero degli affari esteri, insegnato “Storia delle relazioni internazionali” nell’Università LUISS di Roma e firmato numerose pubblicazioni, tra le quali altri profili di grandi della letteratura italiana del Novecento: Curzio Malaparte (premio Casanova, Prix Goncourt 2011 per le biografie) e Italo Svevo. Edite entrambe da Grasset, sono state tradotte in italiano e spagnolo.
Ad attrarlo di Gabriele D’Annunzio (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938) sono stati l’uomo, il superuomo, l’azione e l’inazione, che risultano, grosso modo, i capitoli in cui si articola il saggio biografico L’Imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio. Irresistibile la personalità carismatica, l’inesauribile slancio vitale, la stima ostinata del proprio genio, senza inibizioni, a suo modo da Innocente, per evocare il titolo del secondo romanzo (1892) del trittico giovanile della Rosa, dopo Il piacere e prima de Il trionfo della morte.
Serra vede in lui un poeta dell’azione, un aedo epico portato alle stelle dal movimento esistenziale, paralizzato dal decadimento, ucciso dall’inerzia, un cultore dell’opera d’arte totale wagneriana il cui coerente, intimo scopo era "riproporre il vate dantesco, guida lirica e sacerdotale della nazione".
Un gigante delle lettere, in prosa e in versi e anche giornalista, parlamentare, politico, combattente, condottiero, fascinatore di giovani e intere generazioni.
Al centro del volume L’Imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio, spicca l’inserto con immagini in bianco e nero - sue, di alcune delle compagne e dei luoghi preferiti - concesse dall’Archivio Iconografico del Vittoriale di Gardone. Vi si può intuire la modesta statura, di cui andava fiero, alludendo con orgoglio alla somiglianza col “piccolo Corso” (aveva Napoleone come modello di riferimento). Il libretto militare dell’ufficiale di fanteria (col vezzo di vestire l’elegante divisa della cavalleria), del marinaio e del pilota (considerate le sue propagandatissime imprese guerresche nel 1915-18) riporta 1 metro e 64 cm, ma l’indicazione risultava perfino generosa: si avvicinava al metro e sessanta. Uno degli pseudonimi con cui firmava le note da cronista mondano era “Il Duca minimo”.
A vent’anni, il volto di cherubino dal profilo perfetto sormontava un torace stretto, fianchi un po’ larghi e gambe flessuose, sessanta chili di nervi e di muscoli, di energia, di salute di ferro. Fin d’allora, prendeva la vita d’assalto, impastato com’era di sensazioni, aspirazioni, contraddizioni insanabili e incontenibili. Mai pago, raramente contento di sé nonostante le apparenze, non si dava requie, divorava l’esistenza coi sensi e con la penna, indifferente al prezzo da pagare per sé e per gli altri. Spinto dal desiderio di piacere ad ogni costo, attirava l’attenzione, se non sempre il rispetto. A giudizio di tutti emanava un sentore sottile di lupo degli Abruzzi, per quanto fosse impomatato, immacolato nell’abito e nella persona. La cortesia da mandarino cinese, la conversazione avvolgente ne fecero presto l’ospite di tutti i salotti.
Non si limita a queste battute il ritratto L’Imaginifico. Vita di Gabriele D’Annunzio che fornisce l’autore. Continua intenso, sentito. Gli occhi rivelano l’uomo: uno sguardo neutro, imperscrutabile. Si raccontava fosse dotato di facoltà ipnotiche, grazie alle droghe, di cui in realtà fece uso durante la Grande Guerra, coi piloti spericolati della sua squadriglia. Ne abusò solo negli ultimi anni, per sostenere una virilità vacillante.
Fitto il curriculum militare, che registra il bombardamento di Pola, l’eccezionale impresa aerea dalla Puglia alla base nemica di Cattaro e ritorno, la “Beffa di Buccari” sui mezzi navali veloci e il volo su Vienna, nel 1918. Raggiunta la città senza essere intercettati, i nostri velivoli non lanciarono bombe, come avrebbero potuto, ma volantini tricolori che incitavano la popolazione a sollecitare la resa, davanti a un’Italia ormai superiore.
L’esperienza militare ebbe fine con la spedizione di Fiume. Nel 1919, guidò una legione di fedeli, accorsi da tutti gli angoli del mondo, a occupare manu militari l’area dalmata contesa. Resse per sedici mesi la Reggenza italiana del Carnaro, avventura epica, futurista e modernista, “un caso senza precedenti di immaginazione al potere”, con giovani di destra e di sinistra schierati insieme “contro l’Europa senescente, screditata dalla Grande Guerra”.
Ed ecco quindi il D’Annunzio seduttore, di uomini d’azione oltre che, ovviamente, di donne.
Il personaggio occulta l’uomo, dall’inizio alla fine, senza la minima incrinatura. Non un avventuriero, ma un principe dell’avventura.
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