

L’azzurro dentro
- Autore: Raffaele Messina
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Due edizioni in brevissimo tempo, la prima a gennaio 2024 e la seconda a marzo, per questo romanzo storico, d’amore, di formazione, di vicende collettive ed epocali, anche soggettive e sentimentali. L’azzurro dentro è piaciuto, piace, merita tutta l’attenzione che riceve un’ampia trama positiva, nonostante le ombre del tempo in cui è ambientata, tracciata da Raffaele Messina con evidente passione per la storia che narra e per quella nazionale a cavallo della Seconda Guerra mondiale. Edito da Marlin Editore (collana Vulcano, 272 pagine), è stato proposto quest’anno allo Strega e premiato al Costadamalfilibri.
La casa editrice è nata e pubblica davanti al Tirreno, a Cava. L’autore, siciliano, vive e insegna a Napoli. Dottore di ricerca in italianistica ed esperto di didattica della letteratura, s’impegna nell’editoria scolastica. Sua l’ampia introduzione al volume di Pirandello La notte nuda. Le novelle dello scandalo (Marlin, 2022) e alcuni saggi sugli scrittori partenopei Compagnone, Rea e Prisco. Collabora con “Il Quotidiano del Sud” e la rivista “L’Espresso napoletano”. Ha pubblicato racconti e un primo romanzo storico sulla pittrice rinascimentale Artemisia Gentileschi.
Sostiene che la sua scrittura nasce da “tanta lettura”. Se sono inventati il personaggio Domenico Nastasi e il suo processo “di maturazione affettiva, sociale e politica”, il contesto storico deriva invece da approfondimenti e ricerche. Capri, Napoli, il Sud, le leggi razziali del 1938 contro gli ebrei, la guerra, i bombardamenti devastanti sul porto e dintorni, le Quattro Giornate di Napoli del settembre 1943, la pace, la Repubblica, la democrazia, fino alla strage di Portella della Ginestra, in Sicilia, nel 1947. Fatti che non restano sullo sfondo, ma s’intrecciano con lo sviluppo della vicenda e la caratterizzazione dei personaggi, secondo la migliore tradizione del romanzo storico.
Attento Domenico, mantieniti al coperto sulle barricate di Piazza San Gaetano. Anche se i tedeschi stanno lasciando Napoli sconfitti, ci sono i cecchini sui tetti e ogni colpo vuole vendicare la fine, del fascismo e dei nazisti. E tu, Anita, bada che qualche pilota dei caccia alleati si diverte a mitragliare chiunque si muova in basso, militari e non. Si concede una sola raffica lunga, due binari paralleli di terriccio smosso, ma se anche una sola di quelle pallottole raggiunte il bersaglio, difficilmente lascia scampo.
Pantaloni corti come i capelli, che lasciati crescere sarebbero crespi, Domenico ha 11 anni nel 1938, lo sguardo intelligente di un ragazzino bravo e affidabile. È l’intraprendente capo della banda di via Tiberio, a Capri. Sono sei, ma gli altri cinque non si sono dimostrati alla sua altezza nelle prove di coraggio. Cattura le lucertole con una mossa svelta del filo d’erba legato a cappio. Soprattutto, nessuno gli è stato pari nella sfida al Salto di Tiberio. Lui solo si è sporto al limite del precipizio, sollevandosi sulla punta dei piedi davanti allo strapiombo: 297 metri più in basso, aguzze rocce battute dal mare, nei pressi della Torre del Faro. Ed è lui che li guida nei vicoli, la domenica mattina, a “sfruculiare” le ragazze dopo la Messa delle 9.30, quella più frequentata da bambini e adolescenti. È tutta una corsa ad aggirare il gruppo delle femminucce lungo le altre viuzze, per sbucare davanti a loro e costringerle a scansarsi. Le giovanissime si raggruppano, fingendo indignazione: “Scemi!!”.
E via di nuovo, le une a camminare lentamente, gli altri a percorrere a perdifiato un semicerchio nel dedalo dei vicoletti. “È così che fanno le femmine”, fingono di non voler attaccare bottone e invece non vedono l’ora: a Domenico non sfuggono i rudimenti grossolani di psicologia di massa.
Con apprezzabile freschezza, finanche candore e tanto straordinario dinamismo narrativo - che caratterizza l’intero romanzo - Messina ritorna bambino in queste prime pagine e fa tornare ragazzini/e anche noi. Tutto perché l’undicenne caprese vuol fare colpo sulla più graziosa, quella con i capelli neri a caschetto, la frangetta corta, i lineamenti fini. Una di quarta elementare, Anita Levi. È la sua fidanzata, per quanto lei non lo sappia.
Sapremo che da grande vuole fare la maestra, in una scuola “piena di luce e di fiori, con le altalene, un chiosco di gelati...”
Però è drammaticamente l’anno delle leggi razziali. Il fascismo le ha emanate e il re le ha controfirmate. La famiglia di Anita è di religione israelita, il papà acquaiolo non potrà ottenere il rinnovo della licenza di commercio. Ebreo, è soggetto a discriminazione, da questo momento niente diritti, lavoro e scuola per i figli. La storia fa irruzione presto nel romanzo di Raffaele Messina. L’impero, il consenso per il Duce, la dichiarazione di guerra, i raid feroci dei bombardieri per piegare l’economia e il morale degli Italiani.
Non più bambino, Domenico ha un rapporto conflittuale col padre, maresciallo e comandante della stazione caprese dei Reali Carabinieri. Farebbe il militare come lui, ma il papà gli fa frequentare il ginnasio, lo vede medico. Intanto, il legame con Nanninella è cresciuto, hanno fatto sogni sul futuro, sempre meno infantili, ma i Levi devono lasciare Capri per il campo di lavoro di Tora, nella Campania interna.
Una curiosità nel romanzo è un cameo di Eduardo De Filippo, una partecipazione straordinaria, si direbbe. Domenico, ormai diciannovenne, è interprete per l’Amministrazione d’occupazione alleata e un pomeriggio d’agosto del 1944 vede giungere una jeep al campo Amgot. Scendono un ufficiale e due uomini. Il primo, alto di statura, dinoccolato, sorriso amaro e riflessivo stampato sul volto scarno, gli zigomi sporgenti, è Eduardo De Filippo, commediografo e attore napoletano molto amato. Con lui, il fratello Peppino. Assenti dal 1941, arrivano da Roma con un “carico di successi professionali e di sofferenze private”.

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