L’incanto del pesce luna
- Autore: Ade Zeno
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2020
È il primo romanzo 2020 che mi capita di segnalare. Si intitola L’incanto del pesce luna (Bollati Boringhieri) e lo firma uno scrittore poco più che quarantenne del quale conviene seguire le tracce. Ha un nome che fa pensare a uno pseudonimo - Ade Zeno - e scrive come si deve un romanzo sospeso e borderline: un thriller esistenziale aperto alle coordinate lisergiche di Carroll (Lewis) e Burroughs (Il pasto nudo). Una cupa sinfonia tanatologica che mira a Freud e ai babau dell’universo gotico-fiabesco di Angela Carter.
L’incanto del pesce luna è insomma un romanzo capace al contempo di tenerezza e crudeltà. Una storia che irretisce, e a tratti disturba, tutto tranne che una storia rassicurante: non fa sconti, meno che mai li fa al suo protagonista Gonzalo, ex cerimoniere in una Società per la Cremazione e adesso al soldo dell’antropofaga signorina Marisòl. Senza che se ne faccia scrupoli, ne gestisce i convivi e la pulizia degli ambienti dopo le mattanze. Ha bisogno di soldi (molti soldi) per pagare la clinica dove sua figlia è in coma profondo, ma forse tra conscio e inconscio questa è solo la più comoda delle autoassoluzioni. Sapete gli eroi a-morali della Highsmith coi quali fatichi a identificarti fino in fondo, chissà se per timore che svelino troppo della nostra metà oscura? Bene Gonzalo è un tipo così. Uomo irrisolto, marito abbandonato, padre segnato dalla ,malattia misteriosa di una figlia con cui ha instaurato un dialogo muto, e malgrado ciò si fatica a parteggiare per lui. Quando si dice un anti-eroe fatto e sputato, in lotta con sé stesso al pari di un mondo e di una sorte brutti e cattivi che si merita in pieno.
Soltanto un rapido estratto da questo romanzo: difficile anticipare di più senza rischiare di disperderne il crudo incantamento. Siamo nel bel mezzo del suo climax (pagine 164 e 165) e il faccia a faccia tra il disilluso Gonzago e la decrepita Mariasòl si svolge in questo modo. Sta parlando la vecchia:
Se tua figlia fosse guarita molti anni fa, se a un certo punto avessero trovato una cura, le cose sarebbero andate in modo diverso?
Penso proprio di sì.
Avresti smesso di lavorare per me, ad esempio.
Probabile.
Magari tua moglie sarebbe tornata a casa.
Difficile dirlo.
Avreste ricostruito la vostra vita pezzo dopo pezzo, una nuova esistenza tutta da inventare. E tu ti saresti ingegnato per dimenticare quello che hai fatto.
Quello che ho fatto lo ha fatto per Inès (la figlia, ndr)
Ne sei sicuro?
[…]
Ricordi quello che ti ho detto a proposito della fame, quella malattia che vive dentro di noi e non conosce pace? […] Se a suo tempo ho voluto sceglierti come collaboratore, è perché l’essenza della tua fame mi sembrava identica alla mia. Te lo si leggeva negli occhi che eri come me.
Il resto è speso in bilico tra dialoghi, cambi di soggettiva, e colpi di scena, fino al finale che non posso raccontare. Scopritelo da voi, tenendo a mente che in L’incanto del pesce luna ciò che più conta è forse ciò che non si vede. O forse non si vuole vedere. Di noi stessi.
L'incanto del pesce luna
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’incanto del pesce luna
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