L’onore sopra ogni cosa
- Autore: Kathleen Grissom
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2016
“L’onore sopra ogni cosa” (Neri Pozza, 2016, titolo originale Glory over Everythings, traduzione di Chiara Brovelli) di Kathleen Grissom, seguito del romanzo “Il mondo di Belle” (Neri Pozza, 2013), è una saga appassionante di schiavi in fuga nell’America del 1830.
Marzo 1830. Philadelphia, America.
“Stavo studiando un dipinto in miniatura che sarebbe andato in dono alla mia innamorata”.
Il trentatreenne James Burton, stimato argentiere, “ovale lungo, il naso aquilino”, alto e ben proporzionato, stava osservando il dipinto che lo ritraeva di lato
“evitando di dipingere la benda nera che mi copre l’occhio sinistro”.
L’arrivo inaspettato di Henry aveva messo in allarme James. Erano passati anni dall’ultima volta che lo aveva visto. Burton nascondeva un segreto che se fosse stato svelato proprio adesso che “ero stato bravo a ricavarmi un posto in società”, la sua vita non sarebbe più stata la stessa.
“Quando avevo tredici anni, scoprii che mia madre era una mulatta. Prima di allora, avevo sempre pensato di essere un bianco. Marshall Pyke era il proprietario della piantagione, Tall Oaks, in cui sono nato, ed io non avevo idea che fosse mio padre. Mia nonna mi allevò facendomi credere di essere mia madre”.
Il piccolo Jamie, nato da Belle e Pyke e cresciuto in una grande casa coloniale nel Sud della Virginia, aveva respirato quel disprezzo che gli uomini di razza bianca avevano nei confronti degli uomini e delle donne di colore. Quando il tredicenne aveva scoperto la verità sulla sua nascita, il padre
“mi fece legare e portare giù alle baracche, così che potessi essere venduto come schiavo”.
Tanta era stata la rabbia e la frustrazione del ragazzino che “prima di sparargli, volevo che mi guardasse in faccia”. Jamie, per la prima volta lo aveva chiamato “Padre! Padre!”. E quando Marshall si era voltato, “premetti il grilletto”. A quel punto Jamie era scappato,
“se la gente ti crede un bianco, devi tagliare i legami con tutti i negri che conosci”
e l’unico aiuto lo aveva ricevuto da Henry, che si era preso cura di lui fino a quando Jamie non era andato a lavorare come apprendista argentiere da Mr Burton. Dopo quindici anni Henry era tornato e aveva affidato suo figlio di otto anni Pan, dai risoluti occhi marroni e dalla mente sveglia, a James, “avevo accettato di dargli vitto e alloggio” affinché imparasse a svolgere le faccende domestiche.
Con il tempo James si era affezionato al ragazzino insegnandogli a leggere e a scrivere. Henry era andato a trovare il suo vecchio amico, perché Pan era scomparso. “Il mio Pan! L’hanno preso!”. Il ragazzino era stato rapito al porto dai negrieri per essere poi rivenduto come schiavo nella Carolina del Nord. Henry chiese a James di riportare a casa il figlio. L’argentiere non voleva abbandonare padre e figlio,
“avevo faticato vent’anni per lasciarmi alle spalle il passato e raggiungere una certa sicurezza”.
Nel viaggio che James si apprestava a compiere, avrebbe dovuto affrontare le proprie paure, tornando nei luoghi della sua infanzia “in Virginia avevo la sensazione che tutto mi appartenesse”. Sarebbe riuscito Burton a porre l’onore sopra ogni cosa?
“Amo il genere romanzo storico. Ritengo che un grande scrittore sia colui il quale riesce a trasportare il lettore in un altro mondo”
ha dichiarato Kathleen Grissom in una recente intervista, rivelando inoltre che il personaggio di James era sempre nella sua mente,
“interrompendo la ricerca che stavo compiendo per un altro libro”.
In America, in un periodo in cui la schiavitù era molto diffusa, mentre il movimento abolizionista stava diventando attivo, Kathleen Grissom, con un ritmo narrativo incalzante tesse una trama avvincente e ricca di dettagli storici i cui temi restano sempre attuali. Il dignitoso Henry e l’intelligente figlio Pan, il fedele maggiordomo di James, Robert e la coraggiosa schiava Sukey, chiedono esclusivamente di essere giudicati non in base al colore della propria pelle o a quella dei loro genitori, ma secondo le loro azioni e il loro valore morale.
“Non c’è vergogna in quello che sono. C’è vergogna solo nel modo in cui sono stato concepito, ma è un fardello che non appartiene a me”.
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