La caduta
- Autore: Albert Camus
“La caduta” è un romanzo di Albert Camus scritto nel 1956. Potremmo riassumere la trama in poche e semplici parole: Jean-Baptiste Clamence, brillante e rispettato avvocato di Parigi, decide di abbandonare il suo studio nella capitale francese, di cambiare nome, e di stabilirsi in un ghetto, “o quello che si chiamava così prima che i nostri amici hitleriani vi facessero un po’ di spazio”, di Amsterdam, scegliendo come sede principale del suo nuovo studio un bar nel quartiere dei marinai, il Mexico-City, diventando giudice-penitente.
In realtà la trama è molto più intricata, per cui, attraverso le lucide riflessioni del protagonista, ci viene fornito un profilo psicologico di un’intera società. La narrazione si spiega sulla scia dei pensieri di Jean-Baptiste, il quale si rivolge esclusivamente ad un interlocutore, la cui voce è percepibile solo attraverso le parole del nostro protagonista. Un interminabile monologo, quindi, che si mantiene, dall’inizio alla fine, su toni pacati dal ritmo costante.
Camus ci espone temi importanti e imprescindibili, quali il desiderio di libertà e la capacità di uscire indenni dall’inevitabile giudizio altrui. Come ci sentiremmo se ci rendessimo conto che la nostra esistenza si basa esclusivamente sulla menzogna? Menzogna che scaturisce dalla necessità di apparire perfetti e valorosi agli occhi degli altri? Per cui qualsiasi gesto umanitario, qualsiasi buona azione, sono soltanto frutto della psicotica esigenza di essere acclamati? La presa di coscienza coinciderebbe con la caduta di tutte le proprie certezze.
Camus ci accompagna in queste esperienza dal sapore fortemente aspro, non ponendoci di fronte ad una soluzione, com’è nel suo stile, d’altronde, non si pone come guida, ma ci induce a pensare che la vita, per il solo fatto di esistere, valga la pena di essere vissuta. Egli stesso si è sempre scontrato col giudizio altrui, nello specifico, col giudizio degli intellettuali dell’epoca, che lo consideravano un vile riformista, corrotto dalla borghesia, per non aver mai appoggiato le idee di quel comunismo che lui, profeticamente, riteneva non coincidesse con la vera realizzazione della giustizia sociale. Ritrovarsi ai margini di una società che non rispetta il tuo pensiero, l’emergere della solitudine e dell’estraneità, sono sentimenti comuni che abbracciano l’intera opera di Camus.
“La libertà è un lavoro ingrato, una corsa di resistenza molto solitaria, molto estenuante. Niente spumante, niente amici che levano il bicchiere guardandoti amorevolmente. Solo in un’aula tetra, solo sulla pedana al cospetto dei giudici, e solo a decidere, di fronti a se stessi o al giudizio altrui.”
Una solitudine e un’estraneità, però, che si interrompono nel momento stesso in cui vengono impresse nelle pagine di un libro.
La caduta
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Jean.B.Clemence, avvocato, abbandona Parigi, cambia nome, va ad Amsterdam, scegliendo come sede un bar, il Mexico-City, frequentato da marinai, ai quali con un serrato monologo interiore espone il desiderio di libertà e la capacità di non farsi influenzare dal giudizio altrui, per evitare il quale ci si trincera nella menzogna,(indispensabile per conseguire il successo e il rispetto degli altri) la quale però deve scendere a patti con la coscienza interiore dell'individuo. Ma la presa di coscienza coincide con la CADUTA di tutte le ns. certezze.
Conclusione: la vita vale la pena di essere vissuta. indipendentemente dal giudizio altrui. Significativo l'esempio della presa di coscienza di Gesù che s'immola sulla croce per il rimorso di essere stato l'unico infante a sopravvivere alla strage degli innocenti.