La classe
- Autore: Christina Dalcher
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Nord
- Anno di pubblicazione: 2020
Le teorie “eugenetiche” vengono spesso associate ai tratti più inquietanti e peculiari delle politiche razziali della Germania nazista. In realtà, le origini dell’eugenetica e delle politiche sociali a essa ispirate vanno fatte risalire agli Stati Uniti di inizio Novecento, nel contesto del movimento progressista americano, e sono legate a nomi quali Charles Davenport, fondatore nel 1910 dell’Eugenics Record Office, e il governatore e futuro presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson.
I sostenitori di queste teorie erano convinti che, al pari delle caratteristiche dell’aspetto, come il colore degli occhi e dei capelli, e al pari di malattie trasmesse genericamente, anche la povertà e la criminalità fossero, in una certa misura, caratteri ereditari.
Fu in questo scenario che presero vita progetti di riforma sociale fondati sull’eugenetica: lo Stato avrebbe dovuto applicarla attraverso misure come la sterilizzazione o la segregazione in colonie rurali, grazie alle quali gli individui affetti da patologie non avrebbero potuto diffondere i loro tratti ereditari alle generazioni future. Il fine ultimo era evitare la “degenerazione” della società e “razionalizzare” lo sviluppo demografico, con una sorta di selezione artificiale.
Corsi di eugenetica vennero introdotti nelle scuole di tutti gli Stati Uniti, insieme ai test di intelligenza per la misurazione del “quoziente intellettivo”, considerati un valido strumento per rivelare il substrato genetico ereditario e per dare preziose indicazioni circa la selezione dei futuri genitori.
Iniziative del genere proseguirono ben oltre la Seconda guerra mondiale, giungendo fino agli anni settanta, e furono riprese anche in Canada, in America latina e in Scandinavia.
Tutto questo sembrerebbe fornire materiale interessante per un romanzo ambientato in un passato buio e relativamente lontano, invece, la scrittrice americana Christina Dalcher, già autrice del bestseller Vox, lo ha utilizzato nel suo nuovo romanzo La classe (Editrice Nord, 2020, traduzione di Barbara Ronca) per costruire una realtà immaginaria in cui, in un futuro distopico a noi piuttosto vicino, il concetto di meritocrazia, utilizzato nella scuola al massimo livello, è stato esteso a tutti gli aspetti della società con conseguenze inimmaginabili.
Test standardizzati e somministrati mensilmente – così che nessuno rinunci a migliorarsi o si adagi nei propri risultati – insieme ad assenze e ritardi, determinano il quoziente (Q) di bambini e adulti. Non solo: il
“Quoziente Prenatale offre ad ogni donna le informazioni di cui ha bisogno per prendere decisioni cruciali… prima che sia troppo tardi”.
Gli alunni più brillanti, con un Q maggiore di 9, vengono ammessi nelle impegnative ed esclusive Scuole Argento; gli altri rimangono nelle Scuole Verdi o, nel caso peggiore, vengono allontanati dalle famiglie e portati nelle Scuole Gialle, strutture isolate in contesti rurali dove imparano in modo superficiale le materie di base e la disciplina.
Elena Fischer Fairchild, la protagonista del romanzo, è una donna di successo: la sua è una famiglia della classe medio-alta, insegna in una scuola d’élite, ha un Q altissimo ed è complice di un sistema che lei stessa, insieme al marito Malcolm, ora vicesegretario dell’istruzione, ha contribuito a creare fin dai tempi della scuola superiore. Di quel periodo ricorda di aver condiviso con altri studenti solo i voti altissimi e l’odio per chi era popolare e di bell’aspetto, e di aver proposto l’utilizzo di tessere identificative basate sui voti. Un sistema di valutazione e valorizzazione degli individui che, lungi dal dimostrarsi equo e giusto, si è affermato e si è esteso a tutto il paese, influenzando non solo l’educazione scolastica, ma ogni aspetto della vita di ciascun cittadino – accesso a determinati servizi, a posti di lavoro prestigiosi e a uno stipendio adeguato al proprio status sociale.
Elena ha cominciato ad avere dei dubbi prima della nascita della figlia minore, Freddie: convinta del fatto che l’influenza dell’ambiente conti molto di più della genetica, ha preso la difficile decisione di non fare il test per determinare il Quoziente Prenatale, e ha falsificato il certificato che ha mostrato al marito – “una decisione giusta dopo una serie di decisioni sbagliate”.
Freddie ora ha nove anni e, a differenza della sorella Anne che non ha problemi a mantenere il suo posto in una Scuola Argento, soffre di una forma di ansia che compromette i suoi risultati scolastici.
Così, quando, dopo una verifica andata male, il corriere consegna la tessera gialla che costringerà la figlia a lasciare la famiglia, sotto gli occhi indifferenti del marito che ha una predilezione per la maggiore, Elena non avrà dubbi su ciò che deve fare: andare in Kansas e riportarla indietro.
Pronta a sbagliare clamorosamente ogni singola domanda del suo esame mensile, il suo piano prevede di farsi declassare e, grazie a un documento falsificato, farsi trasferire nella scuola di Freddie, anche se non ha la più pallida idea della situazione in cui si sta cacciando. Perché:
“Forse tutte le madri sono un po’ folli. Forse fa parte del pacchetto quando decidiamo di trasformare i nostri corpi in incubatrici, quando accettiamo di stare sdraiate a gambe aperte e con le viscere torturate dal dolore e spingiamo e spingiamo finché non siamo certe di non poter sopportare nemmeno un’altra spinta, quando rimaniamo sveglie di notte su sedie a dondolo e poltrone reclinabili, e ci angosciamo ogni volta che il nostro cucciolo perde l’appetito, o ha la febbre, o dimagrisce.
Sono stata una pazza a venire quaggiù. Sarei stata ugualmente pazza a rimanere a casa”.
La devozione che Elena scopre di avere verso la figlia è uno degli aspetti migliori della sua personalità, così come il rapporto con i suoi genitori e la nonna, Oma – una donna che l’età ha reso solo apparentemente fragile. Provenienti da una famiglia di immigrati tedeschi, pensavano di essersi lasciati alle spalle quelle esperienze che il marito della figlia sta facendo rivivere loro: nonostante gli sforzi della sua famiglia, Elena ha finito per accettare tutto ciò che essi disprezzano, aprendo la strada alla rinascita dell’eugenetica americana.
La protagonista è un personaggio complesso, pieno di contraddizioni, in cui non sarà difficile immedesimarsi, e che l’autrice “costruisce” lentamente, fino, praticamente, all’ultima pagina. Attraverso capitoli dedicati al “Prima”, conosciamo il passato di Elena, le umiliazioni subite e inferte a scuola, le scelte sentimentali e professionali che ha fatto, il rapporto con il marito – uno dei personaggi più odiosi – e l’orrore che sta vivendo.
Ciò ci rende consapevoli di come sia possibile lasciare che i pregiudizi e il timore di non corrispondere ad alcuni modelli di perfezione cambino il nostro modo di vedere e di accettare i lenti e insidiosi cambiamenti nella nostra vita e, più in generale, nella società.
La classe è senza dubbio una lettura emotivamente forte, sia per i temi trattati, sia per la suspense che Christina Dalcher riesce a creare, in un clima di controllo e sottomissione totale, apparentemente senza via d’uscita, in cui la protagonista deve muoversi.
Gli eventi storici cui si fa riferimento sono reali e, come già sottolineato, si riferiscono al movimento eugenetico americano che molti non conoscono, hanno cancellato o sembrano considerare qualcosa che è accaduto “altrove” e in un tempo passato.
Eppure – sembra ammonirci l’autrice – ecco che cosa può accadere quando cancelliamo la nostra umanità più profonda e dimentichiamo la nostra stessa storia.
La classe
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Il sogno dell’umanità perfetta, senza sbavature né cedimenti: solo al sentirne parlare dovremmo percepire un brivido lungo la schiena, non è vero? Siamo perfettamente al corrente di quello che una simile concezione ha significato in tempi non tanto lontani. Eppure, abbassare la guardia sarebbe un errore fatale: solo la memoria di quello che è stato potrà salvarci da quello che potrebbe nuovamente succedere, non solo in chi ci circonda, ma perfino dentro noi stessi.
E’ quello che sta sperimentando Elena, la protagonista di questo romanzo ambientato in un futuro ipotetico, negli Stati Uniti. Il Paese è diventato una società basata sui risultati di test periodici atti a misurare il famigerato Q, il quoziente intellettivo di allievi e professori: è solo dai risultati di tali test che viene definito se uno studente è idoneo a rimanere in una prestigiosa Scuola Argento, o deve essere spostato a una Scuola Verde, o, nella peggiore delle ipotesi, trasferito in una di quelle misteriose Scuole Gialle lontane da tutto e tutti, di cui si parla tanto ma che nessuno, o quasi, ha mai visto. Elena non teme per Anne, la sua figlia maggiore, ma piuttosto per la minore Frederica, detta Freddie, che soffre di ansia malgrado i suoi risultati scolastici siano ottimi. Il segreto di Elena è che il test prenatale di Frederica, che avrebbe dovuto definire il suo Q e dichiararla idonea o inidonea alla nascita, non è stato mai eseguito: Elena ha semplicemente prodotto un certificato falso.
Malcom, il marito di Elena, è un mostro. Di più: è lui l’ideatore di questo sistema malato, che divide gli scolari in classi (non solo classi scolastiche propriamente dette, ma vere e proprie classi di appartenenza), lega la loro vita a una tesserina colorata e persegue la “purezza” del genere umano. Braccio destro della Dottoressa Madeleine Sinclair, artefice della Campagna Famiglie Migliori, Malcom è un essere spietato e pronto a calpestare la propria stessa famiglia pur di perseguire i propri assurdi ideali. Elena lo odia e non desidererebbe altro che poter divorziare, ma è costretta ad assecondarlo per paura che lui le tolga le figlie. Ma il suo senso di colpa non dipende solo dall’essere la moglie di un individuo repellente, bensì dalla consapevolezza che il sistema da lui ideato ha visto anche il contributo di lei. Tutto è nato durante gli anni dell’università, quando i discorsi di Elena e del suo allora fidanzato non erano molto di più di uno sfogo contro quei compagni, molto meno brillanti di loro negli studi, che li bullizzavano. Col tempo, quello che per Elena era un ingenuo prodotto della rabbia è diventato, nelle mani di Malcom, un nuovo totalitarismo. Elena prova vergogna e rabbia per Malcom, ma anche e soprattutto per sé stessa.
Un giorno, però, iniziano a succedere cose strane; ragazze che, fino a pochi giorni prima, avevano valutazioni eccellenti, di colpo sbagliano una verifica e vengono destinate a una Scuola Gialla: fra di loro c’è Frederica. Elena non ha nessuna intenzione di lasciare sola la figlia, e, spronata anche dai racconti della nonna, che ha vissuto sulla propria pelle il nazismo, percepisce che il suo sacrificio è l’unica cosa che può riscattare il suo passato e salvare il futuro di Freddie e dei ragazzi come lei.
Una narrazione che parte in quarta e procede in un vorticoso crescendo di tensione emotiva verso il finale, senza lasciare tregua al lettore se non dopo l’ultimo paragrafo. Il libro si chiude sulle nostre domande: quello che la Dalcher descrive potrebbe succedere, in futuro? O forse sta già succedendo? E, soprattutto, qual è la linea di demarcazione fra uno sfogo, un’autodifesa, e una prevaricazione?