La famiglia del piano di sopra di Lisa Jewell

Come mi sono divertita a leggere il romanzo noir La famiglia del piano di sopra (Neri Pozza, 2021, trad. A. Biavasco e V. Guani) di Lisa Jewell, che scrive di una casa londinese, un tempo magnifica, che ha un indirizzo preciso: 16 Cheyne Walk, SW3, Chelsea, con vista sul Tamigi. Lì, nel corso degli anni, a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, aveva abitato la facoltosa famiglia di Henry Lamb: sua moglie, la bellissima Martina, anglotedesca, e i loro due figli, Henry jr e Lucy.

Il ragazzino magro e sensibile è il narratore della lugubre storia che occupa molti decenni e che viene raccontata da diversi dei personaggi che fecero parte di quella tragica vicenda nella quale molti persero la vita in maniera alquanto misteriosa e mai del tutto chiarita. Infatti la polizia fu chiamata quando la casa, che appariva disabitata, fu aperta in seguito a una telefonata anonima per rinvenire uno spettacolo raccapricciante: Martina e Henry Lamb, il loro amico e convivente David Thomsen erano morti, suicidi, vestiti con insolite tuniche nere. Nella casa, che era stata ricca e molto elegantemente arredata, non c’era più nulla, tranne, in una stanza al piano superiore, una culla bianca, dentro cui una bimba sana e ben curata, di circa un anno, dormiva placidamente. Con lei uno strano amuleto, una zampa di coniglio, e un biglietto con il suo nome e la raccomandazione di affidarla a una famiglia degna.

Malgrado le indagini portate avanti dalla polizia non c’era stato modo di capire la dinamica dello strano suicidio, il mistero di gente un tempo ricca e famosa, ma da anni scomparsa del jet set londinese e da ogni forma di presenza sociale: i figli non erano iscritti a scuola, nessuno dei vicini aveva saputo fornire spiegazioni al mistero sinistro che aleggiava in quella casa un tempo allegra e popolata.

La giovane Libby Jones, venticinquenne impiegata in un elegante showroom di cucine, viene convocata da un grande studio legale della city: è lei l’ereditiera della casa, è lei che al compimento degli anni, appunto venticinque, eredita una casa che vale milioni di sterline. Lei è proprio Serenity, la bimba abbandonata, che non sa nulla della sua famiglia e di quanto è successo nella casa del mistero. Sbigottita, frastornata, Libby contatta un giornalista che si era appassionato al caso del rinvenimento dei cadaveri: dove erano finiti i due figli della coppia? Che era il terzo morto? Cosa era davvero successo nei lunghi anni di latitanza da ogni notizia a riguardo?
Libby accetta di farsi aiutare da Miller Roe, incuriosito quanto lei dal tenebroso mistero della casa che si rivelerà una vera casa degli orrori.

Non si può raccontare di più di questa trama affascinante, che trascina il lettore in una dedalo di strade che porteranno solo nelle ultime pagine rivelatrici a comprendere cosa era stato possibile fare nella civilissima città di Londra solo negli anni Novanta.
Una narrazione avvincente, uno spaccato di società che ci porta dalla Costa Azzurra al centro di Londra, in un ambiente claustrofobico, dove si dipanano radicalismi e false ideologie, mescolati con la fatuità e la frivolezza di chi ingenuamente cade in trappole banali eppure sconcertanti: promiscuità sessuale che negli anni degli hippy sembravano normali, acidi, diete vegane, scelte di povertà monacale, estremismi mal digeriti che, nel caso del romanzo della Jewell, portano alla totale distruzione di vari nuclei familiari. La narrazione è implacabile e non risparmia nulla al lettore, che viene catturato dal buco nero in cui i vari personaggi, adulti, adolescenti e bambini, vengono trascinati. Il semilieto finale risarcisce delle vicende estreme che avevano segnato la parte più sconcertante della storia, scritta con enorme abilità narrativa dall’autrice, che tiene i fili della storia sempre in equilibrio, rendendo credibile la pur incredibile vicenda.