La lavadora
- Autore: Jerry Calà e Gino Capone
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Jerry Calà, proprio lui, il simpatico comico e fantasista, uno dei Gatti di Vicolo Miracoli. Che sorpresa trovarlo firma di un romanzo, La lavadora (Bibliotheka Edizioni, ottobre 2024, 224 pagine), a quattro mani con un autore di cinema, Gino Capone. Un lavoro brillante, ma di contenuti tutt’altro che frivoli, divertente e malinconico secondo la presentazione della giovane casa editrice romana, attiva dal 2015, che lo ha riedito nella collana Narrative.
Confesso che mi era sfuggita del tutto la prima edizione, nell’ottobre 2021, in coda alla fase più acuta della pandemia da covid. Per la coppia di coautori, la stesura della storia è venuta naturale - a fagiolo, facendo il verso al sempre spiritoso Jerry - durante il lockdown e dintorni, complice la masseria di Gino nel Salento, decentrata rispetto agli epicentri del virus.
Saccheggiando le presentazioni di allora, possiamo anticipare che la trama propone le avventure di due amici italiani, che a Cuba vogliono convertire in discoteca una fabbrica abbandonata. Il progetto si complica, perché uno dei due resta incantato romanticamente (cade in amore, da to fall in love, dicono bene gli americani) da una ragazza con gli occhi scuri irresistibili, come quella ripresa sulla copertina rinnovata del romanzo, tanto più efficace della prima edizione, con una vecchia auto americana di quelle che girano ancora per la grande isola caraibica dei Castro.
Fatti e personaggi sono immaginari, al contrario della realtà sociale e dell’ambiente naturale e sociale che li ha ispirati, della gente povera ma bella, che rispetto all’Occidente ha davvero tanto poco eppure vive serena, fiduciosa in quello che verrà. Somigliano agli italiani dei primi anni Cinquanta del secolo scorso.
Un paio di precisazioni, intanto. L’epoca in cui si svolgono le vicende non è contemporanea; torniamo agli anni Novanta, quando la “Isla Bonita”, già impoverita dal lungo embargo al quale la sottoponevano gli Stati Uniti, era ulteriormente depauperata dall’indifferenza sopravvenuta della Russia, non più Sovietica e disinteressata a sostenere uno strumento antiamericano ormai inutile. Un “periodo especial en tempos de paz”, la definizione del regime per indorare la pillola del momento peggiore nella storia di Cuba dalla rivoluzione del 1956. In più, nonostante il bel volto in copertina, per “lavadora” non s’intende una lavandaia in carne, ossa e magari rotondità, ma una semplice lavatrice elettrica, l’elettrodomestico dei sogni per le isolane.
Non è però da Fulvio e Dino che parte il romanzo; i due quarantenni si mostrano più avanti, prima si possono ammirare giovani bellezze, armoniose, sane, a migliaia di chilometri da Bologna. Sono vere naiadi pagane, in quel paradiso terrestre che è la spiaggia di Cayo Alegre, piccolissimo villaggio di pescatori in una piccola isola. È da questo luogo d’incanto che due ragazze muovono verso la capitale. Amanda è di colore, Juanita creola, mezzosangue; la prima vive all’Avana, l’altra le ha chiesto di tornarci insieme, attratta dal magnetismo di una vita miticamente diversa.
Non vede l’ora di buttarsi “nella mischia”, di passeggiare sul Malecón, il lungomare di otto chilometri a settentrione, palcoscenico dove va in scena ogni sera la più antica commedia di tutti i tempi, interpretata dalle cubane e dagli stranieri. Da una parte “las chicas” del Malecón, giovanissime, d’ogni tinta, allegre, spensierate, bellissime, con un corpo statuario e una gran voglia di mangiare qualcosa di diverso dal riso, fagioli o platano fritto, di ballare nei locali. Si divertono e rimediano qualche regalino, un profumo, un vestito, una borsa, magari qualche dollaro per comprare articoli che non si trovano nelle “tiendas”, dove si paga con i pesos, ma nei negozi dove accettano solo valuta estera. Le chiamano “jineteras”, cavallerizze. Molte lavorano, ma la paga di un mese non basterebbe ad avere quello che possono farsi dare in una sola sera.
Aspirano ad accompagnarsi con loro gli “Yuma”, turisti stranieri per lo più europei. Maschi di tutte le età, in prevalenza attempati, in fuga da esistenze senza stimoli e da matrimoni usurati. Yuma sono anche il bolognese Fulvio, un quarantenne farfallone e superficiale - eterno Peter Pan per gli autori - e il coetaneo Dino, single, belloccio, proprietario di una discoteca a Gabicce mare, che vive a Bologna ma è milanese d’origine. Hanno costituito una società e raggiungono Cuba per aprire una discoteca all’Avana, ristrutturando una vecchia fabbrica statale. All’affare collabora Leo, un romano che da anni fa da intermediario con le autorità cubane.
Il romanzo va, procede con una storia d’amore quasi infantile per quanto è sincera, una storia anche di sesso, ma dabbene. È soprattutto il racconto di un modo di vivere semplice, di cose normali alle quali dare importanza con naturalezza. Una semplicità, una normalità, che in Italia abbiamo dimenticato e non da oggi.
Alla fine, fuori gli autori, per un applauso meritato.
Jerry Calà, nato a Catania nel 1951, Calogero all’anagrafe (“Capittooo!!”), attore, regista, comico, cabarettista e sceneggiatore, fu lanciato dal cabaret a Verona e poi a Milano, con il gruppo “I Gatti di Vicolo Miracoli”. Nel cinema ha interpretato commedie di successo ed esordito alla regia nel 1995. È al secondo libro, dopo l’autobiografia del 2016.
Gino Capone, soggettista e scrittore di origini brindisine (Oria), vive e lavora a Roma. Ha sceneggiato numerosi film, polizieschi e commedie all’italiana, dal 1967, passando poi a pellicole di maggiore impegno (Chabrol, Lizzani, Giovanni Soldati). Il sodalizio e le sceneggiature per Jerry risalgono alla metà degli anni ’90, da "Chicken Park" nel 1995 a "Torno a vivere da solo" del 2008, sequel di "Vado a vivere da solo", film di culto del 1982 di Marco Risi.
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