La luce nera della paura
- Autore: Massimo Rossi
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Ovunque voi siate, qualunque esperienza abbiate fatto e lettura sia stata vostra - specie thriller - non avete mai conosciuto uno come il commissario Rollo Weber. Ha preso servizio solo da un mese nella Questura di Bolzano, ma non ha seguito nemmeno un caso, prima di affrontare quelli raccontati da Massimo Rossi nel poliziesco La luce nera della paura. Pubblicato nel 2015 dalla casa editrice napoletana Scrittura & Scritture (collana “Catrame Noir”, 312 pagine), è il secondo titolo del romanziere veneto con studi d’ingegneria meccanica e la passione per come funzionano le cose. Ha debuttato nel 2012 con un primo crime, L’ombra del bosco scarno e nel 2018 è apparso Dacci oggi il nostro male quotidiano, sempre per le edizioni partenopee.
Si può stare certi che un altro come Weber non c’è in giro tra i noir, a tutto merito della cifra narrativa di Rossi, calciatore di strada mancato con la fissa di smontare orologi fermi, tanta curiosità per la fotografia e la tendenza, buon per lui, a completare i progetti che si prefigge, tanto più quando gli rubano tempo libero e sonno.
Non è Rollo a scansare il lavoro, è che nell’Alto Adige scarseggia la materia prima. Sono mancati del tutto casi di nera, anche se non sarà per molto: glielo fa pensare la familiarità con la statistica, che lo porta a tenere costantemente aggiornati i suoi grafici F.R.O.: furti, rapine, omicidi. Interpreta i dati, traccia linee di tendenza, ricava le curve, anticipa scenari ed è sicuro che di lì a poco qualcosa di brutto succederà anche a Bolzano e impegnerà la sua perizia investigativa. La statistica criminale è una disciplina di cui non mette al corrente nessuno: sai che risate i poliziotti, se sapessero che il nuovo commissario sviluppa tabulati sui reati ed è sicuro che si possano prevenire, sebbene solo fino a un certo punto. Con una precisione piuttosto approssimativa, proprio come i terremoti: prima o poi torneranno a verificarsi.
Ha compiuto da poco 40 anni e nella descrizione proposta da Rossi salta subito agli occhi la fobia per la sua stessa immagine. Cerca di specchiarsi il meno possibile, per non riscontrare la quantità di difetti, tanti da elidersi magari a vicenda, ma solo per esporlo al rischio di apparire insignificante. Effettivamente non si può dire bello e non sembra nemmeno intelligente, per il mento piuttosto pronunciato, a danno di una capacità mentale al di sopra della media. Il quoziente intellettivo 160 al test di Cattell gli dà il diritto di accedere al Mensa, club esclusivo dei geni mondiali.
Se le insospettabili qualità intellettive gli consentono di esercitare al meglio il suo mestiere, la fisionomia poco attraente nega chance con le donne, che invece lo attraggono tanto. È quasi una malattia: passa ore a scrivere versi per ragazze incrociate per strada e fantastica su ogni semplice sorriso di cortesia. Un minimo di successo col gentil sesso l’avrebbe pure, il caratteristico stare al mondo con aria disincantata attira la curiosità femminile, ma viene cancellata dall’immaturità con cui tratta le partner, che non perdono tempo a salutarlo, smentendo la sua convinzione che le donne sono predisposte geneticamente alle pene d’amore. Chi detiene primati di abbandono sentimentale in pochi mesi è proprio lui.
Insomma, nella vita del commissario Rollo Weber si fa strada una chiarezza: le cose non vanno mai come le apparenze potrebbero far pensare. Ha maturato la tendenza al dubbio e per ottenere il massimo dalle sue doti intellettive superiori ha imparato a cacciarsi per intero, fisicamente, con tutto se stesso, sui luoghi dove accade qualcosa di insolito. “Un perfetto ficcanaso”, scrive l’autore.
È pur vero che per ficcanasare qualcosa prima deve pure accadere e finora non è accaduto, a Bolzano. Ma i grafici non mentono, specie quelli della sezione 0. Da qualche parte, qualcuno sta preparando un bell’omicidio.
In effetti, entra in scena la psicologa Helena, col suo scheletro nell’armadio, il suicidio di un adolescente. Il nonno l’accusava di non aver colto la gravità del malessere, nei due incontri di terapia dopo la morte del padre del giovane per un tumore al cervello. Gliel’aveva rinfacciato, prima di spianarle contro una pistola. Ma l’addestramento in Polizia di Elena, in una breve esperienza professionale precedente, le aveva consentito di sventare il pericolo, sebbene un foro di pallottola sulla parete dietro il tavolo stia a ricordarle il pericolo corso.
È a lei che si rivolge Christine. Amica d’infanzia, ingegnere specializzata in nanotecnologie, le chiede di prendere in terapia il figlioletto Pietro, scosso dalla morte del papà, manager di un’azienda bolzanina leader nella produzione di robottini tecnologici da cucina. Lei l’aveva cacciato di casa per un presunto tradimento ed era tornato dai suoi a Burano. Si apprende anche che il padre della donna, alto funzionario NATO a Mons, viene sottoposto a protezione speciale per un’infiltrazione che mette a rischio dei segreti.
A Bolzano, perde la vita in un incidente d’auto in montagna anche il nuovo compagno di Christine, direttore generale dell’ente di ricerca in nanotecnologie presso il quale la vedova è occupata. Si intravedono tre uomini incappucciati. Lavoro per Rollo Weber, finalmente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La luce nera della paura
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