La memoria dell’acqua
- Autore: Francesca Caprioli
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Tunué
- Anno di pubblicazione: 2017
Difficile dare un’identità di genere letterario a "La memoria dell’acqua", questa piccola raccolta di racconti, poesie, spunti di riflessione su temi esistenziali ed universali che passano attraverso le vite di tutti noi e che Francesca Caprioli ha collazionato in questo volumetto che già nelle due parole del titolo, memoria e acqua, allude a molti dei temi che vengono sviluppati in forma di racconto.
La stessa autrice dichiara che quei testi sono nati per essere detti, recitati ad alta voce, un po’ come Petrarca, che si rivolgeva ai suoi ascoltatori, prima che ai lettori posteri... "Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono"… Forse il paragone con il grande poeta d’amore è un po’ azzardato, ma Francesca Caprioli ha molto letto, molto studiato, è da sempre appassionata lettrice di poeti classici e moderni, e questa eco si avverte nelle pagine dei suoi scritti, nell’uso continuo delle figure retoriche, anafore, allitterazioni, ridondanze.
Soprattutto nella sonorità conferita alle parole, scelte con cura, con una ricerca quasi ossessiva dell’aggettivo giusto, del termine esatto, della locuzione corretta per esprimere le sfaccettature emotive che l’autrice vuole imprimere ai suoi lavori. Una sonorità che è possibile rintracciare anche e soprattutto in quelle parti più poetiche, più liriche, che intervallano i racconti in prosa, alla quale va certamente la mia preferenza, per una questione meramente personale: è sulla narrativa che so esprimermi meglio, e su quella voglio soffermarmi con più attenzione. I temi che Francesca sembra avere più affini alla sua profonda sensibilità sono l’amore, in tutte le sue diverse declinazioni, la morte, vista come passaggio ineludibile e molto presente nella fantasia della pur giovane autrice, e la memoria, personale e collettiva, familiare e storica.
La storia tenerissima di Michele, un bambino ammalato di leucemia, in un corridoio d’ospedale frequentato per assistere una ragazza amatissima e troppo presto scomparsa, dove domina una parola chiave: bianco, come i globuli troppo numerosi, come la luce abbagliante, Leukos… Come un aquilone che si libra nel cielo bianco, come è bianca la condensa sul vetro dove le piccole mani del bambino scrivono un augurio che riempie il cuore. E ancora due amanti separati dal muro di Berlino, l’assurda divisione che ha lacerato l’Europa in anni difficili, e solo la musica del violino suonato da Helga può ricongiungerla al suo amato, chissà per quanto a lungo ancora. E ancora la separazione, questa volta è l’oceano che separa Chicago, dove Anita è rimasta con le figlie, mentre Guido è tornato in Italia per curare il piccolo Paolino; siamo nel 1936, si respira un’aria pesante, non si sa quando e se Guido potrà tornare; il grido di sofferenza e di amore totale è tuttavia il segno distintivo di questa piccola donna coraggiosa che non ha che parole affidate ad una lettera:
Tua Anita, senza dolore ma con tutto l’amore che posso.
Ed infine il racconto che ritengo letterariamente il più maturo, dal titolo ”Duemani”, scritto nel 2010. Attraverso le mani delle due nonne Francesca Caprioli riassume il senso di due vite diverse, “distanti, inconciliabili”, ma radice della vita e della sensibilità che le hanno consegnato due preziose eredità, due mondi ugualmente importanti, due modi opposti ma solidi e validi di affrontare la vita adulta; attraverso le carezze, l’affetto, la testimonianza le mani sono diventate il simbolo dell’accoglienza della diversità, e della possibilità di raccogliere esperienze, ringraziare per i doni ricevuti, conciliare gli opposti.
Se l’autrice vorrà, come ci si augura, proseguire il suo cammino nella difficile disciplina della scrittura, credo debba imparare ad asciugare la sua debordante sensibilità, che la porta, in alcune pagine, ad eccedere nell’uso di una lingua che potrebbe essere più essenziale, e quindi più incisiva. Resta comunque in chi legge una sorta di commozione per la genuinità dei sentimenti, per l’entusiasmo con cui affronta temi difficili, la malattia, il suicidio, la morte, tutti permeati però da un grande amore per la natura, per le stagioni che trascorrono, per il miracolo della maternità, per la magia degli incontri, per la conoscenza, la cultura, l’amicizia, la creatività. Nel caos che la vita rappresenta, il tentativo di Francesca sembra essere quello di ricercare la simmetria, come ameremmo fare tutti noi, anche più adulti di lei.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La memoria dell’acqua
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