La pietra lunare
- Autore: Tommaso Landolfi
- Genere: Fantascienza
La pietra lunare, romanzo a metà strada tra il fantastico e il surreale, pubblicato nel 1939, narra la singolare avventura di Giovancarlo, che, tornato al paese natale per le vacanze estive, incontra una strana ma sensuale ragazza di nome Gurù, che in alcune notti dell’anno si trasforma in capra (è una capra-mannara, come tiene a precisare il narratore). La relazione tra i due si trasforma in un’intensa storia d’amore, che svelerà agli occhi del giovane l’altra faccia del reale, quella che si nasconde dietro l’apparenza delle cose. Durante un memorabile sabba notturno in una radura nel bosco, egli avrà modo di assistere alla trasformazione della ragazza e di conoscere personaggi spettrali e mitici, usciti dal mondo onirico dell’inconscio.
Le bizzarrie fantastiche di Landolfi possono essere associate alla dimensione del “fantastico quotidiano”, secondo la definizione di Calvino, poiché non portano ad un altro mondo, ma sono il risultato della quotidianità, esprimendone il risvolto magico. Dietro l’apparente razionalità del nostro mondo, specie quello bieco della provincia addormentata, si nasconde un lato misterioso e spesso ineffabile. É così possibile cogliere il significato del sottotitolo del romanzo, “Scene della vita di provincia”, un sottotitolo realistico, che vuole mostrare il rapporto stretto tra realtà e fantastico.
Secondo Landolfi, l’assurdo è “il regolare stravolgimento della normalità”, perché in esso si combinano due elementi contrari: il quotidiano svolgersi della vita e un mondo “altro”, che emerge dal primo senza alcuna apparente frattura. Come evidenziato dal critico Russi, tre sono le componenti del fantastico landolfiano:
- il retaggio dei racconti popolari e dei miti contadini,
- la corrente del c.d. realismo magico,
- l’influenza del pensiero freudiano.
Interessantissima appare la postilla dell’opera, un immaginario “Giudizio del Sig. Giacomo Leopardi sulla presente opera”. È qui contenuta la summa del pensiero landolfiano:
“un uomo tanto meno sarà grande quanto più sarà dominato dalla ragione; tutti quelli che possono esser grandi nella poesia e nelle lettere devono esser dominati dalle illusioni. (...) Mentre l’uomo si allontana da quella puerizia in cui tutto è singolare e meraviglioso, in cui l’immaginazione sembra non abbia confini, allora l’uomo perde la capacità di esser sedotto, diventa artificioso, cade tra le branchie della ragione che gli va a ricercare tutti i segreti della realtà. Ma questo senno e questa esperienza sono la morte della poesia”.
La metamorfosi è l’altro grande tema del romanzo, la metafora più nitida per esprimere il trasformarsi continuo della realtà nell’irrealtà ad essa sottesa. Non è solo Gurù a cambiare (da donna a capra-mannara), ma è lo stesso Giovancarlo che muta profondamente visione del mondo, sino ad aderire intimamente alla profonda e volubile realtà della vita e delle cose.
La pietra lunare. Scena della vita di provincia
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