La vita felice
- Autore: Elena Varvello
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2016
Che succede a una madre che ama disperatamente un marito che compie crimini inenarrabili? Si chiude nel silenzio, rimpiange l’amore fisico e quello quotidiano, ma si sente in colpa.
La colpa del marito inizia con un licenziamento repentino, che gli guasta il cervello, che gli rende le giornate piene di nulla, fino a scavare in dimenticate zone di malvagità.
Il padre di Elia, sedici anni, non è più lo stesso, gli chiede come va a scuola, come va con le ragazze, ma è lontano, scostante, avvilito; non è più lui a portare i soldi a casa e quindi deve trovare un’idea affinché la sua vita tormentosa torni ad essere produttiva.
Elia racconta questi fatti, quando di anni ne ha quarantasei, trenta gli sono serviti per perdonare un padre malato, che annientava speranze di vita negli altri.
Il padre di Elia comprò un furgone per portare merci da vendere, per sfangare di nuovo, perché gli uomini o erano produttivi o non erano niente (ora i sociologi del lavoro ci spiegano quanto è bella la vita oziosa, ma la gente continua disperatamente a cercare un’occupazione).
Una sera d’estate, mentre Elia ha una relazione con la madre del suo migliore amico, il padre rapisce una ragazza e la porta nei boschi, le mani tenute ferme dal fil di ferro. Da padre e marito a mostro.
Ora si direbbe che Elia avesse bisogno di una figura materna diversa, frequentando la trentaseienne Anna; a quei tempi era solo uno scandalo che si associava alle malefatte paterne.
Intanto la madre lavora, stira le camice del marito, memore che c’è stato un tempo in cui la loro vita era felice.
Scrittura densa ed esatta, quello di Elena Varvello, asciutta come sale, in “La vita felice”, questo breve romanzo pieno di speranze perdute che, senza soffermarsi sulle sfumature, si può leggere anche solo come thriller, perdendo molto della costruzione letteraria.
La vita felice
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Vorrei solo aggiungere alcune mie impressioni su questo romanzo che ho amato profondamente.
Ritengo che il licenziamento del padre del protagonista, quindi il suo desiderio di tornare ad essere produttivo, abbia portato alla luce la malattia mentale da cui è affetto e sia stata poi la molla scatenante del suo agire e del suo perdersi in un baratro oscuro.
Ma dopo tanto "buio" la domanda che pone l’autrice è: si può avere una vita felice, nonostante tutto?
E la risposta è sì, purchè impariamo ad accettare il presente e ad affrontarlo, purchè siamo in grado di perdonare noi stessi e in questo modo di amare e perdonare chi ci è vicino, perchè in fondo "siamo solo persone".