La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin
- Autore: Enrico Ianniello
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2015
Tra la fiaba, il romanzo picaresco e quello di formazione, “La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin” (Feltrinelli) è la prima opera di Enrico Ianniello. E’ un romanzo tenero e commovente, scritto, in buona parte, con espressioni dialettali ma, proprio per questo, più efficaci. Per le caratteristiche insolite d’una narrazione nonché per la limpidezza che traspare dai personaggi, il libro ha meritato il Premio Campiello Opera Prima 2015.
La storia narra di Isidoro Raggiola, un bambino che, appena nato, mostra caratteristiche particolari: al primo vagito e al primo pianto unisce un fischio poiché la natura lo ha dotato d’una particolare conformazione delle corde vocali che gli rendono più facile fischiare che parlare o, almeno, gli consentono di esprimersi in ambedue i modi, creando così “l’urlafischio”, un misto delle due vocalità, molto simile al verso degli uccelli.
Il primo e vero amico volatile di Isidoro è Alì: i due comunicano e ... “Sì” anzi “Tiuuiì!” creano una sorta di vocabolario assai semplice ma, proprio per questo, adatto a chi ha un animo sincero e pulito. Isidoro cresce in una famiglia speciale: i suoi genitori, un po’ differenti dalla massa comune, gli comunicano tanto amore e lo avvicinano a valori semplici ma profondi. Il padre Quirino, sindacalista, è solito conservare oggetti e pensieri nelle scatole d’Idrolitina, quella sostanza frizzantina che lui usa in modo assai bizzarro, e scrivere lettere a persone care o che egli stima . Sono missive, come quella indirizzata al presidente Pertini (siamo negli anni Ottanta) che lui pensa non giungeranno mai a destinazione ma che invece per un destino imprevisto verranno in parte lette dai destinatari. La mamma di Isidoro porta un nome che, agli occhi di papà e del suo piccolo, la rappresenta. E’ Stella Dimare e, come tale, bella e dal luminoso sorriso. Ogni giorno prepara pasta d’ogni tipo per molti acquirenti della zona e con quelle delizie nutre anche il marito e Isidoro che rimane però magro magro tanto da meritarsi il soprannome di “Pocapanza”. Altri personaggi arricchiscono la storia: c’è Canzone, musicista che inizia, con il piccolo protagonista, una serie di concerti a strumento e urlafischio, poi Renò, un francese assai particolare. E’ lui a dare al piccolo protagonista il nome di Sifflotin, traendolo dalla propria lingua in cui siffloter è fischiare. Tante sono le perle di saggezza che i genitori donano al figlio ma la frase pronunciata dalla mamma “Sparte e capisce" (separa e capisci) sarà quella più rilevante.
“Quello fu il più grande Sparte e Capisci della mia vita; tutto si spartette, tutto si separò davanti ai miei occhi e questa separazione sembrava fatta apposta per farmi capire, farmi vedere come è fatta la vita veramente: le pietre si separavano dalla malta e i mattoni dal cemento per farmi capire come sono fatti dentro i muri della casa, la terra si apriva per farmi capire quello che ci stava sotto ai miei piedi tutti i giorni …le persone si erano separate per insegnarmi com’è fatto il dolore di due che sono costretti a lasciarsi per sempre.”
Quell’evento, il terremoto dell’Irpinia, terra natia d’Isidoro, è disastroso per tutti ma ancor più per lui che, ancor bambino perde, in pochi minuti casa e genitori. Attonito, dilaniato dal dolore, reagisce nel modo che più gli è naturale: non parla più. Il forte sussulto della terra ha spazzato via il suo mondo e anche la sua voce. Per Isidoro ha inizio una nuova vita, popolata da persone che si prendono cura di lui ma che non possono certo voler bene come mamma e papà. Il bambino ha, però, ancora un modo per comunicare: riesce ad esprimersi con l’urlafischio, linguaggio quasi sconosciuto agli umani o, almeno, solo in parte capito da chi è più sensibile. Isidoro vive per alcuni anni, con altri ragazzi rimasti orfani, in una struttura e poi si trasferisce a Napoli a casa di Enzo, un cieco che decide di prenderlo con sé. Ancora una volta la vita metterà alla prova il protagonista, non più bambino bensì ragazzo ma questi farà tesoro di ciò che gli era stato insegnato: sarà “tristelìce” (triste e felice) parola coniata da mamma e papà che sapevano inventare nuovi vocaboli spesso efficaci nei momenti particolari della vita.
La narrazione non ha nulla di scontato, è ricca di saggezza popolare e racconta la vita nelle sue peculiarità. Enrico Ianniello, che tutti conosciamo come attore, diviene ora scrittore portando nel libro quel contenuto espressivo che gli ha fatto fare strada sul grande schermo, arricchendo il racconto di momenti tra il fiabesco e il realistico, il tutto narrato un po’ in dialetto, in lingua e con singolari onomatopee.
La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin
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