Le nostre perdute foreste
- Autore: Chiara Mezzalama
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2023
Leggere e rileggere le parole che Chiara Mezzalama affida al suo libro che ha intitolato Le nostre perdute foreste , è un viaggio doloroso nell’abisso del lutto, della perdita, della desolazione causata da una morte improvvisa, inattesa, “bastarda”.
Scritto in francese e poi tradotto in italiano per E/O dalla stessa Chiara, la storia ci afferra nel profondo della coscienza, una pietra in fondo a una palude, un incontro con la morte con la quale tutti ci confrontiamo ma che nel caso di una giovane donna che, dopo un matrimonio finito, incontra la passione assoluta e la perde, è particolarmente duro da affrontare.
La storia di Chiara e Olivier, che si sono conosciuti da poco, che divengono amanti clandestini, lei libera, lui sposato e ancora incerto se abbandonare la famiglia, ci viene descritta come una folgorante tempesta emotiva, nutrita da una sessualità libera, forte, selvaggia, che esplora i corpi, i loro odori, le reazioni esplosive, l’incredibile felicità di essersi trovati.
Parlano in francese, si incontrano in stanze sempre diverse, stanze “foresta”, come se la natura li circondasse con i rami intrecciati, in universi sempre isolati e lontani dal quotidiano. I ritmi delle chiamate giornaliere, dei messaggi, degli scambi letterari, lui è un poeta creativo, un grafico che con le sue mani agili costruisce libri, pagine, copertine, diventano l’unico alimento per un amore che viene imprigionato: il lockdown che anche in Francia chiude tutto, che confina in un piccolo appartamento parigino Chiara e i suoi due figli adolescenti, separandola in modo fisico dal “bellamante” Olivier, è una prova durissima da affrontare.
Quando poi, durante la spasmodica attesa che la pandemia si arresti e liberi dalla paura, consentendo di raggiungere l’amato, giunge una sera al tramonto una piccola tortora che si ferma sul davanzale dell’appartamento a Parigi: solo dopo Chiara capirà che era una lieve messaggera che portava la notizia della morte per infarto di Olivier, caduto dopo l’abituale corsa mattutina.
La vita di Chiara, che non può piangere il suo uomo, che non è ammessa al suo funerale, che non potrà visitarne la tomba (lui sarà cremato), è la discesa in un inferno di lacrime, disperazione, mancanza di speranza.
Verrà aiutata da amiche sorelle, da qualche farmaco, dall’amore per i suoi figli, dal tentativo di fuggire da un’esperienza del dolore che appare insopportabile. Tornerà in Italia, a Roma, nella casa di famiglia in Piemonte, dove suo padre era morto poco prima; inevitabile il paragone tra una morte “giusta”, quella dell’ambasciatore, servitore dello Stato che aveva girato il mondo, e che ormai molto anziano lasciava la vita dignitosamente, rasato, elegante, come sempre era stato. Al contrario a Olivier la vita era stata strappata con violenza, proprio quando era ricominciata gioiosamente insieme al vero grande amore, alla “princesse Chiara”.
La scrittrice studia e legge tutto quello che è stato scritto sul lutto, cita Joan Didion, Francisco Goldman, Vinciane Despret, Etty Hillesum, Emanuele Trevi: tutti questi scrittori hanno parlato della morte improvvisa di una persona cara, tutti hanno trovato le parole per scriverne, come se attraverso la letteratura fosse possibile attenuare descrivendolo con le parole un dolore devastante. Denso di suggestioni, di impressioni, di citazioni, il libro di Chiara Mezzalama va assaporato, riguardato, riscoperto; una immagine fortissima, quella della pianta di gelsomino che viene piantata nel grande giardino di famiglia, a Villafalletto, una cerimonia degli addii laica, mentre Chiara a piedi nudi schiaccia la terra che ricopre le radici di un gelsomino che darà i suoi fiori per sempre, a ricordo di una esistenza brutalmente cancellata.
Lo stile scelto dalla scrittrice è scandito da brevi paragrafi, da un ricorso frequente alla metafora, gli aculei del porcospino che pungono, all’anafora, la ripetizione quasi ossessiva di parole o gruppi di frasi, “Mai più”, quasi a sottolineare l’urgenza anche per il lettore di sentirsi ripetere lo squassamento del cuore dell’autrice, che si sdoppia: è autrice del libro e protagonista della vicenda narrata, in un’alternanza di prima e terza persona.
Come salvarsi?
Non resta che la lettura, sì, ancora lei, sempre lei, la letteratura che salva. Ricamo il mio lutto con le parole di altri lutti. Cucino anche, con cura e con calma…….Questa solitudine radicale, mai sperimentata prima, non so descriverla tanto è profonda, enorme, allucinante. Ho perso una parte di me. Così lentamente i giorni passano, il tempo agisce…
Il conforto degli amici, della famiglia, dei figli, sono certamente un aiuto e una consolazione, ma la scrittura, forse, è stata per la scrittrice Chiara la vera salvezza. E questo bel libro, così emozionante, ne è la chiara testimonianza.
Le nostre perdute foreste
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