Le tre stigmate di Palmer Eldritch
- Autore: Philip K. Dick
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2022
Philip K. Dick è uno di quegli autori che, esattamente come dice Emmanuel Carrère nell’introduzione alla magnifica edizione della Mondadori, è stato capace di creare un immaginario il quale ha portato, non solo ad influenzare un incredibile numero di artisti, ma a creare un mondo a cui non possiamo essere indifferenti.
Le tre stigmate di Palmer Eldritch (Mondadori, 2022, traduzione di Marinella Magrì) diventa manifesto di un tipo di fantascienza che ha permesso la nascita di capolavori come Matrix e Infinite Jest, facendo da apripista a un modo di raccontare che, prima del 1965, non aveva mai avuto tutto quel successo:
“Una realtà miserabile non è forse meglio delle più interessanti delle illusioni?”
Le tre stigmate di Palmer Eldritch, ci butta in un futuro dove la Terra è ormai un posto ostile per l’essere umano, e, per questo, è arrivato a colonizzare Marte.
L’opera racconta di uno scontro commerciale interplanetario tra Leo Bulero, produttore del “Can-D”, una droga che permette di passare delle ore in un’allucinazione controllata, e Palmer Eldritch, che, dopo essere tornato da un viaggio su Proxima Centauri, immette nel mercato, con il benestare dell’ONU, una nuova droga, il “Chew-Z”, la quale, essendo molto più potente dell’altra, permette di vagare in un mondo sconfinato, allontanandosi, anche per pochi secondi, dalla propria noiosa esistenza.
L’autore scrive:
“Dio promette la vita eterna. Io posso fare di meglio: recapitarla a domicilio.”
Il romanzo di Dick, dopo aver raccontato questo scontro, cerca di rispondere, come molto spesso nelle opere dell’autore statunitense, a delle domande che, all’apparenza, possono sembrare assurde: ma se fossimo tutti parte di un’allucinazione?
La replica al quesito che sorregge il libro è molto difficile da fornire, anche perché, il lettore, deve mettere in considerazione che, tramite questa provocazione, Philip K. Dick, ci costringe a immaginare un mondo dove i protagonisti della nostra vita non siamo noi, ma qualcun altro che neanche conosciamo.
In quest’opera viene posto un dubbio distruttivo, e, per farlo, Dick, usa come esempio Dio, il quale, nel romanzo, prende le sembianze di Palmer Eldritch. Ovvero un essere al di fuori dell’umana concezione, che, stupendo il lettore a ogni capitolo, lo costringe a farsi delle domande che mai gli sarebbero passate per il cervello.
I protagonisti, così come noi, sembrano errare in un luogo sospeso tra la realtà e l’allucinazione, dove, ogni certezza, si sgretola davanti alla visione delle tre stigmate: denti d’acciaio, braccia metalliche e occhi artificiali, le quali fanno da metronomo all’interno della storia.
Philip K. Dick ci stordisce, ci intrappola in un mondo che ci sta stretto, in un mondo dove noi non siamo liberi di poterci muovere. Ci sentiamo dei semplici oggetti, che, per qualche motivo, hanno avuto l’occasione di poter assaggiare la mela del peccato e, a causa di quello, sono finiti in un labirinto che ci costringe a mettere in dubbio la nostra stessa esistenza.
Dick non ci lascia scampo, ci costringe a farci delle domande che non ci saremo mai posti, forse, nella speranza di vivere una vita migliore:
“È un prezzo che dobbiamo pagare. Per aver desiderato quella droga, masticando il Chew-Z. Come in origine fu il morso della mela del peccato.”
Le tre stigmate di Palmer Eldritch
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