Nuda proprietà
- Autore: Paolo Del Colle
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2018
Lo scrittore e poeta romano Paolo Del Colle ha la capacità di trasportarti nel suo mondo dove ci stai scomodo, certo, ma senti anche che i tuoi fallimenti sono condivisi con altre persone e con altre creature, gli animali, in particolare modo gatti e cani, che magari aspettano un assaggio di vita insieme agli uomini, che nel frattempo hanno inventato per loro gattili e canili, che sono poi trappole dove poter sopravvivere.
In questo libro, Nuda proprietà (Melville Edizioni, 2018), tutto è molto rapido, il tempo va veloce. Sembrano parole scritte in una notte insonne, che si è dilatata a dismisura, eppure è presto e l’alba ci dovrà sorprendere per ritornare a una forma di quotidianità, che ci dia la misura di quello che possiamo fare ancora e quello che non faremo più o forse non l’abbiamo mai fatto.
Vivere è a tempo, l’immortalità è un inganno, sembra dire il poeta che in esergo mette una frase del suo scrittore feticcio, Yaakov Shabtai, che riporto:
Mia nonna, mia madre, mio padre/ Proprio in questo momento...io voglio/ solo una cosa: che scendano dal cielo. / È quel che aspetto ogni giorno. / Che scendano dal cielo e appaiano qui.
Chiaramente non appare nessuno, ma è sempre il modo di Del Colle di stare lontano dal dannunzianesimo. Che poi chi scrive immagina sempre Gabriele D’Annunzio che va a caccia e torna nella sua sfarzosa casa con un bel bottino di animali impallinati, forse perché mi è stato insegnato a scuola che il “Poeta vate” aveva quattro cavalli, che andava a caccia e io ero dispiaciuto per lui. Non so se anche al poeta Paolo Del Colle fosse stato insegnato così alle scuole medie inferiori, non credo.
Mi sembra che Del Colle sia ossessionato benevolmente dai gatti. In una delle prime prose del libro scrive:
I miei morti sono ancora in luoghi imprevedibili, seguono le strade invisibili percorse con sicurezza dai gatti, che evitano le pozze d’acqua, schivano le croci, irridono la loro simmetria e spariscono nei vicoli dove giocano i bambini, dove sono anche io, dove è vivo ciò che la memoria non può trattenere o forse non sa nemmeno di possedere, non ne ha avuto il tempo: il pensare è solo questa probabilità di salvarsi dalla furia del tempo, dalla pioggia che riprende.
Pennellate rapide sulla pioggia che non cessa, la notte o le notti insonni dello scrittore sono sfibranti: si vede bambino, loda i gatti, ma deve ripararsi dalla furia del tempo.
Il tempo lungo o breve della malattia della sorella, perdere tutto senza restare con le carte in mano. Se la vita è un fallimento totale, perché non siamo in grado di guarire i nostri cari, né di fare tornare i nostri morti, almeno non creiamo altri danni, evitiamo anche noi umani le pozze d’acqua, diamo un senso e una possibilità a una vita già persa che però continua con attimi di bellezza, con momenti in cui l’insonnia sparisce e arriva il sonno che finalmente ci ristora.
Impariamo dai gatti a imboscarci se è necessario, diventiamo come loro che possono stare ore al sole di ottobre senza preoccuparsi di scadenze, di visite mediche inutili. Un gatto non pensa alla morte, ma solo ai piccoli momenti di benessere quotidiano.
È sconcertante cogliere in questi versi qualche riferimento agli anni vissuti ora, con la paura costante del Covid-19, perché chiaramente Nuda proprietà (2018) è stato scritto parecchio tempo prima della pandemia. Ma questa paura attuale non ci deve togliere sonno e speranze ulteriori, perché già prima dei tempi pandemici si viveva con l’ossessione della morte dei propri cari. La maggior parte di noi non ha ancora assorbito lo spirito epicureo per cui la nostra morte non ci riguarda, perché non saremo qui a vederla.
Si dovrebbe solo vivere per espandere la nostra percezione di vita, che in fondo non è che un inganno. Nei versi e nella prosa di Paolo Del Colle, come ho già scritto per Stato di insolvenza (Amos Edizioni, 2022), c’è l’uso di un linguaggio poetico chiaro e comprensibile. Non ci sono voli pindarici o parole tratte a ogni costo dal latino e dal greco per rendere aulico il suo pensiero.
Un esempio breve, dove si sente ferocemente la presenza che potrebbe diventare assenza di un componente della famiglia, come all’inizio Shabtai, è questo:
Solo i fiori finti dell’ingresso / accolgono somiglianze / con quanto vedi: è tutto così / il più o meno che ricordi / senza di me, di te, / un prima e dopo senza tempo / senza la vita che ci sarà stata.
Grazie, Paolo.
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