Ogni riferimento è puramente casuale
- Autore: Antonio Manzini
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sellerio
- Anno di pubblicazione: 2019
Il nome di Antonio Manzini evoca innanzitutto una serie di libri che hanno per protagonista Rocco Schiavone, vicequestore romano trasferito ad Aosta per motivi disciplinari ed entrato nell’immaginario e nel cuore di un ampio pubblico di lettori nonostante un carattere ruvido e politicamente scorretto forse perché, dietro la corazza del suo doloroso e disincantato esilio interiore, ritroviamo il nostro stesso vulnerabile dualismo nei confronti della realtà (ma più disinibito, e con un linguaggio diretto che non oseremmo praticare fino in fondo) .
È arduo comprendere quanta parte degli abiti mentali di un personaggio (tanto felicemente realizzatosi da apparire reale e autonomo) resti attaccata, compenetrandosi, a quelli del suo creatore, o viceversa. Sta di fatto che nella raccolta di racconti "Ogni riferimento è puramente casuale" senza Schiavone- pubblicata da Sellerio, ci sembra di riconoscere una modalità non diversa di percezione da quella dell’ormai celebre poliziotto. La fenditura amara e ironica di uno sguardo che filtra, seziona, frantuma la realtà osservata riducendola a un riflesso molecolare di polvere e ombra (titolo proprio di un fortunato episodio della serie di Schiavone).
Letti in sequenza, uno dopo l’altro, questi racconti sembrano produrre l’effetto che si prova riguardando le istantanee di uno stesso soggetto familiare, che, a furia di passarci sempre uguale davanti agli occhi, diventa un’altra cosa. La vita che ti guarda con gli occhi di un altro, celandosi dietro una parvenza, alla stregua di un totem identitario ed effimero. Così anche le cose all’inizio sono nient’altro che cose; poi diventano parole e poi polvere, come minuscole pietre troppo a lungo levigate per sentirne ancora il peso. Funziona così? Anche per la fama e la gloria?(Quella letteraria a maggior ragione?).
Un’atmosfera di effimero e di assurdo pervade le storie di questo libro, ambientate nel mondo culturale e letterario, affollato di editori, critici militanti, scrittori consacrati ed eterne promesse. Un caleidoscopio di figure che parrebbero illustrare la facciata di un tempio carismatico della Civiltà, ma che vediamo, nel movimento sinuoso e nelle scomposizioni taglienti della scrittura di Antonio Manzini, confinate nell’algida fissità di convenienze e pregiudizi come icone fredde e fasulle; o più sovente agitarsi frenetiche, sospese tra ambizioni sbagliate e smanie di autoaffermazione nei confini autoreferenziali e inespugnabili di una post-moderna malabolgia.
Si può ridere dell’Inferno, vivendone dal di dentro i contrasti brucianti e le logiche inquietanti? Sembrerebbe di sì; se, come pare suggerirci l’autore, riusciremo a conservare un’autonomia di visione e giudizio, gettando, su quel ribollio incandescente qualche secchiata gelida di consapevolezza e umoristico disincanto (insomma, un po’ come rileggere Pirandello con gli occhi di Schiavone….).
Il titolo ideato da Manzini per i suoi racconti, con ironia da sceneggiatore navigato, riprende la frase convenzionale all’inizio o alla fine di un film o romanzo che potrebbe essere oggetto di controversia per troppa somiglianza con vicende o persone reali. Una formula non sempre efficace, che serve semmai a risaltare per contrasto la verità della storia e alla parte lesa per reclamare un debito risarcimento. In questo caso tuttavia il risarcimento, tutto a beneficio di autore e lettori, è nel piacere impagabile di una lettura che diverte e fa riflettere.
Ogni riferimento è puramente casuale
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