Ossessione
- Autore: Stephen King
Quando Stephen King scrisse “Ossessione” aveva circa diciotto anni e frequentava l’ultimo anno di liceo. Dopo averlo concluso tentò di pubblicarlo, ma non riuscendoci segregò il libro in soffitta e decise di scriverne un altro. Anni dopo, quando si stava affermando ormai come autore di successo, pensò di riprenderlo in mano e dopo averlo aggiustato lo pubblicò sotto lo pseudonimo di Richard Bachman. Si tratta dunque di un’opera giovanile, irruente e matura allo stesso tempo. Lo stesso King, a posteriori, ammette che Ossessione è uno dei suoi libri migliori, almeno tra i primi che scrisse.
Trama
La storia è narrata in prima persona dal protagonista, Charlie Decker. Egli, in un giorno come tanti, decide non soltanto di uccidere il suo professore di matematica, ma di prendere in ostaggio i suoi compagni di scuola e tenerli segregati in classe a tempo indeterminato, sotto la minaccia di una pistola carica.
Ora, perché compie un gesto così assurdo? Una possibile risposta a questa domanda la ricaviamo dal colloquio che Charlie, all’inizio della storia, ha con il preside. Il preside lo convoca nel suo studio. Dopo qualche preambolo, inizia a parlare del gesto assurdo che Charlie ha commesso pochi mesi prima, quando, in preda a un raptus di follia, ha mandato in ospedale il professore di matematica colpendolo con il suo serratubi. Al discorso animato del preside, Charlie risponde con spietato sarcasmo. La situazione tra i due degenera. Il preside dichiara l’espulsione immediata del ragazzo, che esce dall’ufficio, scende le scale, entra nella sua aula, uccide il professore e prende in ostaggio i suoi compagni di classe.
Dunque, ecco la risposta alla nostra domanda: il protagonista si comporta in maniera deviata perché, da tutti i punti di vista, è un deviato. Ma la domanda alla base è un’altra: perché è diventato così, perché è diventato un assassino? La risposta deve trovarsi, ovviamente, nel suo passato ed è lo stesso protagonista che decide di raccontarlo ai suoi compagni di classe, attraverso dei lunghi monologhi, che si trasformano in flashback narrativi. Così emergono, poco alla volta, i lati più oscuri della sua vita. Emerge la figura di un padre autoritario che non è mai riuscito a considerarlo nient’altro che un perdente – e una adolescenza di ordinaria solitudine, di sfortuna, di occasioni mancate. Un’adolescenza che, tuttavia, non sembra molto differente da quella di tanti ragazzi che, in questa fase della vita, non possono fare altro che registrare gli avvenimenti, ammirando i coetanei più capaci, più svelti, più bravi. Quindi l’adolescenza di Charlie è stata sì traumatica, ma solo fino a un certo punto. Sono state delle delusioni “normali” a portarlo alla pazzia, a spingerlo verso una ribellione apparentemente ingiustificata.
Accanto alla storia di Charlie, si svolge quella dei suoi compagni di classe. Essi, infatti, spinti dal suo esempio, finiscono per sfogare a parole i loro dubbi, le loro angosce, le manie da cui sono ossessionati segretamente.
Così esce allo scoperto Porcile, un ragazzo schiacciato dalla figura di una madre mediocre e ottusa; quella di Irma, che non ha mai avuto un fidanzato perché troppo brutta e inadeguata; quella di Sandra, la bella desiderata da molti che però ha l’impressione di vivere una vita finta, irreale. Tutti sembrano in qualche modo prigionieri di una realtà che corre via senza sorprese; di una società che divide spietatamente i vincenti dai perdenti. In questo paesaggio desolante, le figure che dovrebbero essere di riferimento sono più desolanti ancora: il preside della scuola è un manichino senza carattere; lo psicologo, Don Grace, è un personaggio debole e ambiguo; lo sceriffo, Frank Philbrick, è un uomo ridicolo.
L’unico personaggio che cerca di mantenere la sua integrità è Ted Jones: egli è il solo, tra tutti i compagni di Charlie, che tenta di ribellarsi alla situazione, che vuole conservare le apparenze. Ovviamente Ted è destinato a fallire, non solo perché, in fondo, è uguale agli altri, ma proprio perché continua a recitare la sua parte, perché vuole negare che esista qualcosa di oscuro dietro la facciata. E così, nel corso del romanzo, abbiamo un’inversione di ruoli tra Charlie e Ted. È al protagonista che, alla fine, spetta il ruolo di vittima; difatti è un assassino proprio in quanto vittima. È a lui, e non a Ted, che va la simpatia del lettore.
Lo stile del romanzo è semplice, ridotto all’essenziale, e forse proprio dallo stile possiamo intuire che si tratta di un’opera giovanile. Tuttavia, la struttura del racconto è perfetta: coinvolge il lettore e non gli lascia respiro.
Inoltre, bisogna sottolineare che King ritornerà più volte, nei romanzi successivi, a esaminare il microcosmo scolastico, costruendo degli intrecci ben diversi, ma mantenendo sostanzialmente lo stesso punto di vista. Figure di emarginazione scolastica le troviamo ad esempio anche in Carrie e, più avanti, in Christine e in diversi racconti. Dobbiamo ricordare che Stephen King, nel corso della vita, è stato sia studente che professore e dunque ha avuto modo di esaminare “l’universo scuola” da ogni punto di vista. Ma le sue opinioni su questo mondo non sono mai cambiate dai tempi di Ossessione, dove dipinge la scuola americana come un labirinto di attriti e paure, che colpiscono soprattutto – ma non solo – i “diversi”, ossia coloro che non sanno adattarsi alle regole di quelli che hanno i soldi, i voti buoni e le donne e di quelli che pretendono di imporre la loro autorità con la forza.
Bisogna ricordare che, in Ossessione, King riesce anche ad evitare quello che diventerà, in seguito, il suo difetto letterario peggiore, ossia la sua “bulimia di parole”. Egli ha creato spesso opere molto lunghe, troppo lunghe, piene di continue e spesso sproporzionate digressioni, che rischiano di soffocare il ritmo della storia. Questo non vuol dire che romanzi come It o L’ombra dello scorpione non siano, come sono in realtà, delle portentose opere di fantasia, ma solo che i risultati più intensi della sua narrativa vanno ricercati, talvolta, nei racconti o nei romanzi brevi come Ossessione, dove è difficile trovare una pagina di troppo.
Così si può concludere che, classificato troppo spesso come semplice autore di romanzi horror, Stephen King si dimostra, fin da questa prova giovanile, uno scrittore capace di creare delle opere intense e piene di ramificazioni umane e sociali.
In questo caso, è impossibile non collegare la storia di Charlie ai drammatici eventi di cronaca che avvengo quotidianamente negli Stati Uniti, dove persone insospettabili – colte da raptus di follia – si mettono a sparare a casaccio contro vittime inermi, avendo libero accesso ad armi di ogni tipo. È altresì impossibile negare che il genere horror, in buone mani, possa diventare un formidabile strumento di analisi psicologica.
Ossessione
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