Panorama di Tommaso Pincio

Ottavio Tondi ha quasi cinquant’anni e di professione fa il lettore, ma non un lettore qualunque: lui legge manoscritti per conto della più prestigiosa casa editrice italiana e ne decide la gloria o le sfortune. Ottavio Tondi legge e legge, ha fatto della letteratura il suo unico interlocutore, il suo vasto spazio in cui muoversi, la forma più pura di ribellione e, negli anni, ogni pagina che ha letto è rimasta scolpita nella sua più profonda essenza. Anche le poche relazioni che ha con gli altri passano inevitabilmente attraverso il canale della lettura e Ottavio Tondi non avrebbe potuto chiedere di più dalla vita, ma poi è arrivato l’incidente di ponte Sisto a rovinare tutto, a ribaltare tutti gli equilibri. Non fosse stato per l’incidente di ponte Sisto, Ottavio Tondi non avrebbe mai scoperto internet e i social network, non si sarebbe aperto un profilo su Panorama e non avrebbe mai conosciuto la poco più che ventenne Ligeia Tissot, perlomeno tramite messaggi.

Tommaso Pincio, con “Panorama” (NNE, 2015), torna con un romanzo ipnotico, contorto e appassionante, che abbraccia tutti i timori di chi lo andrà a leggere, tessendo attorno alla vita di Ottavio Tondi, suo protagonista, una serie di tragici eventi che rispecchiano in tutto la parabola discendente dell’uomo che crede di aver fatto il suo tempo. I pensieri, le azioni, tutto l’essere di Ottavio Tondi trasmette una spiacevole sensazione, un non so che di aria viziata che si desidera subito cambiare spalancando le finestre. Le citazioni letterarie accanto a nomi reali degli esponenti dell’aristocrazia letteraria romana che lo stesso protagonista non vede di buon occhio all’interno del romanzo non fanno altro che aggiungere monete al giro di giostra che magari non si voleva nemmeno iniziare. L’idea originale e lo stile impeccabile, che fanno di Pincio lo scrittore di meritato successo che conosciamo, alleviano la sensazione di vertigine in cui la rete di Ottavio Tondi imprigiona il lettore per duecento pagine, ma francamente potrebbe non bastare.

“Nulla più delle parole somiglia alle cose che esse nominano, eppure cos’è in concreto una parola?”