Pier Paolo Pasolini. Vivere e sopravvivere
- Autore: Pier Paolo Pasolini Italo Moscati
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Edizioni Lindau
- Anno di pubblicazione: 2015
Italo Moscati, scrittore e regista, in Pier Paolo Pasolini. Vivere e sopravvivere (Lindau, 2015, p. 271) offre un ritratto verità del grande cineasta, poeta e scrittore, che va oltre i luoghi comuni. Con agile penna, fine sensibilità ed empatia, scava nella sua anima attraverso la biografia e le opere, conservando sempre il distacco necessario che dà l’assenza di pregiudizi. Può farlo avendolo conosciuto e avendo partecipato a momenti cruciali della sua vita, specie nel ’68 del secolo scorso.
Il sottotitolo esplicita subito il vitalismo pasoliniano, caratteristica che permette di entrare nella sua poetica. Vivere donandosi, esprimendo se stessi e rischiando sempre in prima persona, è molto diverso dal sopravvivere schiacciati dagli eventi, frustrati nell’espressione di emozioni e sentimenti. Questa la dichiarazione programmatica di Pasolini:
"Quello che conta è la profondità del sentimento, la passione che metto nelle cose; non sono tanto né la novità dei contenuti, né la novità della forma".
Passione inesausta e sincera, dunque innocente, è la sua cifra, una grazia e una "dannazione" che lo rendono unico e solo, un gigante, fino al dramma finale misterioso consumatosi nella notte del 2 novembre 1975 all’idroscalo di Ostia.
Ma le novità contenutistiche in realtà sono molteplici: Pasolini è un profeta di tempi nuovi che ancora stentano a manifestarsi e Moscati li mette in luce con attenta consapevolezza.
Innanzitutto l’aderenza e la fedeltà al mondo contadino dell’infanzia e dell’adolescenza. Molti l’hanno fatto, pensiamo a Ermanno Olmi, ma nessuno mai con l’elevazione a primo valore dell’istinto naturale e spontaneo dominante in quella cultura millenaria. Moscati sottolinea l’affinità e la contiguità tra questa tradizione e le popolazioni miserrime del Terzo Mondo che Pasolini andrà a conoscere nei suoi numerosi viaggi di tipo iniziatico, con l’ansia di sapere ed esperire.
Una cultura che odora di stalla, di sterco e sessualità. Immergersi in essa porterà all’episodio scandaloso del 1949: Pasolini giovane professore in Friuli che dopo una festa si apparta nel buio con tre ragazzetti. Comportamento che nella Grecia classica sarebbe stato una prassi tra maestro e discepoli. Invece in un mondo sessuofobico diventa un cataclisma, la persecuzione e la perdita dell’insegnamento del giovane professore, l’espulsione dal PCI e l’ostracismo sociale e familiare. Il severo padre ufficiale non perdona il figlio.
Con la madre Susanna, il figlio parte per Roma dove si consumerà la sua odissea, durata 25 anni, tra fasti e successi, libri e film capolavori, processi infiniti per oltraggio al pudore e alla religione, amici e detrattori miopi, soprattutto impauriti dalla libertà di un artista incoercibile.
Le critiche a lui rivolte nel libro si rivelano tutte risibili e inconsistenti. Paolini tiene sempre vivo il suo dettato interiore: vedere nel sesso la manifestazione di un Dio. Ciò ne fa un mistico e illumina la sua produzione con lo splendore del sacro.
Il sacro e la condanna totale alla società consumistica occidentale che affama i popoli sono la cifra di Pier Paolo. Con la chiesa cattolica egli ha dialogato sempre, fin dai tempi della silloge L’usingolo della chiesa cattolica (1958, Longanesi editore), nella quale sanguina con Cristo e vede nella Passione l’evento più portentoso ed esteticamente coinvolgente dell’umanità.
A ciò seguirà il Vangelo secondo Matteo (1964), dedicato a Giovanni XXIII. Nella chiesa d’avanguardia aveva profondamente sperato, nei preti spretati ammogliati e in tutte quelle frange progressiste, presenti soprattutto ad Assisi, che manifestavano simpatia e lo aiutarono sostenendolo.
Pure questo sogno si rivela fallace, quando Paolo Sesto condanna inesorabilmente e pubblicamente il suo Teorema, il film scandalo su cui Moscati spende numerose pagine nel suo racconto affascinante e appassionato. Siamo nel ‘68, l’anno della contestazione globale studentesca che Pasolini prima avversa (sono tutti figli di papà, io sto con i poliziotti figli di proletari, dirà in un testo famoso), poi sostiene con riserva e malcelata antipatia.
Siamo al festival di Venezia, dove il regista ottiene il premio OCIC, un’eminente istituzione cinefila cattolica, nella cui giuria figura pure Moscati come membro laico. Il film mette in scena un giovane straordinariamente bello, apparizione di Dio, che in una famiglia borghese seduce tutti i suoi membri, uomini e donne, domestica compresa, e si intrattiene con loro carnalmente, andando a sconvolgere la loro coscienza per un’evoluzione interiore necessaria. Mai come qui Verbum caro factum est: "il Verbo si fece carne". Ciò non può essere accettato dai vertici vaticani che scagliano anatemi sul film. Eppure la commissione lungimirante aveva compreso il valore simbolico del messaggio, espresso con forza dirompente. Il suo presidente, il gesuita canadese Marc Gervais, fa circolare una nota in cui si dice che anche:
"l’ossessione sessuale" è "un’esperienza misteriosa che mette l’uomo a nudo davanti al terribile mistero della vita".
La visione panpsichica e pansessusle di Pasolini si esprime nella rivisitazione del mito e della figura di Tetis, la dea del mare madre di Achille. Tetis congiunta al maschile (qui pensiamo al mare come Poseidone, Nettuno). Si tratta dell’androgino che rappresenta la totalità cosmica e individuale, base di tutti i misteri nella storia mitica del mondo. Penetrare i misteri, vivere l’erotismo sacro, però, non ha nulla a che vedere con ciò che il poeta chiama "libertà di coito", da lui considerato strumento del consenso al potere e "nuovo fascismo". Come per i grandi inziati, anche per lui il sesso è una via di conoscenza (vedi il Tantra indiano). Sfaccettato e profondo, tormentato e pungolo per la nostra riflessione.
Riguardo alla sua morte, Moscati riprende le varie versioni emerse nei processi, dove nulla in realtà è svelato. Pasolini risplende come martire di una società che l’ha ucciso. È una società al tramonto, in decomposizione, e anche il grande cinema italiano è una stagione conclusa. Un mondo che lui rappresenta nell’ultima filmografia, intessuta di allegorie sui nostri mali epocali.
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