Poco più di niente
- Autore: Marco Masciovecchio
- Categoria: Poesia
- Casa editrice: Ensemble Edizioni
- Anno di pubblicazione: 2023
Forse è nato un nuovo poeta o forse no, o meglio c’è già stato nei versi degli altri, e come un pigro sciamano se li riprende per questa raccolta di versi dal titolo Poco più di niente (Ensemble editori, 2023. Curatela di Giuseppe Cerbino e prefazione di Renzo Paris).
Infatti in esergo Marco Masciovecchio scrive "alle ombre che mi fanno compagnia" e poi una manciata di versi di Pasolini. Che poi è il poeta più citato dagli altri autori, come un obbligo che tocca assolvere, un lasciapassare per avere la legittimità di continuare a scrivere.
La prefazione di Renzo Paris, intellettuale, scrittore, poeta ed editorialista del settimanale Il Venerdì di Repubblica è assai sferzante con le parole:
Marco Masciovecchio appartiene alla generazione più condannata dai media, dipinta come "gente fannullona sdraiata sul divano"3, non interessata al lavoro, contenta di un misero reddito di cittadinanza, né boomer, né digitalizzata, ha finalmente il suo poeta.
Chi scrive, se fosse Masciovecchio, non sarebbe proprio contento di essere un poeta parte di quel gruppo numeroso di scioperati perditempo. A me sembra che manchino nuovi mentori, nuovi poeti che possono scalzare la figura di Pasolini, che è ancora, per taluni, il motivo per cui diventare degli “scrittori in versi”.
E in ogni caso questo “nuovo poeta” ha letto “tanto, se non Corbière, anche se è un poeta nella sue corde, Paris trova attinenze con Camillo Sbarbaro che: Di solitudini se ne intendeva e di poesia morale". E in questa affermazione la profonda conoscenza e lo studio di Paris, mentre chi scrive vede le poesie dell’autore attraversate dalla musica dei gruppi degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Più Jim Morrison che Sbarbaro, per semplificare. Ma di quegli anni o precedenti gli arrivano le sillogi di Pasolini.
Tanto che l’autore scrive: già conoscevi la tua fine / avevi gettato il cuore oltre il confine / del moralismo d’una società perbene. / bruciavi il tempo bruciando nel suo fuoco / come il sacerdote brucia nel turibolo / tradito dall’amore , un lupo che brama sesso. /
macellato fino all’osso, messo in croce, / dal Golgota all’Idroscalo morto ammazzato/
Il corpo amato senza resurrezione / e poi l’ultimo respiro: liberazione.
Evidentemente dopo Pasolini nessuno poeta o quasi è riuscito a togliere dalla sua mente questo simbolo letterario, trasformato in Gesù Cristo, che rappresenta solo sé stesso. E milioni e milioni di credenti e questo è un fatto. Come gli atei e gli agnostici.
In realtà nella parte della silloge chiamata Visioni, Masciovecchio ha il talento e il necessario furore per una società fuori controllo e una politica bugiarda e infida. Anche se indugia in propositi suicidi che sembrano grida di aiuto.
Masciovecchio, a pelle, non farebbe mai del male a sé stesso. Se non altro per vedere l’Apocalisse svelta che lui si aspetta:
sentivi l’urlo del silenzio / il vuoto prendere il sopravvento / cosciente nel presente / non ci sarà domani. / la nebbia cade sugli occhi / s’impasta al vapore che sale / sorridi, è l’ultima stazione, afferri la lametta /tranci carne e vene / col dito scrivi, sul bordo della vasca / di rosso sangue la parola fine.
Questo nichilismo e la paura/desiderio che finisca tutto mi ricorda anche Emil Cioran, ma il pessimismo ha fin troppi padri putativi. Piuttosto Masciovecchio ha sempre come pensiero dominante “Gesù Cristo”:
in sogno ho visto Cristo / scendere dalla croce, / piombò il silenzio / su l’urlo del popolo carogna / leggerò come piuma / passava tra la folla / gli vomitava addosso il sangue, / e poi sparì nel nulla / così com’era apparso / da quel giorno il nulla / divenne Dio.
Una sconfinata infelicità umana in un mondo senza Dio, che era il nulla primordiale.
Giuseppe Cerbino scrive:
Masciovecchio lo ribadisce in continuazione nei suoi versi : è esclusa la possibilità di aggiustare il tiro, di (ri) mettere a fuoco l’umanità. L’umanità ha perso sostanza.
Eppure chi scrive nella romanità del poeta trova anche un “non prendiamoci troppo sul serio”, la vita è sogno, non sappiamo nemmeno perché stiamo qui a riflettere su un futuro incerto.
Poco più di niente
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