Princesa e altre regine. 20 voci per le donne di Fabrizio De André
- Autore: Concita De Gregorio
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2018
I testi di Fabrizio De André stazionano sul limitare promiscuo di canzone e poesia. Sono un esercito disarmato di parole. Parole in fila indiana, parole sante, parole cesellate, contro-tendenti, evocative, secche, riflesso di mondo, smisurate come la preghiera di una sua canzone. Parole-rimando, reticoli di storie compiute in sé. Niente da aggiungere e niente da togliere: dei testi di Fabrizio De André si può solo prendere atto. Semmai antologizzarli, meta-significarli, trascenderli. Cambiarli di una virgola, di un aggettivo, di una rima che sia una, no. Le canzoni di De André sono quasi una fede laica. Ancora (e ancora): puoi girarci attorno, cantarle (ovvio), mandarle a memoria, persino scommetterci e fondarci sopra la tua vita, metabolizzato, una volta e per sempre, lo statuto poetico che le segna in impronta.
Alla luce di ciò ho l’impressione che il progetto “Princesa e altre regine” di Concita De Gregorio sia frutto di una doppia teleologia: scavallare gli angusti ambiti dell’omaggio fine a se stesso e, d’altro canto, quelli abusati dell’analisi del genio, peraltro compreso. La sontuosa antologia di racconti uscita per la collana Scrittori Giunti (2018) è piuttosto una mise en abîme deandreiana per interposte scrittrici. Una divagazione in venti stazioni su temi, suggestioni, figure (soprattutto figure) del macrocosmo sovraffollato da/di Faber, esposto alla rilettura trasversale di scrittrici, pittrici, poetesse, illustratrici.
Il filo rosso ideale della raccolta ha un punto di partenza e un filo rosso: c’è il riguardo dovuto all’impronta originale (ciascun racconto è preceduto dal testo della canzone cui si ispira) e c’è la donna come tema monografico. La donna liberata (nel senso di non più aureolata, come suonava, per esempio, all’interno della tradizione melodica italiana), restituita alla sua rivoluzionaria libertà/matericità, quella tipica e sfaccettata delle canzoni di Fabrizio De André. In sintesi: venti diverse ricette di donna, tante quante le canzoni da cui prendono le mosse. Giusto per fare qualche nome: l’adolescente (già divergente) Bocca di Rosa, la terragna Angiolina, la sventurata Marinella, Teresa che a Rimini abortisce “il figlio del bagnino”, Jamina e Sidun di Dolcenera, le passanti, le tre madri, e poi Princesa, la triste e fiera regina trans. Come rimarca Concita De Gregorio nella sua colorata introduzione al volume:
“Le voci che ascolterete sono state scelte perché hanno tutte, mi pare, un tratto in comune con Fabrizio De André. La fragilità inossidabile. La pervicacia nel procedere in direzione ostinata e contraria. Una ferita. Una debolezza nascosta dal movimento ed esibita nella solitudine. Un ciuffo di capelli che come una tenda lascia uno spiraglio e intanto ti ripara da mondo, consentendoti di vederlo più a fuoco”.
Nonostante la pluralità di espressioni, “Princesa e altre regine” risulta coeso e i racconti (compresi i racconti, o i frame, per immagini) eleganti: si leggono quasi come i capitoli di un unico romanzo. Un romanzo en rose. Nel senso meno edulcorato e più adulto, emancipato, rivendicante, che riuscite ad assegnare alla locuzione. Un romanzo che - lo ripeto - assume la donna a suo motore mobile sentimentale, paradigma, teoria e prassi ontologica. In quanto anti-eroina, protagonista autentica, punto di congiuntura, di frattura anti-borghese. Nelle ballate di Fabrizio De André, e dunque, mai come nella fattispecie, della vita.
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