Non chiedermi quando
- Autore: Concita De Gregorio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2016
“Romanzo per Dacia” è il sottotitolo del volume “Non chiedermi quando” (Rizzoli 2016) nel quale la giornalista e scrittrice Concita De Gregorio rende omaggio alla romanziera, poetessa, saggista, giornalista, drammaturga e sceneggiatrice Dacia Maraini, una delle più grandi autrici contemporanee, alla vigilia del suo compleanno.
Il presente libro dedicato a “A mia madre, Concha Maria” nasce da una serie d’incontri fra De Gregorio e Maraini avvenuti tra l’aprile e il giugno del 2016.
Durante quelle chiacchierate
“sono comparsi e sono stati con noi i volti e le parole delle persone che hanno abitato gli ottant’anni di Dacia”
il padre Fosco scrittore ed etnologo toscano, la madre Topazia Alliata di Salaparuta pittrice siciliana, Elsa Morante e Luchino Visconti, Fellini e Mastroianni, Moravia e Pasolini. Ancora, i prigionieri del Campo in Giappone, le compagne di scuola del collegio a Firenze, i figli dei contadini in Sicilia, il primo marito e l’ultimo compagno della Maraini, Sonia Ortuzar la nonna materna cilena di origine basca, cantante lirica. Yoi Pawloska Crosse, la nonna paterna inglese “bella come un giglio”, i vicini di casa di Pescasseroli che coltivano l’orto. Non possono mancare Natalia Ginzburg, l’architetto Nervi, Maria Callas, Laura Betti e Luisa Spagnoli, Ettore Scola, Montale, Guttuso, Teresa la ladra, sorelle e nipoti di Dacia, Calvino e Sciascia
“che andavano e tornavano da Parigi, Ninetto sul set”.
Tutti testimoni della vita nomade e curiosa della Maraini, che ha sempre volto il suo celebre sguardo reso magnetico dagli occhi azzurri (rappresentativa in tal senso la fotografia in bianco e nero della copertina del libro), verso un Altrove. “Io vado”, è infatti il suo motto. È la luce della vita operosa e avventurosa della Maraini che traspare dalle pagine del testo che
“non è un romanzo su Dacia, meno che mai una biografia, né un’intervista”
ma semplicemente “è la traccia che l’incontro con lei ha lasciato dentro di me” precisa De Gregorio,
“L’impronta delle immagini, la scia delle parole”.
L’universo di Dacia è stato, nel secolo scorso, un perimetro abitato da artisti, era una comunità che sapeva di esserlo ma non aveva bisogno di dirlo.
“Chiunque poteva entrare, fermarsi, andare via. Non c’era statuto, non c’erano insegne. Eravamo lì, semplicemente”.
Dacia racconta e lo fa con cura, garbo, precisione e con una specie di distanza. Simile al lento fluire del Tevere che scorre accanto all’abitazione romana di Alberto Moravia (ora Casa Museo) sita sul Lungotevere della Vittoria 1, lì dove per tanti anni ha vissuto la Maraini, la memoria di Dacia torna al passato. Torna, tra i tanti ricordi, ai diciotto anni, quando Dacia arrivò a Roma e andò a vivere insieme al padre e alla sorella Yuki nella mansarda di Nervi, una casa “piccolissima”. Però
“c’era una terrazza proprio sul Tevere. Studiavamo lì, mangiavamo lì. Grande che ci si poteva andare in bicicletta. Se ci ripenso oggi, vedo che non mi sono mai allontanata da questo quartiere, Flaminio. Per tutta la vita: da bambina da ragazza da sposa. Con mio padre con Alberto con Giuseppe. Da sola. Sempre all’ultimo piano. Ho sempre vissuto su questo gomito del fiume. Pochi isolati, quattro strade, un ponte”.
Non chiedermi quando. Romanzo per Dacia
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