Quando finiscono le ombre
- Autore: Cristina Rava
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Garzanti
- Anno di pubblicazione: 2016
In vestaglia e camicia da notte, investita da un treno sulle rotaie tra Ceriale e Albenga, in direzione di Ventimiglia. Non si può stabilire se Antonietta, 48 anni, sposata, una lunga depressione alle spalle, si sia suicidata o sia stata uccisa. I resti erano sparpagliati per quaranta metri e finché non si rinviene la testa - infatti, non si trova – Ardelia Spinola non potrà scogliere la riserva omicidio-suicidio. Sì, perché questo è un nuovo caso per il medico legale ligure con la fissa per le indagini impossibili. Il romanzo è “Quando finiscono le ombre”, lo pubblica Garzanti, nella collana Narratori Moderni, è uscito a giugno 2016 (pp. 294, euro 16,90) come gli altri due, nei quali Cristina Rava ha messo in azione la sua compaesana d’invenzione: “Un mare di silenzio” nel 2012 e “Dopo il nero della notte” nel 2014.
La scrittrice è nata e vive ad Albenga, sulla Riviera di Ponente, dove ambienta i suoi libri. Quanto alla “sua” Ardelia, ha 53 anni, coabita con una gatta e un pastore tedesco, ha una relazione con Arturo, apicultore e filosofo, commerciante di libri di antiquariato. Non sono una coppia “appiccicosa”, lei è in Liguria, lui ha un negozio a Ormea, in Piemonte. E poi ci sarebbe una segretaria, Doina, rumena, legata a Ughetto, l’assistente delle autopsie.
Ardelia è un medico legale, dunque, sebbene non sia solo bisturi e tavolo di dissezione, ma anche una sottile psicologa, che ama capire aspetti degli ex vivi più che degli attuali morti. Sicchè, non c’è troppo da attendere per incontrare un secondo cadavere, dopo Antonietta. È quello di Spartaco Guidi, un singolare vecchietto di Albenga, sparito da un po’. Attorno ai trent’anni aveva ucciso un amico d’infanzia, perdendo la ragione in una banale discussione in strada. Non era stato accertato un movente. In carcere aveva conciato male un compagno di cella e dopo aver tentato il suicidio si era fatto venticinque anni di manicomio criminale, più otto di casa protetta, prima di tornare ad Albenga per trascorrervi i suoi ultimi, come diceva.
Che Spartaco sia stato assassinato ci sono pochi dubbi, quando il suo corpo viene ritrovato in un bosco di faggi. Chi ha agito non si è affannato troppo a nasconderlo: appena un velo di terra smossa e foglie secche. La morte risale a una settimana, un corpo contundente, una serie di colpi feroci alla testa.
La dottoressa è distratta dal caso della signora in tenuta da notte, il marito pare si sia giocato tutto con l’azzardo, ma qualche conoscente la spinge a indagare sulle stravaganze del vecchio, ch’era stato visto camminare di giorno, in piena luce estiva, agitando una torcia elettrica con cui si aiutava a cercare qualcosa in strada.
Le eccentricità successive al ricovero non sorprendono, in più le viene indicato che Spartaco non tollerava il dissenso, in modo patologico, Era un grosso limite, un vero handicap: per lui, chi la pensava diversamente era un nemico, punto e basta. Tanto più chi non seguiva le regole del partito, dopo la guerra partigiana.
Un particolare stupisce Ardelia e non sfuggirà ai lettori: il cadavere sembra sia stato prima occultato e poi dissepolto, come se l’omicida volesse assicurarsi del ritrovamento.
Cherchez la famme, la donna, anche quando si ha a che fare con un anziano. Nella struttura protetta, Guidi aveva ricevuto la visita di una signora, anche lei non più giovane. Avevano passeggiato, bevuto del tè e poi si erano separati. Non è possibile risalire all’identità della visitatrice, perché pare che abbia dato un nome falso. Vai a capire perché. È già, si tratta proprio di andare a capire.
Un passo di qua, un’amicizia di là, non poche conoscenze utili, qualche sorriso dispensato a uomini in divisa ed ecco che Ardelia riesce ad ottenere permessi negati ai più e ad irrompere sulle scene del crimine e dintorni. La casa di Spartaco, per esempio, è tutta a soqquadro. Dai sopralluoghi non perde il vizietto di rubacchiare prove e indizi. Spesso possono rivelarsi più utili a lei che ad altri.
È una donna intelligente, acuta e coraggiosa, doti che anche stavolta l’accompagnano alla soluzione del caso, o meglio dei casi, altrimenti perché cominciare col sospetto suicidio sulla ferrovia?
Ora i lettori saranno sul chi vive… ma è più che mai tassativo il divieto di correre alle ultime pagine. Si lascerebbe per strada un bel giallo. E sarebbe imperdonabile. Autolesionismo puro!
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