Quasi arzilli
- Autore: Simona Morani
- Genere: Libri da ridere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Giunti
- Anno di pubblicazione: 2015
Alla larga dalla casa di riposo: comica lotta di liberazione di una banda di ultraottantenni
Il dottor Minelli è cordiale, come sempre: Buongiorno Ettore, si accomodi, come andiamo stamattina? Il paziente canuto si aggiusta, come può, sulla seggiola di fronte. Mah, siamo ancora qui. Il calendarietto segna un numerino in più di ieri e questo gli ricorda che un altro giorno è passato e lui fa ancora parte di questo mondo. Ha ottantaquattro anni, un solo dente superstite, non ha avuto neanche una morosa, mai andato con una donna, neanche con quelle donnine, gnan al donleine! Ovviamente è pensionato, genericamente afflitto da acciacchi. Come passatempo, frequenta l’ambulatorio del medico di base ogni mattina feriale, prendendo sistematicamente l’ultimo numero, pur arrivando tra i primi, per avere modo di svagarsi guardando e ascoltando la gente in sala d’attesa, sia pure senza unirsi alla conversazione.
Bando alle malinconie, però. È vero, l’anziano Ettore è un componente della compagine di attempati vecchietti che la giovane Simona Morani mette in azione in “Quasi arzilli” (Giunti, 176 pagine 12 euro), ma si tratta di un testo spiritoso e vivace, ricco di spunti e battute divertenti. Ogni tanto, ci si scopre a sorridere alle prese con questo romanzo dalla vitalità incontenibile, pieno di colori, positivo. Una ventata di allegria, sebbene la banda di pantere grige (più che altro bianche) non possa evitare di considerare con una certa apprensione di dover fare i conti con l’arcigna figura con la falce. L’età è quella che è, Ermenegildo li ha lasciati all’improvviso ed ora se n’è andata la Iole, ma fanno presto a cacciare via i cattivi pensieri con due battute brucianti delle loro e a forza di grappini.
La combriccola di nonnetti occupa da anni e presidia in forze il bar dell’Elvis, “La Rambla”, in un paesetto sull’Appennino emiliano, nella provincia di Reggio. Con Ettore, ci sono Cesare il Sordo, Riccardo “Sacchetta” lo stomizzato, Basilio, già comandante della ventiseiesima brigata partigiana Garibaldi e l’ineffabile, quasi cieco, Gino, detto “Apecar”, un autentico pericolo su tre ruote quando afferra il manubrio della vecchia Ape Piaggio ruggine macchiata di verde, conducendola un po’ a caso e il resto a tentoni. Quante ne ha passate quella motocarrozzetta: sette proprietari, quattro incidenti, due furti e altrettanti ritrovamenti. Quasi duecentomila chilometri percorsi senza fretta. Niente in confronto agli azzardi ai quali la espone inconsapevolmente l’ultimo padrone, un Mister Magoo di provincia, se si vuole ancora più ipovedente.
Il vigile urbano Corrado li odia tutti quei “vecchiacci”. Li considera dei parassiti, refrattari ad ogni legge costituita. Ma loro ne sanno allegramente più di lui. Riescono ad essere sempre un passo avanti rispetto a questo ex ragazzino solitario e brufoloso, insicuro e di pessimo carattere, che da un anno fa l’agente municipale giusto perché nipote del sindaco.
Una schietta congrega di anziani che qualche volta si fanno sorprendere dalla malinconia. Ettore, in particolare, è turbato da pensieri sul futuro, ma come si fa a prenderli sul serio quando Gino la racconta così: c’ha la fifarella dell’aldilà!? Il fatto è che il buon Ettore vorrebbe proprio scoprire cosa c’è dopo e comunque è tempo perso, dicono gli altri, ninsun al sa. Fortuna che a distrarlo arriva in paese la Teresa, una vecchina in stato un tantino confusionale. Gli confessa ch’è ancora vergine, mai conosciuto un uomo. Dormono insieme. Santo cielo, nel sorprenderli l’Olindo da’ di matto. Chi è l’Olindo? C’entra, c’entra.
A scompaginare ancora più comicamente questo vivace idillio geriatrico, incombe l’apertura di una casa di riposo, Villa dei Cipressi, che sembra fatta apposta per recludere quella banda di ultraottantenni. Ma quelli non ci stanno e nemmeno le loro donne. Il cipresso è il simbolo della morte e l’ospizio ne è l’anticamera, sentenziano con Elvis. In quel posto, loro, non ci finiranno mai.
Ritorna la lotta di liberazione sull’Appennino reggiano. Ora e sempre resistenza: quella casa non li avrà!
Lo spiritosissimo romanzo di Simona Morani è il primo della poco più che trentenne giornalista faentina trapiantata a Canossa. È tanto riuscito, che già ci aspetta il secondo. Magari un sequel. Dopotutto, quei vecchietti sembrano così vitali. Se non tutti, la maggior parte, di quattro che sono. E chi li schianta quelli.
Quasi arzilli
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