Ritratto di signora in viaggio
- Autore: Gottardo Pallastrelli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2018
La prima cosa che mi ha colpito della personalità di Caroline Fitzgerald, la protagonista del racconto che della sua vita, delle sue amicizie, del suo tempo, della sua straordinaria cultura, dei suoi viaggi fa Gottardo Pallastrelli nel bel volume edito da Donzelli dal titolo “Ritratto di signora in viaggio” è lo sguardo intenso, distante, un po’ melanconico, che emerge dal ritratto che le fece nel 1884 a Londra Edward Burne-Jones: un severo abito scuro, i capelli raccolti, foglie d’alloro sullo sfondo, un libro in mano, le dita a segnare le pagine lette.
Il libro verrà presentato da Elisabetta Bolondi presso la libreria Koob (Piazza Gentile da Fabriano 14, Roma) il 4 luglio alle ore 18.
Una lettrice pensierosa, una poetessa che aveva come modello Robert Browning, una donna dalla straordinaria cultura, una viaggiatrice curiosa e coraggiosa, malgrado la salute cagionevole, un personaggio straordinario nella storia culturale a cavallo tra Ottocento e Novecento, amica di scrittori importanti, primo fra tutti Henry James. Non a caso il titolo del libro è tratto da uno dei più celebri romanzi Jamesiani, quel Ritratto di signora, in originale “The Portrait of a Lady”, pubblicato nel 1881.
Gottardo Pallastrelli ricostruisce in questo libro prezioso una fase importante del rapporto che aveva legato gli Americani agli europei: Caroline Fitzgerald, nata nel 1865 nel Connecticut, da padre di origine irlandese e madre proveniente da una ricca famiglia new-yorkese, aveva due fratelli, Augustine e Edward, tutti e due amatissimi e molto presenti nella sua vita.
I suoi primi viaggi in Europa la porteranno in Inghilterra, in Svizzera, in Italia. La sua vita sentimentale sarà complicata, sposerà dapprima un lord inglese,Edmund Fitzmaurice, come nella tradizione delle giovani americane affascinate dalla nobiltà europea. Il matrimonio, non consumato, si concluderà con un divorzio, difficile per quei tempi, e Caroline sarà libera di viaggiare, di incontrare persone diverse con le quali intratterrà infiniti rapporti epistolari che sono il centro di questo libro. Attraverso le lettere, che l’autore ha ritrovato e studiato con attenzione da archivista esperto e da competente studioso, conosciamo da vicino i tanti uomini e donne, scrittori e artisti con cui Caroline è venuta a contatto. Ecco lo scambio di lettere con sir John Lacaita, un italiano nominato in seguito baronetto per i suoi importanti rapporti con i governi italiani e inglesi fin dagli anni prima dell’Unità, intimo confidente di Caroline al tempo della sua crisi matrimoniale; quelle numerosissime con Lady Reay, anziana moglie del vicerè d’India, lunghe e piene di notazioni interessanti, e ancora con i suoi familiari, con personaggi semisconosciuti, con il suo secondo marito, l’esploratore italiano Filippo De Filippi, con la suocera, con l’amico tedesco che si era innamorato di lei, Georg Karo, e, più significative per la ricostruzione della atmosfera culturale che il libro ricostruisce, con Henry James.
Il grande scrittore che nei suoi celebri romanzi di ambientazione europea, spesso italiana, aveva ritratto giovani americane in cerca di una collocazione sociale in Europa, non solo Isabel Archer ma anche Daisy Miller, o Milly Theale, aveva scritto nei suoi Taccuini che:
la mia donna americana deve rappresentare , l’idea di attaccamento al passato, di alone leggendario, di storia, di continuità e conservatorismo. Lo rappresenta con una visione nuova, con convinzione personale, ma resta il fatto che lo rappresenta con la forza di salvare e preservare…..è l’elemento conservatore in mezzo ad un gruppo di persone già in via di diventare corrotte, involgarite e ( dal loro punto di vista) americanizzate.
Caroline Fitzgerald, con il suo entusiasmo,il suo abbigliamento “sciatto” e poco convenzionale, la sua voglia di viaggiare in luoghi lontani, soprattutto l’Oriente di cui sente tutto il fascino, la passione per le lingue, parlava correntemente italiano, aveva studiato persino il sanscrito. Forte il desiderio di conoscere luoghi e società diverse, incredibili i suoi viaggi in Russia, raggiunge Mosca, Bukhara e luoghi esotici come Samarcanda, il Kashmir, Ladakh, l’India, viaggiando in treno, soggiornando in luoghi scomodi, accompagnata da potenti ospiti locali che ne incoraggiano le curiosità talvolta estreme.
I viaggi sono parte importante della vita di questa fascinosa ed anticonformista personalità, ma lo sono altrettanto le relazioni familiari, amicali, affettive. Anche di queste sappiamo attraverso le tante lettere, nelle cui righe incontriamo Bertrand Russell, Elizabeth Barrett Browning, Edith Wharton, Evelyn Waugh, il grande pittore J.S.Sargent, gli Alma Tadema, oltre naturalmente alla presenza costante di Henry James, che ammirava la viaggiatrice Caroline, essendo invece lui ormai radicato in Inghilterra, nella sua casa a Rye, nella campagna inglese.
Un po’ come Ariosto, che amava viaggiare solo sulla carta e con la fantasia, anche James restava affascinato dai racconti di viaggio della coraggiosa amica, pur essendo attratto soprattutto dal viaggio nelle profondità più nascoste dell’animo umano che campeggiano nei suoi libri.
Il libro di Gottardo Pallastrelli è una miniera, uno scrigno pieno di informazioni, notazioni, fotografie, resoconti,citazioni, un repertorio della qualità delle esistenze di pochi ricchi privilegiati che prima dello scoppio della Prima Guerra mondiale avevano potuto spendere i loro patrimoni viaggiando da una sponda all’altra dell’Atlantico, in piena libertà, scoprendo posti mai esplorati. Così fa il fratello di Caroline, Edward, divenuto celebre scalatore nelle Alpi, nelle Ande, in Nuova Zelanda.
Caroline che divorzia da un lord, che viaggia per tutta l’Italia in automobile, che scrive poesie con i caratteri speculari con grande maestria, che sposa un “borghesuccio piemontese diabolico e positif”, e accetta di metter su una casa borghese a Roma, in via Urbana all’Esquilino, ma investe tutte le sue energie nel voler conoscere anche i posti dove la sua condizione di donna non lo avrebbe consentito , Bagdad per esempio.
Credo davvero che viaggiare sia la cosa migliore che io conosca, c’è molto poco che io non desidero vedere e tutto ciò che ho visto vorrei vedere ancora
scrive Caroline all’amico Henry James, ma morirà ancora giovane a Roma, nel 1911. La sua eredità è di grande valore storico e documentario, i luoghi che ha visitato, le amicizie che l’hanno legata a uomini importanti, le abitudini mondane derivanti dalla sua classe mescolate con una vasta cultura di ricerca della bellezza incontaminata di luoghi a quel tempo quasi sconosciuti sono ampiamente documentati nel libro, attraverso un coro di voci, fra le quali quella di Henry James è certamente la più significativa. Un viaggio in Italia dello scrittore insieme ai coniugi De Filippi viene così raccontato, un itinerario
fino a Napoli ( dove abbiamo trascorso due giorni) e ritorno, passando per le montagne….e per Monte Cassino, e ritornando lungo la costa – per Gaeta, Terracina, le Paludi Pontine e i Castelli – davvero un’esperienza ineffabile. Questo mi ha fatto capire con un’intimità e con e una penetrazione mai provata prima come quella vecchia coquine che è l’Italia sia il paese più bello del mondo….
Grazie a questo saggio, raccontato in modo scorrevole anche per lettori non specialisti, riscopriamo un classico, James, incontriamo una donna poco nota, Caroline, innocente e ingenua, così simile ai tanti personaggi femminili della narrativa jamesiana, ci immergiamo in quel mondo di stranieri che trovano in Inghilterra, in Francia ma soprattutto nelle città italiane, Venezia, Firenze, Roma, una loro nuova dimensione, un’atmosfera culturale stimolante, negli anni in cui partivano i bastimenti carichi di poveri emigranti verso l’America.
Un viaggio a ritroso dunque, quello intrapreso da personaggi letterari ma soprattutto da persone reali, alla ricerca di luoghi incontaminati, bellezze naturali, opere d’arte poco note, fuori per lo più dagli itinerari convenzionali. L’esergo del libro porta una citazione di Cesare Pavese:
Un Paese, ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via
che dice molto dello spirito con cui l’autore ha affrontato questa ricchissima materia, e si conclude con le terzine della terza Satira di Ludovico Ariosto, in cui il celebre poeta racchiude la sua visione del mondo….
Questo mi basta, il resto della terra / senza mai pagar l’oste, andrò cercando / con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra;/ e tutto il mar, senza far voti quando / lampeggi il ciel, sicuro in su le carte / verrò, più che sui legni, volteggiando.
Ritratto di signora in viaggio. Un'americana cosmopolita nel mondo di Henry James
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