Rosso come una sposa di Anilda Ibrahimi

Tra i nuovi Italiani, coloro cioè che vengono in Italia da paesi stranieri ma che del nostro paese diventano cittadini a pieno titolo, c’è la scrittrice albanese Anilda Ibrahimi che scrive il suo primo libro in italiano. La storia bellissima che racconta è l’epica vicenda delle donne della sua famiglia, a partire da un villaggio sperduto sulle montagne albanesi, Kaltra, ai primi del ’900.

Attraverso le storie di Saba, la sposa bambina di appena quindici anni che è costretta a sposare il marito della sua sorella maggiore, Sultana, morta di parto insieme alla sua bambina, l’autrice riscostruisce la vicenda storica che ha condotto l’Albania dagli anni lontani degli inizi del secolo, attraverso la dominazione italiana (peppini venivano detti i nostri connazionali invasori), attraverso le tragiche vicende della seconda guerra mondiale, col seguito di stragi naziste, fino all’avvento del comunismo, che chiuderà quel piccolo paese di appena tre milioni di abitanti, in una enclave da cui nessuno riesce ad evadere fino al 1992.

Ma anche se la storia dell’Albania e del suo difficile rapporto con il mondo occidentale sono descritti minuziosamente nel libro, quello che colpisce di più è la personalità dei personaggi descritti, a partire da Saba, la nonna della voce narrante. Le donne albanesi, il loro coraggio, il loro attaccamento a tradizioni antichissime, a rituali ancestrali, ma anche la loro curiosità e voglia di trasgressione sono raccontate attraverso le vite di donne diverse, zie, cugine, amiche della protagonista: ecco la bella Esma, innamorata perdutamente del colonnello, ma ripudiata perchè sospettata di tradimento e costretta ad allontanarsi perchè una tirannica tradizione non ammette deroghe; ecco la giovane Atika, il cui sviluppo mentale è fermo alla prima infanzia, odiata da sua madre perchè la malattia psichica non è ammessa e condannata al manicomio; e ancora la tragica storia di zio Endri, mandato a studiare a Mosca, dove conosce e sposa Inessa, da cui ha un bambino, Sascia...
Ma la grande storia investe la nuova famiglia. Il padre del comunismo albanese nel 1960 accusa il compagno Kruscev di revisionismo e l’Albania esce dal Patto di Varsavia: il giovane Endri è costretto dalle autorità a rientrare in Albania mentre la sua famiglia non può seguirlo...

Un dramma personale che rispecchia le devastazioni politiche di quegli anni. Nel 1992 l’autrice riesce ad uscire dall’Albania, e giunge in Italia dove si sposa, vive, lavora, scrive pur se con una grande nostalgia per la storia e la cultura del suo paese. Il libro è ricco, profondo, commovente, poetico e capace di riconciliarci con il termine "albanese" che per ignoranza troppo spesso in Italia si è identificato con fuorilegge.